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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / E se incrociassimo le gambe?

Martedì 27 Ottobre 2020


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“Registro, sogghigno, cerco e trovo appoggio in Mastro Will che anche nella più cupa delle tragedie tendeva a far presente che quella provvisoria rappresentazione che è la vita non va presa sul serio”.

Giorgio Cimbrico

“La verità à un cane da chiudere in canile” [il Matto, Re Lear, Atto I]
“Signore, io faccio professione d’esser schietto / Ho veduto ai miei tempi facce migliori / Di quante siano sulle spalle di coloro / Che vedo adesso davanti a me” [Kent, Re Lear, Atto II]
“Quand’ogni tribunale avrà giudici seri / Non avranno più debiti scudieri e cavalieri / Quando nessuna lingua dirà cose scortesi / E fuggiran la folla ladri e manigoldi / Quando gli usurai in pubblico conteranno i lor soldi / E baldracche e ruffiane erigeranno chiese / Allora sarà il tempo beato – se lo vedi – / Che per andare a spasso si adopreranno i piedi” [il Matto, Re Lear, Atto III]

Non è difficile scovare parole adatte a ogni occasione quando si ricorre a Mastro Will Shakespeare. La mia ricerca (piacevole, quando c’è da sfogliare quelle pagine) ha una causa: la notizia della richiesta al Premier, da parte del presidente federale, di includere il calcio tra i settori in crisi, meritevole di quelli che una volta si chiamavano gli aiuti e che da un paio di giorni, in piena metamorfosi lessicale, vengono definiti “ristori”. Ristoro fa venire in mente la maratona, la 50 km di marcia o don Ottavio che prega donn’Anna di dar a lui ristoro e “non farmi soffrire ancor” (Don Giovanni, atto II).

Nel suo quaderno delle doglianze Gravina, che ha un volto scavato, degno di un ritratto controriformista di Zurbaran, fa presente che la maggior parte dei club non ha i soldi per pagare gli stipendi e qualcuno, bravo a fare i conti, sostiene che la galassia sia in rosso per 600 milioni (ma c'è chi parla di 4 miliardi, ...), non male per chi sostiene una delle aziende leader del paese (lo dicono loro e i corifei si accodano). Sono mancati gli incassi da botteghino, qualche sponsor ha intenzione di mollare, una rata Sky non è stata ancora pagata e certamente la maggior parte delle società ha già speso i denari presunti del 2022 o 2023.

Se c’è una cosa che non amo, è ripetermi. Ma questa volta faccio un’eccezione: giuro che non mi sdegno, non salgo sulla cassetta come gli oratori di Hyde Park per dire che il pizzaiolo che sta a duecento metri ha maggiori difficoltà che il Milan o uno dei suoi dipendenti. Registro, sogghigno, cerco e trovo appoggio in Mastro Will che anche nella più cupa delle tragedie tendeva a far presente che quella provvisoria rappresentazione che è la vita non va presa sul serio. E alla loro richiesta di aiuto non si può rispondere che con uno motteggi del Matto che, preveggente, finisce per citare i piedi.

Mi domando cosa potrebbe succedere: il governo interverrà come da una ventina d’anni è intervenuto e interviene per Alitalia o altre tragicommedie di Stato? Gli stipendi verranno abbassati o sospesi? I giocatori incroceranno le gambe? Si creerà un flusso migratorio verso gli entusiasmanti campionati del Golfo Persico o verso gli USA? Non avendo una Pizia (Pizia, non pizza) a disposizione, rispondo in prima persona. Facciano quel che vogliono a condizione che non un tallero prenda la direzione del pianeta abitato dalle Facce come il Culo.

Argomenti più seri. Era tutto già scritto da tempo: l’assoggettamento delle menti alla televisione tramite trasmissioni sempre più coinvolgenti (ma ora i social media e la connessione perpetua hanno bruciato le tappe in tempi contratti), la catastrofe climatica (qualche giorno fa il Guardian ha segnalato che il 23 ottobre nell’Artico c’erano acque libere, senza un filo di ghiaccio: mai successo, un altro bel record), i disastri nelle centrali nucleari, l’incremento demografico, le carestie, il progressivo sfaldamento delle istituzioni democratiche (sempre più in pochi ad accorgersene e additati: “Uffa, come sono noiosi”), l’intelligenza artificiale, le macchine che prendono il sopravvento, il grande contagio (scienza impotente, politica incapace), le rivolte, la legge marziale, il sorgere di regimi autoritari che sbocciano come necessari e sfociano dove si sa bene, la terra desolata e senza legge del dopo bomba.

Sì, era tutto già scritto da generosi visionari (Ray Bradbury, John Christopher), da scrittori con un solido fondamento scientifico (Isaac Asimov), da futurologi con le idee chiare (Roberto Vacca), dalla corrente catastrofista (il Cormac McCarthy de “La Strada”) che ha profonde radici britanniche. Il cinema ha fatto la sua parte: “Fahrenheit 451” di Francois Truffaut, “Rollerball” di Norman Jewison, il primo “Terminator” di James Cameron, “28 giorni dopo” di Danny Boyle sono il meglio che mi viene in mente saltabeccando da un genere all’altro in quel caleidoscopio del possibile che tanti sbrigavano con un sorrisino sprezzante. Oggi è la realtà con cui dobbiamo fare i conti e a quegli scrittori, a quei registi, arrivi il nostro rantoloso urrà.

 

 

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