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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Una nuova forma di qualunquismo

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Giovedì 3 Settembre 2020

 

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Come preconizzava Arpino: “pericoloso proprio perché ha i panni della decenza, con accessori e lustrini: una febbriciattola maligna che si avvale di mille focolai di infezione”.

Andrea Bosco

La nave corre nel mare in tempesta. Il marinaio sta provando a tenerla in rotta. Il marinaio un tempo aveva la faccia spavalda di Corto Maltese. Credeva in un mondo dove il bianco era separato dal nero. Dove i “buoni” erano il bene. E i “cattivi” il male. Ed era a disagio nelle sale fumose che proiettavano traballanti pellicole quando arrivavano “i nostri”. Visto che il suo cuore batteva per gli “altri”. Quelli con le penne sul capo e i colori di guerra sul viso. Quelle sale: vicino a Campo San Polo una si chiamava “Imperiale”. Là dove il marinaio bambino aveva vissuto momenti di terrore alla vista di Gary Cooper legato ad un palo e in procinto di essere bruciato dai Cheyenne.

Il mondo, ancora non si era rivelato grigia melassa. Garibaldi dai libri di storia usciva leggendario come il Corsaro Nero. E tutto appariva raggiungibile: anche diventare un giocatore. Magari con la maglia della squadra del cuore.

Quanto tempo sarà rimasto? La tempesta potrebbe rivelarsi “perfetta”. Prima o dopo capita di “incrociare” la propria. Quanti granelli potranno ancora scendere dalla clessidra? Spiega il poeta che “er tempo è peggio de una lima / rosica sordo e t'assotja / che gnisun giorno sei quello de prima”. Il marinaio, che non frequenta il romanesco, spera di non aver vergato castronerie.

Quanto tempo? Il marinaio se lo chiede mentre il vento gli sferza il viso segnato dalle rughe. Cosa c'è “dopo”? Forse solo un insopportabile silenzio. Il “nulla” è silenzioso? Sparire in mare aperto, inghiottito dalle onde. Per evitare i vermi della terra. Quanto tempo rimane per fare i conti, almeno con se stessi?

La felicità nell'apprendere che l'amico Andrea Kerbaker dopo la Kasa di Milano in zona Melchiorre Gioia ha raddoppiato il suo impegno di bibliofilo e divulgatore culturale con uno spazio da 400 mq2 ad Angera sul Lago Maggiore. Un Kapannone dove il visitatore che non si imponga un percorso potrà trovare un raro menabò di Bruno Munari, i raffinati libri d'arte di Franco Maria Ricci, i cataloghi di Skirà a partire da quelli degli anni Trenta, i romanzi in francese di Giorgio de Chirico, riviste letterarie firmate da Benedetto Croce, Moravia, Luigi Russo e Roberto Longhi, principe tra gli storici dell'arte, recentemente messo sulla graticola da uno al quale piace fare le pulci al prossimo. Evitando (e ne avrebbe motivo) di farle a se stesso.

Al Kapannone, cosa che ha mandato alle stelle la curiosità del marinaio (modesto collezionista) anche 12.000 locandine cinematografiche originali. Quei pittori di carta che creavano capolavori per poche palanche, quando un manifesto azzeccato valeva mezzo successo di un film.

Il marinaio rammenta all'inizio degli anni Novanta durante un viaggio negli States, una sosta in un negozio di Phoenix dove con imprudenza chiese un originale della prima tiratura di “Sentieri selvaggi” [The Searchers]. Guardato con commiserazione dal titolare del negozio, si sentì rispondere: “Non ce l'ho. Ma anche l'avessi non lo venderei. Guardi con i suoi occhi per quale cifra un anno fa, un originale è stata battuto ad un'asta specializzata”. Cifra da mancamento. Ma conoscendo la competenza di Kerbaker non escludo di trovare al Kapannone un John Wayne sullo sfondo della Monument Valley.

A proposito di libri: il marinaio mentre era in darsena a Celle Ligure, ha gustato le “Lettere scontrose” di Giovanni Arpino, rubrica che lo scrittore aveva su Il Tempo. Inedito pubblicato da Minimum Fax. Il marinaio che ha avuto il privilegio dell'amicizia di quell'uomo, franco con se stesso prima che con gli altri, ha trovato nella prima missiva indirizzata ad Amintore Fanfani il 26 ottobre 1964 questa pillola che preconizzava il futuro: “Stiamo scivolando un po' tutti in una nuova forma di qualunquismo, pericoloso proprio perché ha i panni della decenza, con accessori e lustrini: una febbriciattola maligna che si avvale di mille focolai di infezione”.


Illuminante come il saggio di Robert Hughes (Adelphi 1994) scovato su una bancarella di Piazza Castello a Milano. Titolo: “La cultura del piagnisteo. La saga del politicamente corretto”. Come i pensieri di Giulio Giorello sulla filosofia di Tex Willer, proposti di Mimesis. Giulio era legatissimo a Sergio Bonelli ed amando i fumetti inevitabilmente anche a uno come il marinaio. Che i fumetti cominciò a portarli in classe alle elementari suscitando la riprovazione dell'ottimo maestro Gavagnin, il cui cuore batteva politicamente ad “oriente”. E che in una stagione nella quale la questione “fumetti” finì addirittura in Parlamento, reputava quelle strisce “un povero frutto della propaganda americana”. E' bellissimo il saggio di Giorello. Dentro alle storie di Tex inventate dal patriarca Gianluigi e proseguite dal figlio Sergio, il ranger e i suoi pards incrociano il seicento anglosassone, il puritanesimo, la rivoluzione inglese, le dispute religiose, Cromwell e la voglia di libertà degli irlandesi. Tex, o della filosofia: secondo Giulio Giorello.

“Nessuno ama l'uomo che porta cattive notizie” afferma un personaggio dell'”Antigone” di Sofocle. Ma i telegiornali (quasi solamente) quelle riportano: onda su onda verso la tempesta. L'estate si è rivelata difficile. Sono mancati in tanti: nomi eccellenti. Gente conosciuta, magari intervistata. Gente ammirata. Gente amica. L'ultimo dolore è arrivato dalla scomparsa (a 71 anni dopo malattia, la solita) di Philippe Daverio, critico d'arte, giornalista, scrittore, uomo di comunicazione e di spettacolo.

Assessore alla cultura nella giunta Formentini. Gracchiante voce teatrale, occhiali dadaisti, abbigliamento eccentrico con immancabile papillon. Molti libri, molte ricerche, apprezzato docente. Aveva reso l'arte facile da comprendere. Come Vittorio Sgarbi, senza “puzza accademica sotto al naso”. Ultimamente svelava i luoghi d'eccellenza italiana per Striscia la Notizia come un viaggiatore dell'Ottocento. La più grande intuizione di Daverio fu (per la Rai) Passepartout: chiave verso la storia e l'arte con scansione televisiva mutuata da Il Fatto di Enzo Biagi. La realtà offerta (con competenza) senza orpelli. Al massimo con un pizzico di gigioneria alla Philippe. Se Biagi raccontava senza muovere un muscolo, Daverio poteva apparire da una porta o da dietro una tenda. Mai, peraltro, maltrattando la trama.

Benché la politica da tempo non lo appassioni, la presenza nel governo della ministra De Micheli appare al marinaio uno sberleffo. Prima di riprendere la navigazione, il marinaio era alla fonda in Liguria. E da quelle parti ci era arrivato via terra, su gomma: subendo l'oltraggio delle gallerie in manutenzione. Le code, il motore surriscaldato dagli stop and go, la frizione violentata. La ministra ha spiegato il 9 agosto al Corriere della Sera che 900 milioni pioveranno sui porti italiani ed altri 850 sulle periferie.

Ha spiegato in quella intervista, sempre la ministra, che è stata istituita una “Autorità per la Laguna di Venezia che avrà le competenze dell'ex magistrato delle acque e gestirà il Mose”. Il marinaio che in Laguna è nato si ribella. Non è una ulteriore autorità che serve a Venezia. Servono gli “schei” per finire il Mose, metterlo a regime e poi assicurarne la manutenzione. Soldi: per il Mose contro le maree e per Venezia. Che la pandemia ha svuotato ed isolato dal turismo. Che ha bisogno di risorse non di chiacchiere. Ministri dei trasporti: quello prima di De Micheli sfrontatamente aveva dichiarato che avrebbe risolto in quindici giorni” il problema delle grandi navi a Venezia”.

La pretesa “di far bere” ai cittadini qualsiasi pozione. Una “Autorità per la Laguna”? Un'altra? Uno di quei comitati messi insieme per “disegnare il futuro”? Che “disegnano”, vengono pagati e poi tornano con il conto in banca gonfiato a Londra? Senza che neppure uno dei quei “progetti” venga realizzato? Una roba così, ministro? Una nuova “spremitura” per stipendiare “tecnici”, assi della teoria?

Quanto tempo manca? Il marinaio non lo sa. Ma spera di averne abbastanza per vedere come sarà il calcio che verrà. Dove finirà Messi. Se Pirlo sarà meglio di Sarri. Se Conte sclererà prima di Natale, come sarà la Nazionale di Mancini, come sarà l'Olimpia (che già “tremare il mondo fa”) alla prova continentale. E come sarà la Reyer. Anzi, no: come sarà la Reyer il marinaio lo sa. Quella di sempre: una rogna. Intanto: molto interessante il Candi di Reggio. Roba buona per la Nazionale, si spera. La Rossa di Maranello appare con l'encefalogramma piatto. Tutti vanno più veloci della Ferrari. Il marinaio non ha competenze nel settore. Ma sa come funziona in altri: se il fallimento persiste inevitabilmente si deve cambiare. Tutto. A proposito: a che punto sarà la clessidra? Quella, metaforicamente parlando, di Binotto. Metaforicamente: ovviamente.  


 

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