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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / L'epopea del "giro", tra Europa e Mondo

Giovedì 30 Luglio 2020

van niekerk


Una escursione nella storia recente e passata del “quarto”, tra record e finalisti, con i quattrocentisti della vecchia Europa a difesa del loro 20% di presenze a Giochi e Mondiali.

Giorgio Cimbrico

Karsten Warholm ha annunciato che il 23 agosto, a Stoccolma, tenterà di impedire che il record europeo dei 400 festeggi il 33° anniversario. Per battere il 44”33 di Thomas Schoenlebe non ha scelto l’anello migliore: la pista del vecchio e fascinoso stadio olimpico inaugurato per i Giochi del 1912 ha rettilinei lunghi e curve strette. Difficoltà sormontabili per il norvegese che aggredisce la gara e se stesso con una scarica di schiaffoni che distribuisce tra guance e cosce. Davide Re confida fortemente di ottenere una corsia: da un anno abbondante guida l’Europa e il dato ha il suo peso, così come la collocazione “storica”: con 44”77 il ligure è il 29° europeo di sempre; con 44”87 il nativo del Vesterland è 38°.

Warholm ha un’altra posizione se si dissemina la pista di dieci ostacoli: con 46”92 è il secondo di sempre, al mondo. Dare una scossa sui piani significa entrare di forza, e nelle zone molto nobili, nella combinata 400 con e senza barriere, una confraternita di cui fanno parte Rai Benjamin (44”31+46”98), Angelo Taylor (44”05+47”25), Abderhaman Samba (44”60+46”98), Kevin Young (45”11+46”78), Andrè Phillips (44”71+47”19), Sam Matete (44”88+47”10), Edwin Moses (45”6+47”02), Bryan Bronson (45”66+47”03).

La caccia al vecchissimo record, in mano a un atleta di un paese che non c’è più, può trasformarsi nell’esplorazione, in chiave continentale, di quello che gli anglosassoni chiamano il “quarto”, ovviamente nel senso di miglio. È la distanza in cui l’Europa denuncia più distacco (1”30 dal record del mondo, più che nella distanza doppia, …) e lo stato delle cose è confermato da una serie di dati: l’avanzata età del record che permise a Schoenlebe di conquistare, primo e unico vecchio-continentale, il titolo di campione del mondo a Roma ‘87; la collocazione dell’atleta della DDR al 56° posto nella All-time, una lista che offre 30 Usa, 3 Kenya, Botswana e Jamaica, 2 Cuba e Trinidad, 1 Sudafrica, Messico, Costa d’Avorio, Nigeria, Bahamas, Grenada, Arabia Saudita, Qatar Dominicana, Repubblica del Congo, Colombia, Brasile.

L’eurocontributo alla progressione del record del mondo è stato modesto. Il 47”6 della vittoria di Eric Liddell a Parigi ’24 venne “rubricato” come record del mondo anche se otto anni prima Ted Meredith aveva corso in 47”2/5. I due capitoli più importanti sono stati scritti da tedeschi: 46”0 di Rudolf Harbig meno di venti giorni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale che sarebbe risultata fatale al formidabile sassone, e 44”9 di Carl Kaufmann a Roma ’60 nel serrato arrivo che diede l’oro, a pari tempo e pari record, a Otis Davis. (Kaufmann, curiosamente, era nato a New York). Da quel momento soltanto americani, sino all’avvento di Wayde van Niekerk, figlio del nuovo Sudafrica.

Nelle Olimpiadi che vanno dal 1980 in poi il raccolto degli europei si limita all’oro del sovietico di etnia russa Viktor Markin (con 44”60 si migliorò di 0”73 in una botta) e al bronzo del DDR Frank Schaeffer a Mosca, e all’argento di Roger Black ad Atlanta: con 44”41 il britannico avvicinò il suo fresco personale, 44”37, ma accusò un distacco record, 1”02, da Michael Johnson. In queste dieci edizioni dei Giochi, su ottanta posti a disposizione nelle finali, gli europei ne hanno occupati 15, qualcosa meno del 20%. In due occasioni, Los Angeles e Seul, addirittura zero presenze.

Nelle 17 edizioni dei Campionati Mondiali il bilancio offre la vittoria di Schoenlebe a Roma ‘87, i secondi posti di Roger Black a Tokyo ‘91 (il campione, Antonio Pettigrew, finì successivamente nella rete dell’antidoping per scomparire in circostanze drammatiche poco più quarantenne) e del gigantesco Ingo Schulz a Edmonton 2001, il terzo di Kevin Borlée a Daegu 2011. In questo caso i posti a disposizione erano 136 e gli europei ne hanno conquistato 28, qualcosa più del 20%.

Pur non avendo messo le mani su medaglie né olimpiche né mondiali, una zona alta del ranking va riservata al francese Leslie Djhone (presente in tre finali mondiali e in due olimpiche, primatista nazionale con 44”46) e ai britannici Mark Richardson (tre finali mondiali) e Iwan Thomas: una olimpica, una mondiale e la percezione, solo sfiorata, di poter portare in Galles il record: è stato il “rosso”, 44”36 nel ’97, ad andare più vicino a Schoenlebe. La forza d’urto del Regno Unito può essere riassunta in poche parole: tredici atleti tra 44”36 e 44”74.

 

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