- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / "Per favore, tristezza vai via"

Sabato 21 Marzo 2020

 

mura


“Ciao Gianni. Eri un fuoriclasse. Lo sarai per sempre, anche se ti facevamo arrabbiare quando urlavamo chiedendo ribellione dopo recensioni sui ristoranti per quella postilla ad ogni bella descrizione: bere a parte.”

Oscar Eleni

Evaso idealmente dalla casa prigione per guardare il mondo dall’osservatorio astronomico genovese in via Mura delle Chiappe dove, sempre nella fantasia, ci siamo seduti insieme al caro Ghighi Parodi, fondatore dei Giganti del Crespi e della coppia di sbandati, un orso già cripto e il Menichelli che ci manca come Grigo, come Trevisani, rimirando stelle che non vedremo più. Ciao Gianni Mura che in Gazzetta cercavi di aiutare il praticante vestito da orso facendolo ridere quando descrivevi Raphael Geminiani e la sua faccia da tucano brillo mentre Grula e Gifra danzavano e il divino Raschi urlava in tempi di scioperi e pagine vuote: “Buttate dentro tutto, purchè sia piombo”.

Addio Bora Stankovic che hai fatto storia vera nel mondo sportivo e non soltanto nel basket, veterinario che curava gli strani animali di un pianeta che ancora adesso ascolta i fanfaroni, dedica pagine al nulla, si cuoce da solo nell’ignoranza, convinto di poter prendere ancora tutti in giro.

Due belle persone ci hanno lasciato. Non santi, per carità, ma fratelli di genio: il Mura come lo chiamava Garavaglia scriveva con il cuore, l’anima, aveva stile anche se non eravamo sempre d’accordo, soprattutto nei giorni in cui lo stige del doping divideva chi si credeva buono e chi non pensava di essere davvero cattivo, sapendo che anche lui avrebbe chiesto i Piombi per gli annusatori di piscio che pure in questi giorni di guerra vanno per contrade proponendo i famosi “controlli a sorpresa”. Andate a cercare nelle case di chi urla per far riprendere allenamenti, andate da quel tipo da squalifica a vita che pretendeva una riunione del gruppo licenziato con i capi allenatori, ma sempre a libro paga. Da questa gente ci si dovrebbe guardare. Da chi ci ricorda soltanto il danno economico mentre le bare vanno al crematorio.

Fanno bene a chiederci di stare in casa così possiamo vedere i pavoni televisivi che giocano a fare i saggi, che si vantano per l’aumento degli ascolti nei loro tele-cinegiornali dove vedi le stesse facce truci che solo un mese fa li avevano mandati a picco. Il mondo in guerra e quelli mandano spot pubblicitari come se domani, davvero, potessimo prendere una vettura nuova, una banca diversa, un lassativo per dimenticare e ripartire. Il loro gioco continua. Dovrebbe mettere in quarantena tutta questa realtà di plastica. Una tortura stare in casa e sorbirsi lezioni da ciarlatani, pubblicità da chi urla di aver perso in borsa, la terra dove si sfrutta il lavoro altrui, la creatività degli altri.

Tristezza per favore va via e in alto il calice per gli 80 anni di Mina Mazzini che ci ricorda il caro Parolini, cremonese come lei, braccio destro prezioso di Gherarducci al Curierun, ex terzino di qualità, stopper per il nostro caro amico Zelio Zucchi quando doveva battersi per dare spazio al basket, una battaglia tormentata per tanti di noi, ancora oggi, ma certo anche il basket ne ha combinate per farsi emarginare, per farsi togliere tutto salvo gli spazi a pagamento. Petrucci lancia in resta contro le Olimpiadi dove, lo saprà di certo, l’Italia dei sospiri non sembra qualificata, ma questa volta ha ragione e sarà così se Sebastian Coe, il grande, presidente della feder-mondiale di atletica fa sapere che non ci sono certezze per andare in soccorso a tutti quelli che perderanno milioni, dagli sponsor agli atleti, dagli albergatori alle compagnie aeree.

Se ci fate caso tutte queste facce da cordoglio ci ricordano la virtuosità, la bellezza di dover stare in casa, ma intanto fremono se il titolo cade in borsa, se devono inventarsi il mercato dei fantasmi urlando in mezzo a quelli che un tempo ridevano sull’allarme esagerato. Certo si esagerava. Siamo sempre nello stesso teatro, qui più che altrove ci diranno gli stessi che ricordano pizza, mandolini, mai Leonardo, siamo in un vortice e del doman non esiste davvero certezza come ci dicevano già i condannati dalla peste, dalla morte nera, dalle epidemie, dalla carestia, dalle guerre, dalle stragi di innocenti e pensare che questo mondo sia ad immagine e somiglianza di un ente superiore mette i brividi.

Ciao Gianni e il tuo scacciapensieri ci mancherà davvero. Eri un fuoriclasse. Lo sarai per sempre, anche se ti facevamo arrabbiare quando urlavamo chiedendo ribellione dopo recensioni sui ristoranti per quella postilla ad ogni bella descrizione: bere a parte. Questi grandi della ristorazione cosa ci perderebbero se offrissero un bicchiere di vino?

Hai scritto tanto, di tutto. Eri uno dei giovani rampanti nella Gazzetta di Gualtiero Zanetti e oggi rideresti con noi se ti arrivasse da Augusto Frasca, il santo protettore professionale per tantissimi nel periodo della rivoluzione nebioliana dell’atletica, un trafiletto dove il nostro direttore appare nella classifica di una gara per lanciatori di martello improvvisati, lui che era velocista anche sui sottomarini, perché a quei tempi i giornali davano il risultato delle gare societarie e per il bene comune anche se correvi forte dovevi fingere di saper lanciare, erano punti.

Questo ce lo racconterebbe alla sua maniera, facendo sorridere il caro Franco Sar, il grande decatleta che poi ha insegnato a generazioni, un velocista più bravo di Zanetti, il Carlino Monti di cui avremmo dovuto celebrare il centenario perché era l’uomo del nostro mare che portava tutti verso isole meravigliose che non ci sono più. Niente. Stare a casa. Non ci addolora sapere che la medaglia per i 50 anni di giornalismo forse la daranno alla memoria gli stessi che anche in questo periodo mandano lettere per diffidare anziani con anche sbilenche, la prostata infiammata, perché non si aggiornano come dice una legge stolta protetta dagli stessi buriosauri che negano il visto per liberare macchinari necessari a respirare.

Addio a Bora Stankovic, re dell’OKK Belgrado come ci raccontava Tanjevic, passeggiando alla fortezza di Kelemegdan, prima di trovare l’oro a Parigi, genio che inventando il muro di Cantù, lanciando “micione” Charlie, portò via lo scudetto in anno bisesto al principe Rubini, ci fece scoprire che la creatività fa l’uomo generale. Lui faceva giocate anche i suoi omoni a calcetto mentre gli altri si domandavano il segreto di quella meravigliosa squadra nata nel Cantuki con gli Allievi come dioscuri e Gianni Corsolini come mente creativa. Sulle sue doti dirigenziali, prima al fianco di mister Jones, resistendo ad ogni pacciata come faceva con il suo amico Bernardi nel mondo intorno a Cantù, resistendo ad ogni spinta innovativa cercando di non far deviare il razzo basket oltre la terra di nessuno.

Quando con Lorenzo Sani scrivemmo un libro su di lui ci chiamava patrioti perché gli chiedevamo sempre un occhio speciale per il basket italiano anche in quei giorni, mentre mettevamo insieme appunti e cercavamo un filo per la storia che ci sembrava bellissima in italiano, ne eravamo convinti avendo il sigillo dal sacro protettore Piero Papa Parisini che invece riteneva fiacca quella in inglese che potreste trovare ad Alcobendas nel museo del basket di Pedro Ferrandiz. Nel suo castello bavarese, nella sede FIBA con noi era un po’ veterinario, sapeva curare animali perduti; nonno, sapeva capirci; padre, sapeva indirizzarci. Lo ha fatto con il basket che grazie a lui e a Stern ha portato il Dream Team alle Olimpiadi spalancando finestre che oggi danno alla NBA quasi cento giocatori non statunitensi.

Cari amici arrivederci. Ci mancherete, ma non vi dimenticheremo.

 

Cerca