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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Il cuculo ed i suoi pargoli bastardi

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Mercoledì 4 Marzo 2020

 

basket-eleni

 

“In campionato ci sono state troppe cadute per credere che sia colpa del cantiere ancora aperto e non degli ingegneri o architetti che hanno preso manovalanza scadente”.

Oscar Eleni

Sul lago scozzese di Assynt inseguendo, fra gli spettri di un castello diroccato, le povere legioni di re Giorgio Armani che da due stagioni vagano incomprese nel basket tarantolato di oggi. Chi ha sposato la fede del cuculo, un eccello canoro e carogna che lascia le sue uova nel nido degli altri, sapendo che il pargolo, al momento della nascita butterà fuori dal nido i figli legittimi di chi lo ha adottato, questi che si confondono davanti a troppe cose, sbagliando magari i conti, pensa che sia la giusta nemesi dopo aver disarcionato chi cavalcava i finti purosangue di casa. Criptico? Per le bestie in malafede.

Chi, invece, si ostina a vedere in Messina, senza difenderlo, bastano i suoi titoli a farlo, l’uomo per costruire qualcosa che resterà e non dovrà essere alimentato soltanto dai ricordi, ma neppure dalla scarsa conoscenza della riconoscenza, sono giorni grami, di sconfitte, senza sorrisi.

Non ne vorremmo più parlarne, anche perché Messina fa di tutto, dirigendo malissimo le partite come ha fatto contro il Real Madrid, per alimentare la fazione che, prima di ridare luce alla Pesaro onorata in passato assumendo a Milano il genero manager di Scavolini, vorrebbe almeno il rogo per il Dell’Orco dalla parola fragile. Il Messina, povero un cazzo, che certo non pensava di dover ricominciare dalle cantine la sua strada europea. Sbattendo proprio contro il Real che lo trattò come la Juventus sta facendo con Sarri: non adatti. Succede.

Forse andrà così anche ai genialotti toscani che ora si godono il sabbatico a spese delle casate dove hanno prestato servizio, Allegri vincendo tantissimo, l’altro, il Pianginotto ricordando le glorie senesi e il titolo nella Milano che ora isola tutto e tutti. Per Max non mancherà il tempo della rivincita. Per Simon lupetto, dimenticando Istanbul e il Fener che non lo aveva compreso, ci sarà tempo per vendette sul campo, ricordando lo splendore, ma anche il benessere che portò comunque Siena, già circondata dai giustizieri di Time Out, a vincere uno scudetto col Banchi che Milano, con stile, aveva contattato in piena battaglia facendolo arrivare travestito in una birreria, che la Mens Sana, non più del Banco, anche sulla maglia c’era ancora il logo, prima che il Bianchi la portasse oltre il fallimento, perse la finale scudetto guidata da Crespi, avendo dovuto cedere a Milano, che con lo stesso stile era arrivata al cuore del giocatore, il Daniel Hackett che, con la casacca della contrada amata da tutta la più bella delle città, aveva vinto scudetto e coppe, da MVP.

Per quanto ci riguarda eravamo sicuri che dopo 50 anni di professione niente fosse rimasto, salvo l’onestà di aver sempre detto quello che pensavamo, senza bisogno che ci strizzassero l’occhio, citassero, o ci invitassero a pranzo, meglio la cena. Non è così. Dagli amici, come dicono in canonica, ci guardi iddio, perché dai nemici, come dicono al campo di Marte, mi guardo io.

Torniamo al Messina caduto nel silenzio del Forum disabitato per tenere lontano il Virus. Occasione per rompere il digiuno contro la Real casa che aveva fatto del male ai suoi predecessori, quelli bravissimi e quelli che non lo sarebbero stati senza la “protezione” geniale, quelli che, comunque sia il loro nome, il dispetto della memoria e dell’età ci fa dimenticare i pregi a ingigantire i difetti umani, hanno sempre avuto, in Italia, squadre che costavano il triplo, il quadruplo delle altre. Più o meno come l’Armani di quest’anno, anche se forse la Virtus spende soltanto la metà, ma siamo sempre oltre il castelletto che consentirebbe a più di 8-9 delle società nel campionato spurio e ora a porte chiuse, di fare almeno tre stagioni. Anche con dirigenti meno illuminati di quelli che portavano il sole fino ad Assago convincendoci che l’aria intorno era profumatissima.

Hai in mano il Real, 25-11 dopo 10’, ma tu, Messina Ettorre, non te la senti di lasciare a sedere i veterani sui quali hai scommesso, meglio farlo con Crawford che, così a vista, sembra più quello deludente del fine stagione a Cremona che l’MVP di Coppa Italia, ti prendi un parziale di 17-0. Torni avanti perché è la notte di Moraschini, unica vera scommessa vinta dopo tante sofferenze, anche se le 5 palle perse dicono che la strada da fare è ancora lunga, ma tu insisti su Scola e Rodriguez, credi a Nedovic e Gudaitis. Altro parzialone. Alla fine il conto è salatissimo, come direbbe il povero Maran che Cagliari incensava fino ad un mese fa e adesso deve lasciare a Zenga che sulle patate bollenti sembra un predestinato.

Non sarebbe cambiato nulla. Questa Armani di spettri, con infortuni a catena, avanti, troppo avanti con l’età, farà già tanto ad entrare con un posto privilegiato nei nostri play off, ammesso che ci si arrivi a porte aperte. In quelli europei davvero non ci sta: la sua difesa fa ridere, altro che serrature messiniane, l’attacco regge se entra il tiro lontano dai difensori cattivi. Il gioco non scorre, non c’è sintonia fra pivot di terza fascia, non esiste dialogo appena qualcuno osa penetrare e le palle perse da Nedovic e Moraschini, per non parlare del Muchaco pescato con la palla nella schiena dal vecchio compagno Fernandez. Puoi lavorarci fin che vuoi, ma gli uomini che avete scelto, caro Tancredi, sono questi e nessuno pensa che potrebbero davvero far paura in Europa. In Italia? Vedremo. A Pesaro non è stato così in Coppa Italia. In campionato ci sono state troppe cadute per credere che sia colpa del cantiere ancora aperto e non degli ingegneri o architetti che hanno preso manovalanza scadente come accadeva alla signora di Barrà a Versailles mentre gli invidiosi le avevano lasciato in eredità operai svogliati e inadatti.

Ha ragione il Poz quando nella famiglia che si è fatto a Sassari ha preferito lasciar andare Jerrels e prendersi uno che vada bene a tutti come il veterano Jaime Smith. Speriamo abbia ragione Martino quando ha chiamato Dyson per sostituire l’infortunato Robertson, convinto che con nuovi stimoli possa far meglio degli ultimi mesi svogliati a Roma dove, dice il giocatore non si sentiva più a suo agio (Bucchi, signorilmente, finge di non sentire). Ha davvero ragione De Raffaele a guardarci come si fa con i matti quando non capiamo la sua Reyer da primavera, ora che ci ha ridato il vero Tonut e con de Nicolao ha un regista che pensa oltre a graffiare.

Aveva ragione Petrucci a fare un pandemonio per salvare la partita della Virtus con il Darussafaka dopo la chiusura agli italiani, oh, accidenti, ci trattano come noi abbiamo trattato un bel po’ di gente disperata, degli aeroporti turchi. Bertomeu fa bene a dire di aver agito senza pressione italiane, ma mente, perché se fosse vero quello che dice non saremmo arrivati ad una decisione poche ore prima della partita in campo neutro, perché sa benissimo che Petrucci e la FIBA, stoltamente, non prendono sul serio come controparte la sua ULEB stile NBA. La torta dell’eurolega piace anche a loro.

Ora ai voti e ai remi, non avendo la stessa visione rosea della vita di chi, fra i cervelloni del calcio, pensava che con il 9 marzo tutto avrebbe potuto riprendere come prima, senza aver trovato antidoti a questa a influenza che forse ci castigherà più dell’asiatica, di altri malanni, considerando l’età che ieri ci ha fatto salire al 76° piano e quindi fra la merce deperibile, come direbbero nei giornali oggi pensando ai giornalisti che non sono stati mai trattati peggio. Mobili da spostare, da rottamare. Spazio al fantasport e via col tango come direbbe il colonnello Loriga salito ai piani oltre il 90°.

Salutandovi con le pagelle …

… dell’Armani senza luce nella stiva e sul quadrato:

MORASCHINI 7,5 – Bravo, bravissimo, ma quelle 5 palle perse dicono che la strada è lunga per arrivare dove merita.
ROLL 5 – Niente carne, niente pesce, come al solito.
MICOV 6,5 – Ha retto il timone per tutti gli incomprensibili della ciurma, nel finale era senza energia. Vuoto.
TARCZEWSKI 5,5 – Volergli bene non è difficile, ma apprezzarlo lo è ancora di più.
DELLA VALLE 6 – Fantaccino d’assalto, dà quello che può.
GUDAITIS 5 – Alle elementari in troppe cose, irritante la sua faccia da eterno arrabbiato con un mondo che non lo capisce.
RODRIGUEZ 5 – Non stava bene come metà del Real rimasto a Madrid, ha voluto giocare, non era lui ancora più delle ultime uscite con lo yo yo.
NEDOVIC 5 – Chi lo capisce è bravo.
CRAWFORD 4 – Chi era costui?
SCOLA 4 – Viale del tramonto con troppe auto, anche amiche, che cercano di prenderlo sotto.

MESSINA 4 – Rimontato due volte da chi era venuto per una toccata e fuga dai virus. Il Brooks mai utilizzato sa di fallimento per tutti. O via, oppure trovare una strada.

 

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