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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Italian Graffiti / "Nello Sport lo Stato deve fare lo Stato"

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Venerdì 28 Febbraio 2020

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Mentre impazza il coronavirus con conseguenze pesanti sulle manifestazioni sportive, verrà oggi firmato (come è stato annunciato) il decreto di nomina governativa di Vito Cozzoli alla presidenza di “Sport e Salute”: quasi un gioco di parole, visto il momento.

Gianfranco Colasante


"Per quanto la classe politica, con le sue scelte, si ingegni di ostacolarlo, milioni e milioni di cittadini continueranno a lavorare e a produrre, per loro stessi e per la collettività". Parole di un presidente della Repubblica che più di altri ha contribuito alla rinascita del Paese dopo la tragedia della guerra: l'economista Luigi Einaudi. Si può applicare questo concetto base al complesso universo sportivo? Non so, ma quelle parole mi sono tornate in mente in questi giorni, quando ho letto una frase del ministro delle politiche giovanili e dello sport, Vincenzo Spadafora del M5S, che sul rapporto tra istituzioni politiche e organismi sportivi ha lapidariamente affermato: "Nello Sport lo Stato deve tornare a fare lo Stato". Una minaccia o una promessa?

 

Difficile dirlo, ma non mi pare che la frase – che pure dovrebbe allarmare il CIO – abbia sollevato rilievi o ispirato commenti e distinguo da parte delle autorità sportive o di qualche sua componente. Quanto allo Stato – o a chi decide in suo nome – penso che debbano essere altre le priorità sulle quali esercitare presenza, autorevolezza, istanze. Tanto più che lo stesso ministro ha tenuto ulteriormente a precisare il suo pensiero: "Credo che sia stato sbagliato che in determinati settori lo Stato abbia lasciato ad altri [sic!] le proprie responsabilità. Ora deve tornare a fare la sua parte, con le sue prerogative e i suoi indirizzi. [...] Lo sport è quello dei grandi campioni, ma è anche quello delle piccole periferie che non hanno una struttura sportiva decente o delle tante famiglie che non possono pagare la retta della scuola calcio ai propri figli". Avete letto bene: retta per la scuola calcio. Propositi nobilissimi, ma che c’entrano il CONI o le Federazioni?

Traggo queste parole dalla pagina FB dello stesso ministro Spadafora, quindi dalla fonte più accreditata e credibile. Solo populismo? Senza voler incitare alla resilienza, ritengo però che qualche riflessione andrebbe pur fatta. Anche perché si rimette in tal modo in discussione – anzi, si azzera – una distinzione di ruoli e di competenze che, sin dal 1946, ha costituito un modello funzionale e padre, con misura, di un certo successo. Ora ci si dice che toccherà allo Stato determinare gli indirizzi nello Sport: il che, più o meno, sta a significare "ora vi diciamo noi cosa fare e come fare". Visto che voi non ve ne siete occupati, si potrebbe aggiungere.

Il ministro va anche oltre quando (stessa fonte) afferma che "tramite Sport e Salute proveremo a rispondere a queste esigenze permettendo al CONI di operare con la massima autonomia nei suoi compiti". Permettendo va inteso come sinonimo di consentire o solo di autorizzare? Sottigliezze linguistiche, si dirà, che all’epoca del coronavirus non hanno valore alcuno. Ma come vedete un po' di confusione non manca: come si possano infatti coniugare le espressioni "indirizzi dello Stato" con "autonomia del CONI" non è affatto chiaro. Anzi, a chi ha un po' di memoria storica, senza andare molto all'indietro, tornano in mente esempi fuorvianti e rischiosi.

Ma veniamo al punto: “Sport e Salute”. Visto che abbiamo evocato la storia, ricordo che l'idea balzana risale a un lontano viaggio di Giulio Tremonti a Mosca quando, sull'aereo di ritorno, il braccio creativo di Berlusconi partorì “CONI Servizi”: tragicomico doppione del CONI che oggi ha cambiato nome e “mission” (indirizzandosi verso il cosiddetto sociale), ma che resta sempre capace di moltiplicare compiti e, soprattutto, stipendi. Come sappiamo tutti, la macchina del consenso, nel nostro Paese, è sempre ben oliata e funziona a pieno regime.


In sostanza si tratta di un doppione del Comitato Olimpico, assente in tutte le altre nazioni, che una classe politica avveduta, dopo aver verificato vent’anni di nulla e conteggiato spese crescenti, avrebbe dovuto semplicemente liquidare. Casomai sostituendolo con un semplice “sportello” presso il Ministero delle Finanze che gestisse i finanziamenti. Ben altre essendo le tappe per la sbandierata Riforma della quale, oggettivamente, si sente l’esigenza.

 

Dalle parole ai fatti. A quanto si è letto, nella giornata odierna il ministro Spadafora firmerà il decreto di nomina di Vito Cozzoli alla presidenza di “Sport e Salute”, carica che ingloba anche quella di AD. Toccherà quindi a lui – dico Cozzoli – riaffermare il ruolo dello Stato nei confronti dello Sport, precisare contorni, erigere steccati. Fare, insomma, quella chiarezza che è mancata finora.


Un alto funzionario ministeriale che col suo predecessore Rocco Sabelli ha in comune radici sportive piuttosto superficiali e che andrà così ad occupare una doppia poltrona vacante ormai da due mesi e mezzo. Senza che al presidente pro-tempore del CONI (ma c’è chi sospetta che il suo tempo spirerà solo nel 2025, come dire alla vigilia di Milano-Cortina) sia venuto in mente di chiedere conto di quel vuoto paralizzante. Tanto più in un anno olimpico: sempre che non sia il coronavirus a mettere tutti d’accordo.  


 

 

 

 

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