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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
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(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / "Tu vuo' fa' l'Americano, ..."

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Martedì 21 Gennaio 2020


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Oltre che dall'Atlantico, America e Europa sono separati da una diversa e profonda concezione del rispetto dei conti nello Sport, il cosiddetto Salary cup. Che, specie dalle nostre parti, viene gioiosamente inteso come una perenne sfida a superarne i limiti.

Tu vuo’ fa’ l’americano
O’ Saracino o’ Saracino bello guaglione
(Renato Carosone - Opere scelte)

Giorgio Cimbrico

A furia di scopiazzare l’America, ci siamo fregati con le nostre mani. Non sto parlando di cibo cattivo, di bibite che gonfiano la pancia, di armi per tutti, di cultura per pochi, di esportazione di democrazia mediante bombardieri a lungo raggio e più recentemente di droni, di violenza ad ogni livello cominciando dal più alto, di plebe che vota politici (… finita la scorta di aggettivi), di spregio totale dell’ambiente specie quello altrui. Essendo inoffensivo, isolato, microscopico, mi soffermo su un aspetto più spicciolo e amato nella nostra cerchia di vecchi cavalieri del sogno: lo Sport. Con una precisazione che è anche un canone: lo Sport lo abbiamo inventato noi europei, i greci prima, gli anglosassoni dopo. Loro, gli americani, hanno inventato il business legato allo sport. Sembra banale sottolinearlo, ma repetita iuvant.

Qualche giorno fa la più forte squadra di rugby dell’ultimo decennio, i Saracens di Londra, ha accettato, per il prossimo anno, la retrocessione nel Championship, la serie B, per aver aggirato le regole sul salary cap. Erano stati penalizzati di 35 punti e multati per 5 miloni e mezzo di sterline, non sono riusciti a mettere in conti in ordine e, dopo quattro titoli negli ultimi cinque anni e tre Coppe dei Campioni, si sono rassegnati alla caduta, ufficializzata dalla RFU per la stagione 2020&2021. Nel frattempo il presidente Nigel Wray, padrone di una delle più affascinanti collezioni di memorabilia sportivi (possiedo il libro che la illustra) ha dato le dimissioni. Qualcuno ha avvicinato l’”affaire” al caso Juventus. Non c’entra niente: chi era al timone bianconero aveva costituito e costruito una Cupola.

Nei Saracens gioca la spina dorsale della nazionale inglese – Farrell, Itoje, George, Kruis, i fratelli Vunipola – e alcuni di loro sono stati legati a imprese commerciali di Wray, attivo nei più diversi settori, e la quota stipendi prevista nella Premiership è stata sforata. Accetteranno il declassamento? Chiederanno di esser ceduti? Eddie Jones, CT dell’Inghilterra, ha precisato che, contrariamente al passato, selezionerà anche giocatori di serie B.

A questo punto entrano in scena l’America, le sue leghe e il suo regime di salary cap. A palmi, le quote che ciascun club (meglio l’etichetta di franchigia) non deve superare è, in euro, 74 milioni nell’hockey, 98 nel basket, 170 nel football, 187 nel baseball.

Il rugby che quest’anno festeggia (sic!) i 25 anni di professionismo naviga su livelli molto più modesti: in Francia 11,7, in Inghilterra 8,2, in Irlanda 7. Anche in questo una precisazione non è male: gli americani giocano tra loro, le squadre delle isole britanniche, Irlanda compresa, affrontano nelle coppe quelle francesi partendo da una posizione di inferiorità finanziaria. Per di più le infrazioni, che vengono così draconianamente considerate di là del Canale, non lo sono altrettanto in Francia: per aver superato il limite, il Montpellier ha avuto una multa di 400.000 euro, ridotti a 100.000. Senza minacce di relegazione.

Tutto questo non vuol suonare a giustificazione dei vertici dei Saracens che pagheranno molto caro il loro comportamento. Dura lex, sed lex. Ma l’Europa non è l’America - anche se molti scimmiottatori pensano il contrario - e il rugby, ancora fresco di un professionismo che ha spazzato i vecchi valori e gonfiato, in ogni senso, i giocatori, non regge con le leghe USA, molto simili a corporazioni. Là, nessuna promozione, nessuna retrocessione. Semmai, spostamenti geografici se una sede si infiacchisce. O nascita di nuovi poli: in un tempo non lontano l’hockey si giocava solo nelle città della fascia fredda. Ora anche in Florida, in California. La NHL è stata così previdente dall’aver anticipato i cambiamenti climatici.

Il dubbio viene paragonando quel che avviene altrove, ad esempio in Italia, in quel mondo di intoccabili che riscuote le passioni popolari, le attenzioni spasmodiche dei media, gli investimenti dell’imprenditoria. Da qualche tempo ronza una cifra sul sistema-calcio, un “rosso” da quattro miliardi. Sforato, per imboccare un gorgo simile al maelstrom, il dignity cap. Forse qualche misura sarebbe bene prenderla.

 

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