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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Il misterioso viaggio delle orche

Mercoledì 1° Gennaio 2020

 

orche 

 

“Hanno percorso 6000 chilometri: dall'Islanda passando come Ulisse davanti a Gibilterra fino al porto di Genova. Adesso le orche sono state avvistate nello stretto di Messina: un inspiegabile, estenuante viaggio”.


Andrea Bosco

Gli esperti non hanno ipotesi. Forse sono a caccia di cibo: forse. La prima volta sono state avvistate il 2 giugno del 2014 lungo le coste islandesi. Nel 2017 erano ancora da quelle parti: erano quattro e una era un cucciolo. L'oceano per due anni le ha inghiottite. Poi improvvisamente, sono state avvistate a Genova: il più giovane del gruppo era assai deperito. Ancora un contatto a Savona. Poi nulla fino all'avvistamento nello stretto di Messina: solo tre stavolta. Forse il piccolo non ce l'ha fatta ed è morto. Forse è stato attaccato da qualche squalo.

Dove stanno andando? Nessuno è in grado di dirlo. Il Mediterraneo è un lago chiuso: le uniche “uscite” sono a Gibilterra e quella artificiale a Suez. Ovunque stiano andando, è bello immaginare abbiano una “missione”. Sono mammiferi. E benché godano (anche a causa di un pessimo film) di una brutta, ingiustificata reputazione, sono più simili a noi di quanto non si reputi. Le ho viste una sola volta nel 1992, dall'alto, su un piccolo aereo al largo di Vancouver in Canada. Uno spettacolo impossibile da dimenticare: vanno in branco e sembra si “parlino”. Forse nel loro spettacolare viaggio c'è un messaggio per noi umani. Comunque sia, hanno realizzato una impresa incredibile: da premio olimpico.

La maratona delle orche è oro a 18 carati messa al confronto di quella di ottone, auto-attribuitasi dal premier Giuseppe Conte nella conferenza stampa di fine anno. Si vede premier, Conte, fino al 2023. E ne ha ben donde.

La sua debolezza politica è anche la sua forza. Oggi nessuno ha interesse ad andare a votare: né la maggioranza (che perderebbe poltrone e visibilità), né l'opposizione. La cui affermazione (stante la situazione del Paese) si potrebbe rivelare una vittoria di Pirro. Dopo le promesse e gli slogan, notoriamente, ti viene presentato il conto. Detto questo, le parole di Conte mettono i brividi.

Il debito pubblico sempre più oneroso? Nessun problema, italiani: nessun paese d'Europa risparmia quanto voi. Ergo per Conte il debito, mentre il Palazzo continua a sperperare, è sostenuto da Pantalone.

Sulla vicenda della nave Gregoretti (per la quale Matteo Salvini arrischia 15 anni di galera), Conte si è superato: “Verificherò il ruolo da me svolto. Non ho ancora riscontri sul mio coinvolgimento”. La cosa ha del surreale: Conte “coinvolto” magari a “sua insaputa”? Anche lui? Come barzelletta diciamo che è datata. La Gregoretti-story dovrebbe essere discussa in Parlamento il 20 di gennaio 2020. Ma sarà rinviata, coincidendo con le elezioni in Emilia Romagna.

Mettere in croce Salvini in quella settimana equivarrebbe ad un autogol. In Emilia-Romagna la competizione è in bilico. I sondaggi danno avanti Bonaccini (governatore PD uscente che si presenta senza il simbolo PD e con un “leghista” color verde) di un paio di punti su Bergonzoni pupilla di Salvini. Che ormai (dalla sinistra) è vissuto come l'uomo nero delle favole. Al punto che Giuliano Cazzola, economista, sindacalista ed ex parlamentare del PdL (nella vita si cambia), alla presentazione della sua lista (Europa per Bonaccini) in appoggio al governatore uscente si è lanciato in un “per Salvini, la Bergonzoni è come il cavallo di Caligola”. Diciamo poco educato?  

In ogni caso, buon anno a Cazzola, con l'augurio che prima di pontificare (Rete 4) vada almeno a vedere il film di Checco Zalone. E' tutto tranne che un film razzista. Della serie Super-cazzola e dintorni.

Una insegnante di scuola media, Francesca Bernasconi, ha scritto una lunga lettera a Paolo Di Stefano firma del Corriere della Sera che in un articolo aveva argomentato sul “peso” dei compiti a casa durante le vacanze chiedendo comprensione per il “sacrosanto riposo” di alunni e famiglie.

Ora i “compiti a casa” durante le vacanze sono sempre stati una “rottura”. Oggi, come ai tempi di Di Stefano o addirittura ai miei. Ma poiché io sono del partito “fangala al dottor Spock”, mi chiedo: ma quelli della mia generazione (o anche solo quelli della generazione di Di Stefano) erano supereroi? Perché i compiti durante le vacanze li avevamo a Natale, a Pasqua e pure durante il periodo estivo. Non siamo morti e abbiamo incamerato dalla scuola una decente cultura. Quella che manca a gran parte dei giovani italiani, ingabbiati in una cosmica ignoranza, protetta da internet, smartphone, genitori comprensivi, insegnanti con la sindrome del Sessantotto. Che non fu solo fiori nei cannoni, “canne” pakistane, amore libero, diciotto politico, assemblea permanente. Fu anche altro: purtroppo.

In ogni caso, buon anno alla professoressa Bernasconi e a Paolo Di Stefano: un “compito” a casa lo meritano entrambi.

E poi buon anno a Sarri: se non cambia modulo andrà incontro verosimilmente a “giorni acidi”.

Buon anno a Nedved e Paratici: Sarri lo hanno voluto loro. E nel caso, a fine stagione, Agnelli (ed Elkan) se ne ricorderanno.

Buon anno a Roger per l'incredibile tennis che ancora ci fa vedere.

Ma buon anno a Rafa che dal punto di vista fisico è un miracolo simile a Cr7.

Buon anno a Ibra che torna a Milano: occhio, cicale milaniste, perché quello ha un brutto carattere e “mena”.

Buon anno ad Antonio Conte, per la ferocia con la quale sta inseguendo il suo sogno scudetto. Che in soldoni sarebbe anche: caro Andrea Agnelli così impari a preferirmi Sarri.

Buon anno a Gasperini che fa marcare la sua Atalanta ad uomo, regalando il miglior calcio del Paese.

Buon anno a Kloop che senza pretenderla a “guru” ha portato il Liverpool sul tetto del mondo.

Buon anno a Paris e alle ragazze dello sci che stanno tenendo alto il vessillo dell'Italia nel mondo.

Buon anno alla Ferrari, nella speranza azzecchi finalmente il motore, gli assetti, la power, le gomme, l'aerodinamica, le componenti elettriche per battere la Mercedes.

Buon anno a Messina che ha perso a Bologna (perché anche con un grande roster è impossibile giocare ogni due giorni stile NBA), ma che allena con saggezza.

Buon anno a Teodosic per le magie che dispensa sul parquet: Roger Federer del basket.

Buon anno a Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia. E non tanto per la ritrovata vena della Reyer (che comunque quasi fa fare un figurone anche alla derelitta Pesaro), quanto per il gran lavoro che lo attende nei prossimi mesi, tra danni provocati dall'acqua alta, Mose da completare, grandi navi da ricollocare, mission Venezia da reinventare. Poi se troverà anche il tempo per avviare la prima pietra di un nuovo Palasport sarà grasso che cola. Come afferma il proverbio: non è mai troppo tardi.

Buon anno a Beppe Sala, sindaco di Milano, presenzialista se uno ce n'è uno. Sindaco: ma l'ex Palalido da intitolare a Cesare Rubini, proprio non se ne può parlare? Guardi che Letizia Moratti, a suo tempo, aveva preso un impegno, in questo senso. Sarebbe molto “europeo”, sindaco, onorare la memoria di un uomo di sport che così tanto da “milanese d'adozione”, ha dato a Milano. Non crede?

Buon anno a Steven Spielberg che con “ET” ha realizzato una fiaba che è anche un grande manifesto della tolleranza e dell'integrazione. Consiglio di rivederlo: anche se avete (come il sottoscritto) l'età del dattero.

Buon anno infine a chi compra un libro. In questa stagione di “capre” ed “influencer”, di “like” e di “selfie” chi compra un libro (e magari lo legge) è un eroe.

Visto che ho avuto il privilegio di stare per qualche anno a scuola da Indro mi piace il “Controcorrente”.

E allora il mio consiglio è per l'eccentrico “Il gioco della guerra” di Guy Debord, l'autore profetico de “La società dello spettacolo”. Non è a buon mercato. Ma 34 euro per godere delle provocazioni filosofiche di un autore che reputa la guerra come la “presa in considerazione di necessità contraddittorie” neppure è molto. Se capite che sul “comò” l'autore non pone la proverbiale civetta, ma Von Clausewitz.

Infine buon anno a SportOlimpico e a chi lo gestisce. Ci vuole fegato per ospitare Duribanchi.





 





 

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