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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
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Doping / Quando, semplicemente, "il fatto non sussiste!"”

Mercoledì 11 Dicembre 2019

 
giustizia

Giustizia è fatta. Una bella notizia che ci riconcilia con il buon senso e con l’onestà. La Corte di Appello di Bolzano ha ieri pienamente prosciolto Giuseppe Fischetto, Pierluigi Fiorella e Rita Bottiglieri dalle ingiuste accuse lanciate da Alex Schwazer, l’uomo dalle mille verità e dalle tante amnesie.

Sandro Aquari

Dopo sei anni e mezzo “il fatto non sussiste”. Eppure non era difficile capirlo. Bastava leggere cosa i carabinieri avevano raccolto, dopo sequestri, centinaia di ore d’intercettazioni, decine e decine d’interrogatori e quant’altro, contro il dottor Giuseppe Fischetto, il dottor Pierluigi Fiorella e la dottoressa Rita Bottiglieri nelle 700 pagine del dossier “Olimpia”, per capire che “il fatto non sussiste”. Bastava aver letto tutti gli atti del processo di Bolzano (due anni e mezzo la sua durata!) contro di loro, accusati di “omissione”, ovvero di aver saputo che il carabiniere Alex Schwazer si dopava, ma di non aver fatto nulla per denunciarlo o comunque fermarlo, per capire che “il fatto non sussiste”.

Bastava aver letto quali erano i fragili capi d’accusa messi sulla carta dalla Procura per capire che “il fatto non sussiste”. Bastava aver letto il dispositivo con cui il giudice monocratico Carla Scheidle aveva motivato la condanna a due anni (più di quanto richiesto dalla Procura) per i due medici e a nove mesi per la funzionaria (la Procura ne aveva chiesto l’assoluzione), per accorgersi che “il fatto non sussiste”.

Nel dispositivo ignorate tutte le prove emerse dal processo a favore degli imputati, anche quelle portate da alcuni testimoni dell’accusa, evidenziati con una sorta di “copia e incolla” solo i capi d’accusa della Procura e soprattutto offerto un imbarazzante sostegno alla credibilità di Alex Schwazer, l’uomo dalle mille verità e dalle tante amnesie. Un dispositivo costruito sul nulla che certamente i tre giudici della corte di appello di Bolzano, con l’onestà intellettuale e professionale che dovrebbe sempre distinguere tutti i magistrati, devono aver letto con un minimo di stupore, così come era già successo, a suo tempo, per i giudici del Tribunale dei Medici sportivi.

E così alla fine hanno mandato assolti Giuseppe Fischetto, Pierluigi Fiorella e Rita Bottiglieri semplicemente perché “il fatto non sussiste”. Sussistono invece gli oltre sei anni con cui tre onesti professionisti, apprezzati in Italia e all’estero, sono stati messi alla gogna, con rilevanti danni alla loro immagine umana e professionale e anche, direi, ai loro conti correnti, per un processo che neppure si sarebbe dovuto mettere i piedi, ma che ha fatto comodo a qualcuno per distogliere l’attenzione mediatica e giudiziaria su altri e su altro, dopo che era andato in fumo l’ambizioso teorema che avrebbe dovuto addirittura creare uno tsunami nella struttura di vertice dello sport italiano. Sic transit gloria mundi. Sì, perché “il fatto non sussiste!”.

 

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