- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Perche' non proporre il neo-giornalismo?

Lunedì 4 Novembre 2019


sa-yokohama

Ricercare un sentiero / Nella foresta del nulla /
Trovare una traccia
/ Nella selva della bruma
(haiku di autore ignoto, XVII secolo)

Non è il caso di adombrarsi
/ L’importante è solo amarsi / Mangia su una caramella / Non la voglio / È d’Alemagna / Ullalà è una cuccagna / I tuoi gusti son squisiti / I signori son serviti
(pubblicità seconda metà XIX secolo, vedi Carosello, opere complete)

Chi meno parla, meglio tace
(proverbio afghano)

Giorgio Cimbrico

RR, confidenziale sigla della Rolls Royce, è per puro caso – o fatalità – la stessa di Rugby Rai, un’avventura giunta al termine. Della Rolls, Bernard Law Montgomery, visconte di el Alamein, disse: “Un generale su una jeep è un generale, un generale su una Rolls è un condottiero”. Rimane da capire cosa sia la RAI dopo questa parziale irruzione nella Coppa del Mondo. Rimanendo nelle allegorie automobilistiche e allargando lo scenario al 30° anniversario della caduta del Muro che cade giusto in questi giorni, una sbuffante Trabant 601. Ma con costi di produzione e di manutenzione degni della principesca collega. Non è un critica, tutt’altro: la cura del modernariato obbliga spesso a forti spese.

Una delle trovate più geniali è stata dare ospitalità a un giovanotto, promettente giocatore e figlio di un noto ristoratore romano. La Itv, depositaria dei diritti tv per le isole britanniche, aveva come esperti Jonny Wilkinson, Lawrence Dallaglio, Sean Fitzpatrick, etc. Badate bene, neanche questa è una critica, tantomeno un attacco. Io, qui, voglio propormi come un Marco Antonio alla rovescia: sono qui per lodare la RAI, non per seppellirla.

Perché, partendo da lontano, la RAI ha capito prima di altre tronfie corporazioni televisive, che il pubblico ha bisogno di divertimento, di distrazione, di leggerezza, magari con qualche puntata nella dimensione del greve e che di certe stravaganze grafiche si può fare anche a meno, così come di corsi di dizione per provare a far sparire o mascherare o mimetizzare inflessioni dialettali.

Così tutto è più fresco e naturale, naif. Stesso processo è stato giustamente seguito per quella che un tempo veniva chiamata competenza: i saccenti sono barbosi, annoiano la gente o, ancora peggio, la fanno sentire inferiore e così la fanno incazzare. Egalité perbacco. Se un tempo il cinema venne attraversato dal neorealismo, perché non proporre il neogiornalismo?

Alla RAI sono degli strateghi, dei maestri di sociologia. E sono rispettosi, oltre che della par condicio, anche dei ruoli. Paolo Vaccari, consigliere della FIR, compariva sul video: quei 64 cap conquistati con l’Italia più bella appartengono al passato, sono coperti di polvere. Allegria, stretta attualità, semplicità sono le parole d’ordine.

Ad esempio, l’Italia è l’unico paese dove il 6 Nazioni non è trasmesso da una tv di stato. È stata una saggia decisione per non ingolfare una rete con uno sport che non interessa poi a tanti, per lasciar spazio alla stecca, alle boccette, magari anche alla bersagliera, o alla corsa sui sentieri di montagna, al calcio giocato in 5 su lucide superfici con sibilanti commenti di analisti de noantri assai graditi. Bisogna andare incontro al gusto della gente, non privilegiare gli snob, i radical chic dello sport.

Analogamente deve comportarsi colui che è chiamato a commentare l’evento: poche cose, essenziali, senza tediare lo spettatore – occasionale o meno – con troppe storie, troppi dati, troppe analisi. Chi siede davanti al video, gli strateghi della Rai lo conoscono bene: può essere balzano ma anche saturnino, e la sua pazienza ha buone chances di potersi esaurire in fretta. Perciò, andiamoci piano.

Sì, meglio andare sul sicuro, non addentrarsi in introspezioni sulle mutazioni del Sudafrica, sulla composizione della squadra inglese (I Leoni, certo), sulla solida razionalità di Erasmus, sulla sconfitta del tattico Jones, generale che vince molte battaglie ma perde le grandi campagne. Questo è storicismo da strapazzo che è meglio lasciare a quelli che Guccini chiamava critici severi o personaggi austeri. Una narrazione che non increspi lo stato delle cose, che sia aderente a quel che è stato visto. Questo si chiama servizio pubblico.

Arrivederci a Francia 2023, 200° anniversario della nascita del gioco. Una data sulla quale la RAI costruirà, ne sono convinto. Le fondamenta sono già state gettate.

 

 

Cerca