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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Duribanchi / Ancora una volta morire per Danzica?

Mercoledì 16 Ottobre 2019
 
turchia

Lo sport non sia complice di chi uccide. Di chi prevarica. Di chi imprigiona. Altrimenti lo dovreste chiamare con il suo vero nome: business, affari. In nome della verità.

Andrea Bosco

Il quesito è antico: è giusto separare lo sport dalla politica? Le risposte sono sempre state, nel corso della storia, evasive, fasulle, ipocrite. Gli Stati Uniti parteciparono alle Olimpiadi di Hitler, a Berlino, dove trionfò a dispetto del Baffetto Criminale, Jesse Owens. Ma avrebbero dovuto non andarci. L'Europa ed il mondo avrebbero dovuto non andarci: chi voleva, poteva “vedere” quanto sarebbe successo. Chi poteva aveva il dovere di “vedere” il disegno disgustoso di un regime sprezzante dell'uomo fino all'olocausto. La domanda è anche oggi sempre la medesima: morire per Danzica?

Oggi gli abitanti di Danzica si chiamano curdi. La Turchia li sta massacrando. Una vera pulizia   etnica. Il despota che governa i turchi li definisce “terroristi”. La Turchia vorrebbe far parte dell'Europa. La Turchia è stata “pagata” dall'Europa per tenere nei suoi campi di “accoglimento” un milione di profughi siriani. L'Europa, la civile Europa che non riesce a trovare un pur minimo accordo sulla questione migranti, i siriani non li vuole. E ha pagato Erdogan affinché li trattenga entro i suoi confini.

In Turchia i dissidenti politici finiscono in galera. La libera informazione è stata cancellata. Il satrapo che la governa, da tempo ha innescato un processo di islamizzazione del paese. Così la civile Europa e i civilissimi Stati Uniti, si sono indignate ma solo un “pochettino” quando la soldataglia di Erdogan, ha prima stuprato e poi lapidata, una ragazza curda attiva sul fronte dei diritti umani.

Ma non ditelo ai turchi nazionalisti: a quelle latitudini il genocidio degli Armeni non fu un genocidio. Del resto la civile Europa ha assistito orba alle varie pulizie etniche avvenute nella ex Jugoslavia. Del resto dall'altra parte del confine a “salvare” i curdi si sono mossi i siriani: regime notoriamente democratico. I curdi, usati da Usa e Russia per combattere lo stato (definirlo sempre “sedicente”) islamico, oggi si ritrovano schiacciati tra il nemico Erdogan e “l'amico” Assad.

Si è giocato Francia-Turchia a Parigi. I giocatori turchi hanno “omaggiato” il loro satrapo facendo il saluto militare. Non si fa, così non si fa, hanno scritto in tanti. Ma i calciatori turchi lo hanno semplicemente rifatto.

Lo hanno fatto. Così come durante il Ventennio, i calciatori di Pozzo, (oriundi compresi) lo facevano omaggiando il Capovocione.

La Francia (così come la Germania e l'Italia) ha sospeso le forniture militari alla Turchia. Gli Usa, dopo il ritiro dalla Siria delle loro truppe, hanno minacciato sanzioni economiche. Erdogan, spaventatissimo, ha dichiarato che l'operazione “Pace a Primavera” (quando si dice la menzogna) continuerà. Spiegando che potrebbe aprire le “gabbie” sul fronte dei profughi.

La finale di Champion's si giocherà ad Istanbul. I vari Palazzi dello Sport hanno immediatamente dichiarato che “non è ancora tempo per prendere decisioni”, in risposta a quanti avevano chiesto una posizione ferma fin da subito: il boicottaggio della finale in quel paese.

Niente accadrà. Nel 2001 dopo l'attacco alle Torri Gemelle, l'Uefa non sospese la Champion's. Ma qui non si tratta né dello “spettacolo” che deve “continuare”, né dello sport “che deve unire e non dividere”. Qui si tratta solo di pecunia. Che notoriamente “non olet”.

Quindi si giocherà la finale di Champion's a casa del satrapo che ha le mani sporche di sangue. Così come la NBA ha giocato in Cina, nonostante le violenze governative contro la protesta di Hong Kong. Nonostante il presidente di quel paese abbia spiegato in Nepal (altro luogo messo sotto il tallone dai cinesi) che le “violenze” saranno estirpate con qualsiasi mezzo.

Il vero problema è quello di una indignazione a targhe alterne.

Fermare la carneficina in Kurdistan. Ma parlare anche delle altre quotidiane carneficine. In Irak, in Palestina, in Afghanistan, nello Yemen, in svariati paesi sudamericani. Parlare dei diritti calpestati.

Lo sport non sia complice di chi uccide. Di chi prevarica. Di chi imprigiona. Altrimenti chiamatelo con il suo vero nome: business. E soprattutto vedete di non spaccare gli zebedei (coinvolgendolo) al Barone.

 

 

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