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Piste&Pedane / L'atletica e' sport universale, ma deve restarlo

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Mercoledì 2 Ottobre 2019

 

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Carlo Santi

“Nel futuro prossimo dovrà raggiungere ogni angolo del pianeta, ma anche abituarsi alle strade e alle piazze, a vivere tra la gente. E, soprattutto, con un maggior coinvolgimento dei giovani. Quanto al doping, … responsabilità e regole ferree”.

DOHA – «L’atletica è sport universale e deve abituarsi a girare tutto il mondo, spaziare in ogni area». Parole di Lord Sebastian Coe, il capo dell’atletica mondiale che alla vigilia di questo Mondiale è stato rieletto all’unanimità per i prossimi quattro anni. Ha tagliato corto così, il presidente della IAAF, anche per mettere fine alle polemiche sulla scelta di Doha per questo Mondiale, scelta avvenuta quando lui era vice presidente della federazione mondiale. Caldo e umidità, condizioni non proprio ideali soprattutto per le gare della strada - all’interno dello stadio nessun problema grazie al condizionatore - non saranno un caso isolato. «A Tokyo, il prossimo anno alle Olimpiadi – ha osservato Coe – il clima sarà lo stesso che abbiamo qui». Per chi c’era non si deve dimenticare che nel ’97 ad Atene, ma anche due anni dopo, a Siviglia la temperatura non era da meno. (nella foto di Franco Fava, Lord Coe oggi a Doha con i giornalisti italiani).

Girerà il mondo anche l’evento iridato (Eugene '21, Budapest '23), e poco importa se qualche volta le condizioni non saranno ideali, anche in quanto a comodità. C’è una sorta di pubblicità per questo sport da portare in giro per il mondo, meglio se in zone che sono fuori da gradi circuiti. «Dobbiamo portare l’atletica nelle strade e nelle piazze - aggiunto – per essere più vicini alla gente. Prendete la gara del lungo: nello stadio solo chi è vicino alla pedana è coinvolto. E noi vogliamo coinvolgere tutti».

Per farlo, Coe chiede aiuto alla tecnologia e alla televisione. «Dobbiamo farlo in modo intelligente, così come dobbiamo rilanciare i meeting di un giorno da vivere con grande intensità». Auspica, il presidente della IAAF, un maggior impegno verso giovani. «Sono il futuro del nostro sport. Prendete gli under 23: qui sono il 25 per cento e due campioni sono ventenni».

Rimane il problema del pubblico nello stadio. Qui a Doha è scarso, ma va detto che poco è stato fatto in pubblicità per l’evento in una città non enorme per abitanti – mezzo milione – e con una situazione politica internazionale che coinvolge il Qatar non certo ideale, con una sorta di isolamento. In più va aggiunto che neppure il programma tecnico, nel senso dell’orario, è coinvolgente, con troppi tempi morti, pause che poco aiutano sia chi è allo stadio e chi invece segue l’evento in televisione. Anche le gare su strada fin qui svolte la notte, la maratona femminile e la marcia, non ha visto una partecipazione di pubblico adeguata.

Coe ha anche affrontato la questione della Russia, lasciata ancora fuori dalle competizioni per la vicenda doping. «Valuteremo cosa accadrà con il laboratorio di Mosca in vista delle Olimpiadi di Tokyo».

Sul caso che riguarda Alberto Salazar, il coach appena squalificato per quattro anni e, quindi, impossibilitato ad avere rapporti con i suoi atleti, Coe è stato chiaro. «Gli atleti devono prendersi le loro responsabilità», ha detto il dirigente chiarendo che le regole dovranno essere osservate e, quindi, che era seguito dal tecnico americano dovrà mettere per iscritto la fine del rapporto. «Siamo già in contatto con quegli atleti e abbiamo chiesto loro di interrompere i loro accordi di lavoro», ha aggiunto Sebastian. Molto chiaro.

 

 

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