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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Giunti a meta' della ballata, ...

Mercoledì 2 Ottobre 2019

 

gimbo 2

 

Ho capito che il vento stava cambiando quando quelli della tv, sempre loro, hanno inventato il bip, dolcemente minacciato da Bragagna all’ennesimo “tirar fuori le palle” di Gimbo.

 

Giorgio Cimbrico


Giunti a metà, mi accorgo con lo sgomento dell’imbecille (io) che alla RAI interessano soltanto gli italiani: la scritta “telecamera esclusiva RAI” è diventata un tormento . C’è persino una rubrica che ai vecchi tempi avrebbero intitolato “Ciao Mama”. Che un azzurro o un’azzurra vada bene o vada male, può parlare per esprimere disappunto, sorpresa, soddisfazione, speranza, salutare a casa parenti, amici, allenatori, generali, colonnelli.
La RAI è così stereotipata, conformista, codina che non capisce di avere a disposizione un cavallo di razza, un purosangue.

Gimbo Tamberi dice di aver tirato fuori le palle e che le ha tirate fuori anche Stefano Sottile per quell’ultimo 2.29 fallito di poco. (foto G.Colombo/Fidal).  Il concetto viene ripetuto due o tre volte e si sente che Bragagna è in imbarazzo e lo fa notare. Diamine, tirare fuori le palle può essere sostituito da: una prova coraggiosa, un atteggiamento volitivo, etc. Se un ragazzino sente dire “tirar fuori le palle”, ne potrebbe andare del suo sviluppo psicologico, del suo equilibrio intellettuale, per non parlare del possibile scatenamento dell’aggressività. Viviamo, come diceva Hobbes, nel migliore dei mondi possibili, in un’Arcadia dai dettami stilistici scanditi da Metastasio e dai suoi sodali e non è il caso di turbarli con parole così volgari.

A me non è mai piaciuta e nel ’96, in tre settimane passate ad Atlanta, non ho mai bevuto una Coca Cola. Se mi è capito di citarla non ho mai scritto “la bibita gasata che si produce ad Atlanta” e in tutto il mondo. Così non riesco a comprendere perché la Nike sia la marca che ha il nome della vittoria o in alternativa, sia l’azienda del baffo. Adidas e Puma, nate dalla stessa costola nell’Alta Baviera, nella cittadina di Herzogenaurach, hanno fatto la storia dello sport e hanno impresso svolte politiche non da poco. Le tre strisce, il felino? Ma per favore.

Credo che in televisione la cautela, dovuta al terrore per gli utenti dei social media in agguato come zopilotes (avvoltoi), abbia preso il sopravvento. Ieri Brazier, quando ne mancavano quaranta, aveva dieci metri di vantaggio ma la sua vittoria è stata data come probabile. E se scappa che un atleta è un mostro,  meglio precisare: sportivamente parlando. Sul caso Salazar e sul caso Seyni, un nuovo possibile affaire Semenya, poche e affrettate parole.

E’ in questi momenti, è in questi frangenti che mi rendo conto che tutto sommato non mi è andata male: non hanno mai censurato quel che ho scritto. Ho capito che il vento stava cambiando quando quelli della tv, sempre loro, hanno inventato il bip, dolcemente minacciato da Bragagna all’ennesimo “tirar fuori le palle” di Gimbo, bello come Byron ritratto mentre stava per andare a difendere la libertà della Grecia.

Sarebbe bene anche dire due parole sulle gare. Preferisco sottolineare l’educazione degli atleti: Christian Taylor che va a salutare, uno per uno, tutti i giudici; gli astisti che organizzano un salto mortale all’indietro  a tre, con eccellente coordinazione: l’ecellente capacità di espressione della ragazza del Qatar che corre piano piano i 400hs e che dice che, oltre all’inglese, conosce anche il francese e lo spagnolo. E’ un mondo fottutamente (bip) bello, ma lo sapevamo già.

 

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