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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Piste&Pedane / Turtu ovvero qualche certezza in piu'

Sabato 28 Settembre 2019

 

doha-tortu

 

Dopo le perplessità sollevate in batteria, SuperPippo ruba la scena e per un benedetto millesimo in meno accede a una finale dei 100 veramente spettacolare. Un traguardo fortemente voluto e raggiunto.

 

Carlo Santi


DOHA – Christian Coleman si è preso il trono dei 100 metri in una finale di eccitazione. Nove secondi e settantasei centesimi, risultato che è il sesto di sempre al mondo, per imporsi sul redivivo Justin Gatlin, 37 anni e nello sprint pochi non sono, capace di correre ancora in 9”89, e con il canadese De Grasse terzo dietro di un centesimo. SuperPippo Tortu, che un posto in questa straordinaria finale lo aveva conquistato con carattere, ha chiuso in settima posizione con 10”07, il miglior tempo della sua stagione. Una finale da leggenda, una finale al chiaro di luna in uno stadio che è diventato un set cinematografico. Il Khalifa Stadium ha creato un’atmosfera speciale, buio e sottofondo musicale, luci psichedeliche a illuminare solo la pista, presentazione degli atleti messi sotto al riflettore.

È sceso il silenzio in uno stadio un po’ troppo vuoto per l’evento, gli otto contendenti tra i quali il nostro era non solo il più giovane con i suoi ventuno anni, ma anche l’unico vero europeo, sono andati sui blocchi. Potente e subito irraggiungibile Coleman. C’era solo Gatlin a spaventare il razzo di Atlanta mentre Tortu ha commesso un errore sui primi appoggi ma non per questo si è smarrito. La sua prestazione merita giusta considerazione, una bella partenza in vista del futuro con la possibilità di sperimentare al più presto i 200 metri.

Finale velocissima e intensa, una delle più rapide di sempre. Coleman, che nelle ultime settimane era finito sotto osservazione per qualche test a sorpresa “saltato”, ha ottenuto come detto il sesto tempo di sempre e la quindicesima prestazione sempre all time. Ecco l’ordine completo d’arrivo:

 
Finale velocissima e intensa, una delle più rapide di sempre. Coleman, che nelle ultime settimane era finito sotto osservazione per qualche test a sorpresa “saltato”, ha ottenuto come detto il sesto tempo di sempre e la quindicesima prestazione sempre all time. Ecco l’ordine completo d’arrivo:

100 METRI  [28 Set, 22,15, +0,6]
1. (4) Christian Coleman (Usa) 9"76 [WL]
2. (3) Justin Gatlin (Usa) 9"89
3. (6) Andre De Grasse (Can) 9"90 [PB]
4. (5) Akani Simbine (Rsa) 9"93 [SB]
5. (8) Yohan Blake (Jam) 9"97
6. (7) Zharnel Hughes (Gbr) 10"03
7. (2) Filippo Tortu (Ita) 10"07 [SB] / 0,158
8. (9) Aaron Brown (Can) 10"08
 

Tortu più – Ha impressionato per il carattere. I primi 50 metri li ha corsi senza staccarsi troppo. Più avanti, quando il gioco si fa duro duro, chi ha più consistenza va avanti. E come non si deve rispettare sprinter come Simbine, Blake e Hughes che è, lo ricordiamo, il campione d’Europa in carica?

Filippo ha risposto alla grande nella prima grande finale della carriera, finale assai più importante di quella europea dello scorso anno a Berlino dove finì quinto. Pippo è diventato grande, adesso ha qualche certezza in più di quella che può concedere un cronometro in una gara un po’ su misura. Al Mondiale ci si confronta, si misurano le ambizioni in un’atmosfera speciale dove non è possibile tremare.

Un azzurro nella finale dei 100 metri ai Mondiali mancava da 32 anni. L’unica volta che accadde, era il 1987, allo stadio Olimpico Roma. Ci riuscì Pierfrancesco Pavoni che però non poté fare molto perché si era infortunato nel turno precedente. Volle però correre ugualmente, finì ultimo con 16”23, poi settimo dopo la squalifica di Ben Johnson che quel giorno sbalordì tutti con il suo 9”79 alzando il braccio ben prima dell’arrivo.

SuperPippo la finale l’ha agguantata per un millesimo ma, soprattutto, con la testa. Mica era facile competere con i suoi rivali ma lui ha saputo farlo finendo terzo in 10”11, stesso tempo del giamaicano Tracy, 10”11 anche lui ma un millesimo in più, quello che lo ha spedito in tribuna invece di farlo tornare in pista per correre la finale.

Felice Tortu nella serata di Doha. «Essere settimo al mondo fa un effetto pazzesco. Volevo fare molto meglio di ieri in batteria – ha detto – Sono molto orgoglioso di avere rappresentato l’Italia qui, non voglio passare per presuntuoso ma è un dato oggettivo: sono uno dei migliori al mondo. E mi fa piacere aver realizzato lo stagionale qui. Volevo correre sotto i 10 secondi e mi scoccia un po’ non esserci riuscito».

Ha atteso la finale giocando, come fa sempre. Le carte, lo scopone scientifico è la sua passione ma ora cerca di non distrarsi. «C’è la staffetta e sono molto orgoglioso di correrla», ha aggiunto ricordando i saluti subito dopo la gara alla sua famiglia. «Erano tutti in tribuna, tutti, mamma, papà, nonna».

Marcell Jacobs è rimasto fuori dai magnifici otto. Il 10”07 di venerdì aveva illuso nonostante l’azzurro valga queste prestazioni (quest’anno vanta 10”03) ma il mese e mezzo di forzata sosta per un infortunio patito in Coppa Europa in agosto si è fatto sentire. Nella sua semifinale, quella superveloce con Coleman sprintante in 9”88, Marcell ha chiuso al settimo posto con 10”20. «Ho perso due appoggi in partenza, ho cercato di recuperare ma non ci sono riuscito – ha spiegato il venticinquenne poliziotto nato a El Paso – Un decimo, ho perso un decimo, e poi il poco allenamento. Un vero peccato, potevo esserci anche io in finale».

Le altre gare – La notte della maratona delle donne, tra venerdì e sabato, è stata una notte bollente (32,7 gradi), umida oltre il limite (73,3%) per una gara disputata su un circuito di 7 chilometri la cui realizzazione, tra illuminazione, docce, transenne, è costata 12 milioni e mezzo di euro. Le nostre azzurre sono uscite di scena – Sara Dossena è stramazzata a terra svenuta dopo 40 minuti di corsa, Giovanna Epis si è arresa più avanti – e l’oro è andato alla keniana Ruth Chepngetich in 2h32’43”, il tempo più lento della storia per una campionessa iridata.

Nello stadio, la seconda giornata del Mondiale ha regalato la soddisfazione a Claudio Stecchi di accedere alla finale del salto con l’asta. Il fiorentino figlio d’arte, con sicurezza è salito a 5.75, il top nella stagione outdoor 2019 (al coperto aveva ottenuto 5.80 a Clermont-Ferrand in febbraio) e adesso sogna come fece Giuseppe Gibilisco, che ora lo segue insieme a Enzo Brichese, al Mondiale di Parigi 2003 quando vinse uno storico oro. Nella finale non ci sarà il francese Renaud Lavillenie: il primatista del mondo (6.16 nel 2014 al coperto) è uscito di scena non riuscendo a superare 5.70, ma lui nelle grandi competizioni si è sempre smarrito.

Torna invece a casa il discobolo Giovanni Faloci, eliminato con 59.77 (65 metri era la misura fissata per la qualificazione, l’ultimo ad entrare in finale ha sparato 63.31), e qui vorremmo aprire una considerazione. I nostri in primavera lanciano nel vento, che aiuta l’attrezzo a rimanere in aria, ma poi nelle competizioni che contano le misure non arrivano.

La staffetta mista – Out anche il quartetto misto della 4x400 metri, novità di questa atletica sempre più bizzarra. Edoardo Scotti, le due ragazze Giancarla Trevisan e Raphaela Lukudo, e poi Brayan Lopez hanno concluso in quinta posizione nella seconda batteria con 3’16”52. Il pasticcio nell’ultimo cambio (Lukudo-Lopez) ha penalizzato e così il quartetto ha ottenuto il nono posto, ossia primo tra gli esclusi, con il Belgio ottavo con 3’16”16. Di questa novità, gli Stati Uniti con 3’12”42 hanno realizzato il primato mondiale (hanno corso Tyrell Richard, Jessica Beard, Jasmine Blocker e Obi Igbokwe). Il limite precedente già apparteneva agli USA dal 2016 con 3’13”20.

Le finali del giorno – Il primo titolo assegnato nello stadio “condizionato” è andato alla statunitense DeAnna Price, oro nel lancio del martello con una bordata di 77.54. Passo indietro della polacca Joanna Fiodorow (76.35) mentre la cinese Zheng Wang al quinto lancio ha scavalcato la moldava Petrivskaya con 74.76.

Sifan Hassan ha fatto il vuoto negli ultimi 250 metri di una gara, quella dei 10 mila, che si è accesa nel finale diventando assai rapida e chiusa, da vincente, dalla fondista olandese (ma originaria dell’Etiopia) con 30’17”62. Difatti, dopo i primi 5 chilometri coperti in 15’32”, i secondi sono stati corsi sul piede di 14’45”. L’etiope Gidey aveva rotto gli indugi tentando di lasciare la compagnia delle altre cinque atlete poco prima dell’ultimo miglio di corsa. Ma non aveva fatto i conti, l’etiope, con la sua ex connazionale che a 600 metri dalla fine l’ha avvicinata e poi superata lasciandole la piazza d’onore (30’2123, primato personale).

Che bei voli nel salto in lungo. Il giamaicano Tajay Gayle, capelli rasta, 23 anni, è atterrato nella sabbia a 8.69 lasciandosi dietro tutti gli altri, in particolare il cubano Echevarria che godeva dei favori del pronostico. Invece, Juan Miguel è riuscito a trovare un posto sul podio, ma sul terzo gradino con il suo 8.34, superato dallo statunitense Henderson più “lungo” di 5 centimetri.

 

 

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