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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Alla fiera del baloncesto mundial

Sabato 14 Settembre 2019

 

scarolo 


Il basket celebrerà a Pechino una finale per gente che ama, vive cantando in lingua spagnola, anche se molti argentini sono originari della nostra terra, anche se l’allenatore della Spagna viene da Brescia.

Oscar Eleni

Dalla via Luterana felice di parlare soltanto a voi, orgoglioso di aver cercato la via del pane del giornalismo sportivo. Lacrime dorate mentre Manu Ginobili abbraccia il quasi quarantenne Luis Scola. L’Argentina e questo magnifico espada di Buenos Aires con origini italiane sono lo splendore del Mondiale impiastricciato da arbitraggi inadeguati, appesantito dal VAR per direttori di gara che sembrano vigili nella nebbia. Non esiste un mondo dove le storie sono così affascinanti, sempre diverse, spesso contro la logica. Dal suo mondo di meravigliose letture, di grandi storie raccontate al mondo, Giorgio Cimbrico canta con noi la vittoria dell’albiceleste e ci suggerisce il titolo: “Baloncesto mundial”.

Il basket che ha mandato al rogo la spocchia statunitense, messo ai ceppi l’alterigia della Serbia e della Francia, castigato i narcisi diventati bachi improduttivi sulla via della seta, celebrerà a Pechino una finale per gente che ama, vive cantando in lingua spagnola, anche se molti argentini sono originari della nostra terra, anche se l’allenatore della Spagna viene da Brescia. Gloria a Sergio Scariolo che adesso potrà davvero prenderci in giro a vita, dopo aver ingoiato veleni in casa Armani, bel castello mai casa, mai famiglia, mai squadra. In Spagna, invece, ha trovato la costa del Sol, l’anima gitana, il cuore castigliano, la fantasia catalana, il rigore basco.

Gloria a lui, ma adesso non vantiamoci di avere un italiano finalista. Lui è stato bravo in casa Scavolini, esordiente di successo, ma la vera storia l’ha scritta fuori dai confini, gel in fuga, cervello regalato ai nemici che contro Azzurra Fremebonda stavano anche per regalarci la grande illusione. Alla fine hanno castigato chi si era fermato a guardare un mondo non suo. Una Spagna capricciosa che con l’Australia è andata a anche sotto di 11, ma poi alla fine, corazon, talento, fortuna e il regalo di un fallo su Gasol, che Bogut non aveva commesso, un libero decisivo sbagliato da Mills a 4 secondi dal gong, le hanno dato le orecchie del torito di Andrea Lemanis. Partiti nella penombra a Guangzou, bravini contro Azzurra, stupendi contro la Serbia a Wuhan sotto la collina del serpente, solidi a Shangai, sono diventati i terribili rossi di Sergio a Pechino.

Nella finale troveranno l’Argentina che ha scritto una pagina forse più bella di quando vinse l’oro olimpico davanti all’Italia sul campo di Atene nel 2004: noi abbiamo sperperato e non visto il burrone, loro in perenne crisi economica, invece, sono sempre lì. Là erano la meraviglia, qui camminano sulle nuvole della città proibita andando dietro a Confucio Scola che il suo pane lo ha guadagnato bene in terra basca, fra i professionisti NBA dove i polli in batteria non sono sempre tutti buoni anche con quell’etichetta, da Houston a Phoenix, per finire a Brooklin dopo Indiana e Toronto. Ora guadagna oltre 5 milioni di dollari fra gli squali di Shangai, ma non ha esitato a farsi avanti quando la sua Nazionale lo ha chiamato senza pretendere tappeti rossi, senza recite organizzate dagli agenti, guardando soltanto bene negli occhi chi voleva stare nell’albiceleste.

Uomini verticali. Il mondiale è già loro, comunque vada la finale contro la Spagna, mentre la Francia si rotola fra altri narcisi sfatti, presuntuosa come i fratelli rugbisti che dai Pumas le hanno pure prese, perché esistono   persone del genere e non tutti sono gattini capricciosi che danzano fra contratti miliardari e si offendono se qualcuno gli fa sapere che di certa gente non hanno bisogno, perché non basta essere bravi sul campo, o almeno credere di esserlo.

Grazie Argentina per averci regalato qualcosa che nessun sceneggiatore era riuscito a pensare. Questo è lo sport, così distante da quello che ci illudiamo di frequentare adesso che al palazzo “acca” si deve girare in mimetica.

 

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