Italian Graffiti / Ma non e' una cosa seria. O no?
Mercoledì 3 Luglio 2019
Giochi territoriali del 2026, come dire da qui a sette anni. Prossimo appuntamento, l'11 luglio a Losanna per rassicurare il CIO sulla bontà della scelta. Con qualche idea, se possibile condivisa, casomai anche con i contenuti "culturali" della proposta olimpica. Intanto, Giorgetti ...
Gianfranco Colasante
Il primo a muoversi è stato Gian Antonio Stella, vero esperto di "caste" e dintorni, con un fondo apparso sul Corriere della Sera (27 giugno) dal titolo inequivocabile: "Giocate alla luce del sole" (occhiello: "Olimpiadi e sospetti"). Sarà che Stella conosce bene il nostro Paese, le numerose "caste", soprattutto le sue poche virtù e i suoi tanti vizi. Ma quel timore resta tutto: per la carità, non per i Giochi Invernali in sè strappati alla ricca Stoccolma (due volte il nostro PIL), quanto per gli inevitabili appetiti che si sono messi in moto un minuto dopo la proclamazione da parte di Thomas Bach. Con le urla animalesche di quel centinaio di esperti che componevano la delegazione italiana, si sono aperte le cateratte: un vero diluvio di interventi, proposte, suggerimenti, pressioni, distinguo, minacce.
A leggere i giornali in questa settimana cruciale - per noi, per l'Europa e per il futuro di tutti - si resta meravigliati nel verificare il numero di quanti l'avevano sempre detto, se occorre io ci sono, mi sento di poter contribuire, ho un'idea fantastica. E giù a ruota libera, dal salone del mobile al trenino delle Dolomiti, dal pensiamo al sociale all'integriamoli tutti. E' estate e fa caldo, ma c'è anche chi ne ha approfittato per rilanciare i 32 miliardi necessari a rifare strade e autostrade del Lombardo-Veneto. Giacchè ci mettiamo le mani, ... E lo sport, direte voi?
Nessuna paura. Basta scorrere il planning sugli impianti e sui villaggi olimpici, spalmati (si dice così?) su 400 e rotti chilometri per farsene un'idea. Anche qui le proposte non mancano. Niente campanilismo, sia chiaro, ma ecco che dal Trentino si vorrebbe già ampliare il numero delle gare ("tanto chi organizza, lo può fare, ..."). Neanche Bach e i suoi 105 boys/girls avessero bisogno di suggerimenti. E allora giù con lo Sci alpinismo, l'Arrampicata su ghiaccio, lo Slittino su pista naturale ("dove siamo maestri e poi costa poco"). Perchè allora, mi chiedo, privarsi dei Birilli su ghiaccio che pure tante soddisfazioni ci hanno dato in passato?
Per sopravvivere a quest'orgia dell'improvvisazione, proviamo a ritornare a Stella e al suo monito. Alle cifre che testimoniano i vari fallimenti olimpici, ai pedanti studi approntati dalla Said Business School e della Oxford University, alla perversa tendenza dei Grandi Eventi a divergere tra spese previste e costi conclusivi. Ne abbiamo già parlato tra di noi. E ricordato qualche esempio di scuola: come Italia '90 (la stazione ferroviaria di Vigna Clara che doveva portare milioni di spettatori all'Olimpico, aspetta ancora l'inaugurazione) o Expo 2015, oggi additata ad esempio di efficienza, che ha perso cinque anni a baloccarsi finendo col dare un grosso lavoro ai tribunali. Non ancora concluso.
Certo, se Lake Placid '80 ha "sforato" del 321%, se Lillehammer '94 del 277%, possiamo sempre consolarci col +82% di Torino 2006. Debiti, come dire, umanamente accettabili, rispetto a quel +796% di Montreal '76 o al +417% di Barcellona '92, città quest'ultima chissà perchè portata sempre ad esempio di morigeratezza dai nostri improvvisati, e interessati, esperti di marketing. Vero è che i numeri si possono leggere, ma anche interpretare. Tanto più che per questi "Giochi Invernali più sostenibili e memorabili di sempre" ci supportano gli studi che abbiamo commissionato alle varie università di riferimento. Quelle che ci conoscono meglio di Oxford e di cui ci fidiamo di più. A leggerli vengono i brividi tra spese ridotte all'osso, impatto ambientale uguale a zero, migliaia di posti di lavoro da qui al '26, indotto di ritorno da conteggiare a miliardi. Altro che procedura di infrazione (che non ci sarà).
Detta così, ... ma al CIO ci conoscono e aspettano con ansia qualche segnale che li rassicuri. Tra comitato organizzatore - che più politico non si può, governatori leghisti in attesa di autonomia e sindaco che si vede già a capo della nuova sinistra - e quella commissione di coordinamento che dovrà "verificare il rispetto di tempi, spese, lavori e infrastrutture" e, ciò che più conta, riferire periodicamente al CIO (visto che paga). Intanto Malagò si tira fuori e può guardare sereno in avanti, al terzo mandato, annuncio che ha mandato di traverso a molti Giochi e progetti.
Chissà quanti spunti ne avrebbe tratto Pirandello per il suo teatro. Ricordate il successo di "Ma non è una cosa seria"? Ma parafrasando un vecchio ritornello del passato, si può canticchiare per fortuna che Giancarlo (Giorgetti) c'è ed ha sempre il boccino un mano. Lo ha mostrato anche a Losanna, col suo francese più e il suo inglese meno, andando per primo a salutare gli svedesi sconfitti. Il solo che pare avere le idee chiare, anche se in questa avventura ce l'hanno un po' tirato per il bavero (dovere di militanza?). In questa chiave va letta la sua idea della doppia governance, un manager privato a gestire l'evento e una società mista per realizzare le opere pubbliche. Lo hanno fatto a Londra 2012 quando Seb Coe risolse con un annuncio sull'Economist e si vide rispondere da Paul Deighton. L'economista appena uscito da Goldman Sachs con una buonosciuta da 110 milioni di dollari. L'avrebbe fatto gratis anche se poi non fui così. E da noi?
Da noi i nomi sono già tanti, troppi, almeno a stare ai giornali e ai bene informati (per Sport&Salute a proporsi furono in 200 e nessun disoccupato). Vedremo, anche perchè - in mancanza di altro - pare che proprio sui nomi si ghiochi la partita: e qui Giorgetti potrebbe non avere vita tranquilla. Almeno a giudicare da quanto Beppe Sala, il sindaco di cui sopra, ha appena affidato a l'Espresso: "Giancarlo Giorgetti dice che ha già in mente qualcuno, non voglio sapere chi è perché non va bene il metodo. Dobbiamo discutere di cosa serve, ascoltare tutti, [...] studieremo i profili e la governance necessaria. Se qualcuno ha già in mente i nomi se li tolga dalla testa, sono inaccettabili senza una riflessione comune. Non stiamo insieme per vincere una candidatura, si sta insieme per fare un buon lavoro. Non ho un atteggiamento di protervia, la mia esperienza è al servizio, però nessuno si sogni di prendere decisioni a tavolino, a Palazzo Chigi o da qualche altra parte”.
E' trascorsa appena una settimana dal pomeriggio di Losanna. A proposito di teatro, siamo al primo atto. O forse solo al prologo.
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