Scomparso Cornacchia: primo italiano sotto i 14” nei 110 ostacoli

Mercoledì 23 luglio 2008

Nella notte del 22 luglio si è improvvisamente spento a Pescara (dove era nato il 18 giugno del 1939), Giovanni Cornacchia, dopo che in giornata un malore l’aveva spinto fino al pronto soccorso. Giovanni è stato uno dei migliori prodotti dell’ostacolismo italiano. Sulle barriere era stato avviato alla “Libertas Aterno” (club per il quale gareggiò sempre, salvo una parentesi alla Fiat) da Ciro Quaranta, una delle anime nobili di un’atletica italiana d’un tempo in cui si privilegiavano umanità e valori. Un legame, il loro, che andava oltre le piste, tanto che Giovanni aveva sposato una figliola del suo allenatore, Simona, ostacolista come lui, purtroppo scomparsa in giovane età.

Cornacchia ebbe la sua grande annata nel 1962 quando, a ventitrè anni, divenne il primo italiano a scendere sotto i 14” sui 110 (in una gara organizzata il 5 agosto a Gorizia), vincendo qualche settimana dopo la medaglia d’argento agli Europei di Belgrado. Al termine di quella stagione figurava al sesto posto nel ranking mondiale di “Track&Field News”, immerso in una turba di americani (secondo gli esperti della prestigiosa rivista era ancora nel 1964 tra i primi 10 al mondo). In quegli anni risultava molto accesa la sua rivalità col potente triestino Nereo Svara e, più tardi, con l’elegante veneziano Giorgio Mazza, prima che l’esplosione di Eddy Ottoz mettesse tutti d’accordo. Erano anni d’oro per l’ostacolismo azzurro che aveva nel ruvido Sandro Calvesi il suo profeta. Una foto tra le più significative, scattata nell’aprile del 1963, ferma un 200 ostacoli alla “Pasqua dell’Atleta” di Renato Tammaro. Dall’estrema sinistra si vedono Morale, Ottoz, Mazza, Sar, Frinolli e, all’estrema destra, Cornacchia. Emblema di una storia italiana che sapeva insegnare al mondo.
    Si può ancora ricordare che Cornacchia ha gareggiato in tre edizioni dei Giochi Olimpici arrivando alla famosa finale nel 1964 (che disputò assieme a Ottoz e Mazza). Alle Olimpiadi aveva esordito a Roma 1960 arrivando ai Quarti, e scese ancora in pista al Messico nel 1968. Fu anche tre volte campione nazionale, negli anni pari tra il 1960 e il ’64. Poi, lasciata l’attività agonistica, era rimasto nell’ambiente come tecnico (aveva plasmato il talento di Daniele Fontecchio) e come dirigente (era presidente del CONI provinciale). Aveva anche seguito la preparazione del Pescara di Galeone. Ma più che gli allori e le cariche, troppo freddi per rendere il significato di articolate vicende di vita, vale ricordare la contagiosa umanità e la travolgente simpatia di Giovanni, in anni nei quali nello sport contava molto di più essere uomini che apparire atleti.
Nota antipatica. Il presidente della FIDAL, Arese, ha pubblicato un necrologio sui giornali nel quale ha ricordato la medaglia … di bronzo europea del grande ostacolista. Una maggiore attenzione da parte di chi rappresenta la federazione non guasterebbe: in questo caso si trattava anche di una elementare forma di rispetto.