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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Gianfranco Colasante
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Saro’ greve / Mangiarotti? Edoardo e Dario pari sono!

Lunedì 22 Aprile 2019

 

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Il recupero delle Memorie passa anche attraverso la Sala d'Armi, al Foro Italico, da qualche giorno dedicata ad Edoardo Mangiarotti, alla sua famiglia e alla sua epopea nella spada e nella scherma. 

Vanni Lóriga

Da martedì 16 aprile 2019 la Sala delle Armi al Foro Italico è intitolata a Edoardo Carlo Giovanni Mangiarotti, l’atleta italiano che ha vinto il maggior numero di medaglie olimpiche (13 di cui 6 d’oro) e nei Campionati mondiali per un totale di 26, di cui 13 d’oro. Sono cifre che tutti conoscono e che sono state ricordate nel corso della Cerimonia inaugurale condotta personalmente dal dottor Giovanni Malagò, presidente del CONI. Il quale ha sottolineato come, in una operazione culturale tesa al recupero della Memoria, siano stati intitolati ad Ondina Valla (prima olimpionica italiana) la Foresteria della stessa Sala Armi ed a Vittorio Pozzo l’Auditorium del Palazzo delle Federazioni in Viale Tiziano.

E nel citare il grande CT Unico del calcio italiano, Malagò ha riassunto il suo curriculum nei due titoli olimpici e in quello mondiale. Errore veniale subito corretto da Franco Carraro che energicamente ha sottolineato che i dati vanno rovesciati: due Mondiali 1934 e 1938 e Giochi 1936.

Quando Francesco Rutelli tirava di spada

Poi lo scoprimento della raffigurazione pittorica che rappresenta sullo sfondo di una bianca parete un “affondo” (la fente, come si dice in francese che è la lingua ufficiale della scherma) di Edoardo. Non sono mancati i dubbi e persone informate dei fatti (in testa Carola Mangiarotti, figlia di Edo e della nobildonna Camilla Castiglioni detta Mimi) le quali ritengono che in realtà si tratti di un’azione schermistica attribuibile al fratello Dario … Ai posteri l’ardua sentenza ed intanto l’aver citato Dario ci permette di ricordare le origini della Sala delle Armi.

Quando venne inaugurata nel 1937 su progetto di Luigi Moretti si chiamava Accademia Fascista di Scherma e il suo primo Direttore fu Camillo Rodolfi (Maestro anche di Benito Mussolini), poi sostituito dal grande Nedo Nadi. Fra gli insegnanti nel 1938 ci fu appunto anche Dario Mangiarotti. Ricordiamo, di passaggio, che l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli rivelò, durante una visita al CS Frascati di Roberto Buccione, di essere stato allievo proprio di Dario.

Alfiere, spadista e super-dirigente

Nel corso della manifestazione è stato sottolineato che Edoardo Mangiarotti fu l’alfiere in occasione dei Giochi di Roma, così come lo era già stato a Melbourne 1956. Doppio onore che per i Giochi estivi è toccato solo ad un altro campionissimo del nostro sport, il marciatore Ugo Frigerio (a “doppiare” due sono stati anche nei Giochi invernali: precisamente Gustavo Thoeni e lo slittinista Paul Hildgartner). Ebbi però sempre l’impressione che Edoardo avrebbe gradito pronunciare il Giuramento degli atleti. Nella foto d’apertura, lo vediamo infatti assai compunto (forse contrarato?) mentre Adolfo Consolini lancia al cielo la sua candida ed emozionata promessa.

Compunto e ritengo pensieroso. Edoardo Mangiarotti non solo era in quel momento, ormai quarantunenne, alla sua quinta Olimpiade, ma si presentava con un insostenibile peso sulle spalle. “In realtà – raccontò in occasione del suo novantesimo compleanno – ero anche responsabile della FederScherma, membro, con Renzo Nostini e Gustavo Darè, del ‘triunvirato’ incaricato dalla Giunta del CONI della gestione dopo lo scioglimento del Consiglio Federale presieduto da Nino Bertolaia”.

In realtà dietro quella situazione c’erano movimenti politici che miravano alla caduta di Giulio Onesti. Ed alcuni schermidori, fra cui l’olimpionico Spallino che in certi ambienti era di casa, non parteciparono ai Giochi di Roma. Perché a quei tempi, incredibile a dirsi, i politici voleva magari sostituirsi agli sportivi … Comunque Mangiarotti uscì con pieno onore, perché la spada azzurra a Roma si affermò sia nell’individuale che con la squadra.

Ispirazione e traspirazione fanno il Campione

Non si può chiudere il capitolo sui Mangiarotti senza sottolineare che oltre ai citati Dario, Edoardo e Carola si debbono ricordare il capo-scuola Giuseppe con la moglie Rosetta (che nel 1931 vinse nella spada le Olimpiadi della Grazia) ed il loro terzo figlio Mario.

I Mangiarotti gestiscono a Milano il loro Circolo, il più noto e frequentato d’Italia. E va ricordato che Edoardo per lunghi anni fu responsabile della rubrica di scherma alla Gazzetta dello Sport. Lo aveva ingaggiato Gianni Brera che lo prendeva sempre in giro con la frase milanese: “Tel chi el fighetta della scherma …”.

Una volta, durante i Mondiali Universitari del 1949 a Merano, Edo si stancò e dopo aver scalato a piedi uniti una ripidissima scala saltò, sempre a piedi pari, su un tavolino. E disse a Gioanbrerafucarlo: “Va bene cosi?”. Andava bene, anzi benissimo.

Edoardo, atleta completo prima ancora che campione, era solito ammonire: “La classe è per metà ispirazione e per metà traspirazione …”.

 

 

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