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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / In margine al dissolto calcio nostrano

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Sabato 20 Aprile 2019

 

oxford stadium 2

 

Attraversando il fiume lungo mille miglia

lo sguardo spazia nell’ampio cielo di Chu.

Non bado al vento che soffia,

ai colpi dell’onda.

[Nuotare - Mao Sde Dong, 1958]

Giorgio Cimbrico

Una vecchia poesia del Grande Timoniere, scritta dopo uno dei suoi attraversamenti dello Yangtze (le documentazioni fotografiche sono modeste o dubbie), può accompagnare in questa improvvisata “lunga marcia” dentro lo sport italiano che, malgrado la nuova etichetta stampigliata dal governo, non pare godere buona salute. La scelta dei versi di Mao non è casuale: possono suonare a omaggio della federazione che si stacca dalle altre per successi, struttura, capacità di rinnovamento, attenzione estrema alle promesse, ai talenti che non vanno perduti. La FIN ha una campionessa veterana, capace di attraversare il tempo e le generazioni, un gruppo di atleti di punta, un solido telaio e, sempre pronta, una nouvelle vague.

Riflessioni così, in fondo alla settimana che ha offerto il finale dissolversi del calcio italiano in Europa dopo la sparizione decretata dai nastri di partenza di Russia 2018. Navigare nell’oro offerto da SKY non impedisce alle società di prima fascia di continuare a lamentare fatturati inferiori a quelli dei club che galoppano più velocemente e soprattutto offrendo uno spettacolo più gradevole. Tra l’altro, è una bugia: qualcuno ha calcolato a palmi che il valore complessivo dei giocatori dell’Ajax è più o meno la metà di quanto la Juventus abbia impiegato per acquistare Cristiano Ronaldo, il giovanotto che va all’allenamento con la Rolls Royce versione SUV. Evidentemente la qualità e l’armonia espressa non passano attraverso i valori espressi dal mercato.

Il calcio – come molte altre cose italiane – sta diventando una dimensione sempre più lontana dalle realtà più solide e normali. Mentre a Milano discutono cosa fare di San Siro, il Tottenham costruisce in due anni e mezzo un nuovo stadio da 60.000 spettatori: sull’ultimo mercato gli Hotspurs non erano presenti. Anche l’ultima sterlina doveva essere impiegata per la nuova casa, destinata a trasformarsi in miniera a cielo aperto. Non è il caso di sottolineare che in Italia l’unica società dotata di uno stadio di proprietà è la Juventus cha ha riedificato sulle ceneri del defunto e pubblico Delle Alpi, data di nascita il lontanissimo 1990.

Il resto del panorama è desolante, affidato ai comuni, all’incuria e – a ogni livello -, all’esercizio della memoria spazzata via. L’impianto dove il 4 agosto 1978 Sara Simeoni scavalcò 2,01 viene chiamato la piccola Chernobyl bresciana. E’ chiuso da anni e solo da poco è cominciata un’opera di bonifica delle scorie tossiche. Di recente ho fatto un salto a Oxford e lo stadiolo di Iffley Road, il luogo del miracolo di Roger Bannister, è perfettamente a posto e non un filo di ruggine attraversa la targa che ricorda l’impresa. (foto d'apertura).

Mi è capitato, in anni di pellegrinaggi, di praticare stadi di tutti i tipi e di tutte le dimensioni e posso assicurare che l’Italia occupa posizioni di estrema retroguardia. A occhio, direi che il peggiore dove sia stato è lo stadio della Dinamo Bucarest, simile alla toilette del pub in cui Ewan McGregor precipita in Transpotting, ma, a parziale giustificazione, erano passati solo pochi mesi dalla caduta di Ceausescu.

In Inghilterra gli stadi, giganteschi, medi e piccoli, sono gradevoli perché devono svolgere la loro funzione di luoghi dove passare un “day out”, una giornata fuori, e così quelli vecchi si sono adattati alla bisogna e i nuovi nascono tenendo conto di queste esigenze. In questo senso il nuovo Wembley è la sintesi esemplare: visione perfetta, anche dagli anelli più alti, acustica adeguata, come a teatro o in un’enorme sala da concerto, luoghi di ristoro a seconda delle disponibilità economiche, cioè dal panino al pranzo da tre portate, possibilità di espletare i bisogni corporali senza finire nella palude stigia.

Sta suonando il campanello del fuori tema? Non è detto. La salute di un movimento si misura anche da luoghi in cui va in scena lo spettacolo o, più semplicemente, viene praticata l’attività. E in Italia la situazione non è granché. Ai vecchi, a quelli in sovrappeso e a tutti coloro ai quali, secondo il recente “ukaze”, dovranno andare le attenzioni delle federazioni, potrebbe esser richiesto di dare una mano anche per la salvaguardia, la pulizia e la manutenzione. Nella vecchia DDR succedeva e si chiamava “Mach Mit”, da tradurre in “Fallo con”.

Tutto il resto in pillole, come si scriveva una volta quando ci si trovava di fronte a un meeting che eruttava risultati e non si sapeva bene quali scegliere: la Ferrari continua a non vincere, il rugby non vince mai, l’atletica si affida alla doppia T&T (Tortu padre e figlio, Tamberi padre e figlio), il basket sta per assaggiare un palcoscenico che non calpestava da tempo immemore, canottaggio, ginnastica e scherma vanno avanti nella forza della tradizione e Francesco Molinari, con la sua magnifica possibilità di essere normale, è diventato quel che mai avremmo pensato: uno che vince a Carnoustie e va vicino a vincere ad Augusta, quella della Georgia non la Taurinorum dove Chicco è nato.

 

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