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Gianfranco Colasante
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I sentieri di Cimbricus / Il mondo meraviglioso della U

Mercoledì 3 Aprile 2019

 

metro-london 2

 

La metro londinese è un universo caoticamente ordinato, un incrocio di destini, un 'treno di vita' in cui i personaggi cambiano continuamente, una babele che permette all'umanità di proporre tutti i suoi tipi, tutti i suoi colori, in non più di mezzo vagone.

 

Giorgio Cimbrico


Reduce da un’ennesima esperienza londinese, ho così fortificato la mia cultura e aumentato la frequentazione dell’underground da trasformarmi in guida per italiani incerti sull’itinerario da seguire: di solito si fidano. Non devo neppure sottolineare che se capita di dar consigli a un britannico, la mia soddisfazione si trasforma in eccitazione: bramisco, mi imporporo, mi illumino d’immenso.

L’underground è un mondo meraviglioso: su e giù per le lunghissime scale mobili di Leicester Square, di Piccadilly o sui marciapiedi ci si fa un’idea degli spettacoli e delle mostre alla Royal Academy, al Victoria and Albert, alla National, ma in quei momenti l’aspetto che continua a meravigliare – alla lunga si trasforma in stupore e in affetto – è il meccanismo che governa questa articolata struttura, sino a farmi dire, da perfetto miscredente, che l’unica prova dell’esistenza di Dio, nel senso di motore immanente e provvidenziale, è la U.

Ci sono stazioni che sembrano tratte dalle incisioni di Henry Moore del tempo del blitz quando là sotto si rifugiavano i londinesi per fuggire alle bombe tedesche: piastrellate come certe vecchie case di tolleranza, percorse da un vento umido, greve, profondissime, simili, per cunicoli, passaggi, scale che paiono destinate a saldarsi ad un muro, alle carceri immaginarie di Piranesi. Quando il grande assalto, lanciato da centinaia di migliaia di viaggiatori tra le 17 e le 18, si attenua alcuni di questi luoghi ricadono nel silenzio, rotto solo dagli annunci comprensibili anche a chi con l’inglese ha un rapporto approssimativo. Uno di quei giornalisti che hanno conquistato la fama, ha detto: “potrete dire di sapere l’inglese quando capirete gli annunci della metropolitana”. Non è vero.

La solitudine di chi attende crea degli Hooper di matrice londinese: in quei momenti sale qualche brivido di inquietudine. Dai muri potrebbe trasudar fuori un’entità maligna, un It della metro, una presenza o magari uno spiritello disposto a raccontare storie di viaggiatori perduti, di brevi incontri, di amori sotterranei. E’ in quei momenti che si lancia uno sguardo dietro le spalle o si affina l’udito, alla ricerca di un passo che segue, insegue.

Ma questo capita solo a sera inoltrata. Per il resto la metro è un universo caoticamente ordinato, un incrocio di destini, un “treno di vita” in cui i personaggi cambiano continuamente, una babele che permette all’umanità di proporre tutti i suoi tipi, tutti i suoi colori, in mezzo vagone. L’ultima volta mi sono trovato in mezzo a un gruppetto di controllori: un sikh, un pakistano e no degli inglesi massici e rubizzi, di siur pilone in gioventù.

L’esperienza mi ha insegnato che sulla U si può viaggiare comodi anche nelle ore più impervie: sufficiente evitare le carrozze centrali, spesso turbe dantesche, e scegliere la testa o la coda del convoglio. In ogni caso, si può sempre attendere il prossimo, atteso nel giro di due minuti, a volte tre.

Uscire dalla metro significa usare metodi e strumenti diversi: a Covent Garden, ad esempio, oltre agli ascensori che portano in superficie, c’è un pozzo con scala a chiocciola di 175 gradini. Una volta, quando mio figlio era molto piccolo e io ero molto più giovane, abbiamo affrontato la scalata. Ora non so se ne uscirei vivo.

Mi è capitato di dedicare qualche attimo alle segnalazioni sul traffico. Di recente hanno messo dei display che segnalano se il servizio è buono o viziato da ritardi. Tutto è sempre indicato e gli addetti si servono anche di vecchie lavagne e di pennarelli. In caso di stazioni chiuse per lavori o per allarmi bomba, vengono fornite indicazioni su servizi alternativi svolti da bus o consigli per un itinerario diverso, saltabeccando su altre linee che incrociano la vostra. La U, chi la dirige, chi vi lavora hanno un grande rispetto per chi la usa spendendo quattrini: sembra una terribile banalità e non lo è.

Alla U non buttano via niente: un vecchio tunnel dismesso alla stazione di South Keinsington è stato convertito in strada sotterranea, con uscite per i musei della zona: fa sempre una certa impressione lasciarlo e ritrovarsi nella galleria delle statue e nelle nuove sale dedicate a Buddha del Victoria and Albert.

Un’avvertenza per chi è non è pratico: la U è una slot machine e, a quasi 5 sterline per una corsa semplice, può ridurvi alla miseria già al termine della vostra prima giornata londinese. Vitale acquistare subito una oyster, una tessera da sfregare dolcemente ai tornelli d’ingresso che si apriranno per darvi accesso a questo giardino delle delizie, a questa festa mobile capace di portarvi dentro un caleidoscopio di mondi: prima di arrivare a Hendon, magnifico museo della RAF, attraverserete una città nera, una città ebrea e borghi di campagna dove i gatti sonnecchiano nel bovindo.

Soltanto dopo esser giunto alla conclusione di queste note, sono venuto a sapere che la Metropolitana di Roma ha qualche problema. Me ne dispiaccio, ma sono convinto che tutto finirà per il meglio.

 


 

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