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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Elezione, il tuo nome e' sport

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Sabato 23 Marzo 2019

 

icavallo-rai 

 

Primavera 2019: le prossime elezioni non sono così lontane, bisogna partire per tempo, lanciando le reti, cercando le alleanze, anche le più ardite, Ma questa volta, con la Riforma-Svolta di Giorgetti, è più che mai da andare cauti, pesare e valutare per non finir fregati.

 

Giorgio Cimbrico

Nei paesi normali il presidente non conta un tubo, una cicca. Parlo di due sport che seguo da sempre: il rugby e l’atletica. In Inghilterra la RFU, Rugby Football Union, è un’azienda mostro da 420 milioni di sterline di bilancio consolidato, proprietaria di uno stadio da 82.000 spettatori, e il presidente serve per stringere le mani, presiedere ai banchetti, consegnare medaglie e trofei. Il potere è del chairman, o CEO, o amministatore delegato, uno che di mestiere quello fa. Infatti ce ne sono stati di quelli che venivano dal tennis, dalla Rugby League, dallo stato maggiore che organizzò le magnifiche Olimpiadi del 2012.

Fanno come le nuvole di de André: vanno, vengono, a volte si fermano. E poi ripartono per altri lidi. Magari mettono le mani su un ippodromo e lo rilanciano o trasferiscono un club da Londra a Coventry in un’arena da dividere con il calcio e con sei o sette concerti all’anno o finiscono in quella cornucopia che produce soldi e si scrive Wimbledon, ultima fermata della verde, diramazione sud. Sono dei professionisti. Idem l’atletica: c’è un direttore generale e gli atleti migliori si fanno gli affari loro, assistiti dai fondi della Lottery, solo se li meritano.

L’Inghilterra svolge un volume di sport mostruoso (sufficiente pensare a quella dimensione autonoma che è lo sport universitario: il CUSI dovrebbe dare un’occhiata, nella vita se ne imparano sempre di nuove) e, uno sport per l’altro, le attività locali e di contea fanno rizzare i capelli in testa.

Bene, mai la struttura ha la meglio sulla sostanza, che sono i praticanti, i risultati, i canali di promozione, la ricerca dei talenti. Continuo a ricordare che le due graziose canottiere che vinsero la prima medaglia d’oro del 2012 per il Regno Unito venivano una dall’hockey e dalla corsa campestre e l’altra da un reggimento d’artiglieria. Militare vera, con un periodo in Afghanistan, non distaccata a casa per sempre con la richiesta di tenere la divisa in ordine per la festa annuale dell’Arma o il ricevimento da Mattarella. Non ho preso in esame il modello francese, statalista, piramidale, ovviamente ben organizzato.

Da noi, fedeli a vecchie tradizioni di maschere e pugnali, di alleanze fruttuose o da sciogliere subito averle impetrate, di improvvisi passaggi di campo più o meno come fecero i sassoni a Lipsia lasciando Napoleone in brache di tela, di interessi più o meno mimetizzati, di convenienze, continuano ad aggirarsi i capicordata, i collettori di voti, quelli che come Sparafucile o Leporello sono sempre in cerca del “padron miglior” in una dilatazione dei tempi che finisce per coprire la parentesi del quadriennio olimpico. Elezione, il tuo nome è sport: è lo slogan che turbina nei loro cervelli. E di quello parlano, quello conta.

Dare un’occhiata a quello che è capitato e sta capitando nella politica dello sport italiano, invita a citare il libro di Carlo Verdelli donatomi da una cara amica. “Roma non perdona” – sottotitolo “come la politica si è ripresa la Rai” – è tragicamente comico: c’è una profonda riforma dell’informazione da fare, viene chiamato un professionista (Verdelli), non legato a partiti, circoli, salotti. Dopo un anno e mezzo, più trafitto di San Sebastiano – da sinistra, da destra, dal sindacato, dalla presidenza, dalla commissione di vigilanza, da personaggi che possono prosperare solo in questo paese – si arrende, si strappa via qualche dardo e torna a casa. Oggi è direttore di Repubblica. Non contano le cose da fare e non fatte, conta la posizione, conta la struttura che gettone più gettone meno, trasferta più trasferta meno, continua a vantarsi di praticare un entusiastico dilettantismo.   

Primavera 2019: le prossime elezioni non sono così lontane, bisogna partire per tempo, lanciando le reti, cercando le alleanze, anche le più ardite, Ma questa volta, con la Riforma-Svolta di Giorgetti, è più che mai da andare cauti, pesare e valutare per non finir fregati. Tutto questo, inevitabilmente, porta via tempo, materiale di cui loro, i politici dello sport, hanno abbondanza. E se non c’è, lo si trova: pensate al calcio e alle estenuanti guerre per bande mentre la Nazionale affondava, nessuno metteva mano a riforme vitali e il brago della terza e quarta seria era sempre più spesso e maleodorante. Molto più eccitante impallinarsi, porre veti, andare avanti con strutture anacronistiche.

Il vero sport è il machiavellismo da quattro soldi, la ricerca del privilegio, anche piccolo, il dialogare fitto fitto, per ore, al telefonino con scheda fornita dalla federazione d’appartenenza. Il resto, come diceva il principe di Danimarca, è silenzio. .

 

 

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