Italian Graffiti / Riforma? Proprio tanti i nodi da sciogliere?
Sabato 26 Gennaio 2019
“Il fenomeno dello sport è troppo importante perché la politica non se ne occupi. Esiste una dimensione agonistica di alto livello, una di business, una di educazione e crescita collettiva. La politica ha il dovere di occuparsi in particolare di quest’ultima, con rispetto e senza strumentalizzazioni. Credo e spero di incarnare con umiltà questo spirito, con passione e senza alcun interesse se non l’ambizione di far crescere il movimento sportivo”.*
Gianfranco Colasante
Non so se il suo staff lo abbia riferito al sottosegretario Giancarlo Giorgetti – fulcro del Governo Lega-M5S e anima della “riforma” del CONI (non dello sport italiano, si badi bene: qui la strada sarà molto più lunga e parecchio accidentata) –, ma pare che la sua volontà di innovazioni stia facendo scuola. E al massimo livello. È infatti di queste ore la notizia che su iniziativa del giovane senatore repubblicano del Colorado, Gary Gardner, il Senato degli Stati Uniti ha istituito una commissione di 16 membri per una analisi/verifica sul Comitato Olimpico americano. Come è noto l’USOC, il più antico in circolazione, da sempre dominatore dei medaglieri olimpici, è anche il solo al mondo a non ricevere neppure un cent di fondi pubblici. Ma che non per questo può/intende sottrarsi ai controlli. Come avverrà. Senza che dall’altra parte dell’Atlantico nessuno si sia strappato i capelli nè abbia evocato colpi di mano notturni o gridato all’invasione.
Certo, le due vicende non sono comparabili a pieno: se il C.O. statunitense – che coordina 48 federazioni per lo più olimpiche (a fronte delle 44 "miste" di casa CONI) – può raccogliere a piene mani il lavoro delle organizzazioni studentesche e universitarie, quello italiano resta ancorato a un passato ormai neppure in grado di interpretare. In più, per esemplificazione, si può ricordare che gli americani – in forza del “Ted Stevens Olympic and Amateur Sports Act” risalente al 1978 –, hanno da tempo risolto l’ambiguo rapporto con lo sport professionale, come stanno a dimostrare le quattro ricchissime Leghe “pro” che presiedono in totale autonomia ai loro sport tradizionali: baseball, basket, hockey, football.
Da noi – come hanno ribadito gli Stati Generali di metà mese – nulla di tutto questo. Tanto che, per restare al professionismo, si verifica il caso bizzarro di almeno tre squadre di calcio – che tramite la propria federazione fanno parte del Comitato Olimpico – siano addirittura quotate in Borsa. Caso estremo, la Juventus che – effetto CR7 dicono coloro che ne sanno – dall’inizio dell’anno ha visto schizzare di oltre il 10% il valore delle sue azioni a fronte di una capitalizzazione pari a 1573,9 milioni di euro (dato odierno). Un dato che stride in maniera irridente con i 40 milioni di cui dispone oggi il CONI. Senza dimenticare che il CONI (ente pubblico) ha voluto commissariare la Lega Calcio (società privata) lasciandola nelle mani di un banchiere. Ora, me lo aspetto, qualche giurista vorrà spiegarci che queste cifre non sono comparabili: ma era solo un paradosso per sottolineare una delle tante incongruenze che oggi ostacolano uno sviluppo armonioso dello sport nazionale, di fatto già “spalmato” su tre livelli, ma che ancora attende un vero riconoscimento giuridico (a quando una legge-quadro che metta un po’ d’ordine, casomai aprendo nuovi spazi a favore della scuola primaria?).
Ecco, a mio modo di vedere gli Stati Generali (che, sia detto per inciso, proprio tanto bene non portano come insegnerebbe qualunque professore di scuola media), potevano fornire l’occasione per una presa d’atto dell’esistente, ma con il cuore e l’immaginazione rivolti al futuro, e non per una immusonita reazione all’inevitabile. Una occasione per rivedere carte e progetti, armonizzandoli alle realtà in divenire del XXI Secolo, senza accucciarsi con l’elmetto dietro il muretto sbrecciato del “modello italiano” anni Sessanta, peraltro mai veramente esistito o da qualcuno imitato. Come ancora capita di sentire o leggere.
Sono passati diversi giorni da allora e adesso che la polvere del risentimento s’è posata, vorrei azzardare alcune considerazioni che pare siano sfuggite. Ma che possono aiutare a riportare le cose nell’alveo della realtà.
• Alla fiera dei contributi – Si può contestare quanto si voglia, ma un merito innegabilmente la "riforma" ce l’ha: restituisce alle federazioni la loro funzione primaria nell’organizzazione e nella promozione della propria disciplina. Sono loro che, nel bene e nel male, formano e dispongono degli atleti che costituiscono il fattore trainante dell’intero movimento. Al CONI - che non ha alcun atleta tesserato - spetta la funzione del coordinamento. Una funzione molto importante che non va vista come una punizione o una diminuzione di ruolo. Ma interpretata.
Questo nuovo scenario finisce inevitabilmente col rimettere sul tappeto la questione dei “contributi” alle stesse federazioni, leva che il CONI, almeno fino allo scorso novembre, ha utilizzato a suo piacimento e con una certa disinvoltura. Si offende qualcuno se ricordo che per il 2019 il CONI ha assegnato al Calcio 30 milioni e 422.000, come dire più dei 29 milioni e 460.000 sommati tutti assieme da Nuoto, Atletica, Sport Invernali, Ciclismo, Scherma e Pallavolo: come dire le 6 federazioni anima dello sport olimpico, mentre il Calcio resta l’unica disciplina che ai Giochi può andarci solo e quando ci riesce con i giocatori della U-23?.
“Contributi” che ora – proprio per questo e per qualcosa in più – necessitano di un opportuno “tagliando”: vedremo se e come con il contributo operoso del CONI stesso. Ma è un dato di fatto che ad oggi almeno 5/6 federazioni dispongono di un bilancio superiore a quello che Sport e Salute SpA riconoscerà allo stesso Comitato Olimpico. In una recente intervista il patron del tennis Angelo Binaghi – che non pochi bookmakers indicano come futuro presidente del CONI stesso – ha ammesso che la sua federazione “dopo la FIGC ha il bilancio più importante, 65 milioni contro i 10” che c’erano in cassa al momento del suo arrivo. Per inciso il contributo CONI per il Tennis è "solo" di 4 milioni e 300.000. Tanto per chiarire di cosa parliamo.
Se è vero che il mondo cammina, anzi corre, sarà opportuno ingegnarsi tutti assieme a ché il tutto non si risolva in una semplice spartizione dei pani e dei pesci o in una distribuzione di poltrone, poltroncine o strapuntini. Sarà compito della nuova governance di S&S, che – parole di Giorgetti – sarà operativa ad aprile. Ed è lo stesso pragmatico Giorgetti ad anticipare che i criteri di erogazione dovranno essere rivisti e che, ad esempio, il numero dei praticanti dovrà avere la sua valutazione e il suo peso. Vedremo, perchè anche qui ci sarebbe qualcosa da aggiungere.
Nel frattempo, negli ultimi giorni dell’anno, in una delle sue semi-misteriose comunicazioni, il CIO ha fatto intendere che sarebbe in atto una riflessione sulla collocazione delle federazioni internazionali nella distribuzione dei fondi dei diritti televisivi. Come è noto, le federazioni internazionali sono articolate in cinque fasce corrispondenti a livelli decrescenti di finanziamento. Per gli sport estivi, in prima fascia il CIO colloca Atletica, Ginnastica e Sport Acquatici; in seconda Basket, Calcio, Ciclismo, Pallavolo e Tennis. In quinta ed ultima si trova il solo Pentathlon cui da poco fanno compagnia i nuovi ingressi olimpici, Golf e Rugby. Ma quello che più colpisce è un’affermazione del presidente Thomas Bach: “lo sport va dove vuole la gente”. Assunto che è all’origine della sua ossessione per gli sport “giovani” e “urbani” che stanno appesantendo oltre misura i programmi olimpici, sia estivi che invernali. Ma che sono in linea con i mutamenti della società, non solo sportiva. Anche di questi scenari si dovrà tener conto nella valutazione dei contributi alle federazioni italiane.
• “Le riforme non sono mai dolci”, Giorgetti dixit. Il presidente Malagò si è detto più volte amareggiato di come con la nuova legge del 30 dicembre 2018 il CONI sia stato ridotto a poco più che un’agenzia di viaggio (immagino che si riferisse ai viaggi olimpici, con la lussuosa Casa Italia annessa). Non è proprio così, perché – come precisa lo Statuto – la S&S terrà conto degli “indirizzi generali in materia sportiva adottati dal CONI in armonia con i principi dell’ordinamento sportivo internazionale”. Troppo poco?
Io penso che per rispondere a tono il CONI dovrebbe compiere una rapida azione di riconversione, con capacità e fantasia. Anche per fugare ogni ambiguità o sospetti che da noi è buona abitudine evocare. Lo stesso sottosegretario, in un’intervista radiofonica sulle frequenze di GR-Parlamento, ha detto: “Il CONI continuerà a fare la sua attività, in piena autonomia, dal punto di vista sportivo e di alto livello". E ancora: "Il Governo ha cercato di correggere le carenze di un sistema che nel corso dei decenni aveva finito con l’assommare forse troppo potere autoreferenziale in capo al CONI”. Vi paiono affermazioni esagerate?
Semmai, nella inevitabile (e auspicabile) ricomposizione del matrimonio tra CONI e Federazioni, da testimoni dovranno fare il buon senso e il rispetto reciproco. A parole più volte annunciati, ma nei fatti ancora da verificare. Non per nulla, agli Stati Generali – sport, ultima frontiera ... – brillavano per la loro assenza, giustificati o meno, i presidenti delle maggiori federazioni: Calcio, Basket, Pallavolo, Nuoto, Sport invernali, Tennis. Assenze che non aiutano e che sembrano ribadire ancora una volta l’insopprimibile tendenza nazionale a correre in aiuto del vincitore. Come possono leggersi diversamente le parole dell’ex-presidente del CONI Petrucci quando dice: “Considero Giorgetti il miglior interlocutore che il mondo sportivo potesse trovare”. Un dettaglio sgradevole se ricordo che Petrucci è al CONI dal 1° febbraio 1966 (ancora prima della nascita del sottosegretario Giorgetti)? Quando si dice il rinnovamento, ...
Che invece ci sia bisogno, anzi necessità, di aria nuova è un fatto difficilmente contestabile. Tanto più, qui lo ricordano in pochi, che da almeno una ventina d’anni il CONI aveva già perso la prerogativa di formare e imporre le squadre olimpiche (chi non ricorda Arrigo Gattai per Seoul '88?). Compito quest’ultimo che – stando alle norme CIO – restano oggi di stretta competenza delle federazioni internazionali che stabiliscono tornei di qualificazione e stilano rigidi ranking di ammissione. Se non sei dentro, se il posto non l’hai conquistato sul campo, ai Giochi non ci vai. Al CONI, come agli altri 200 e passa Comitati Olimpici, in questa operazione spetta solo un ruolo notarile. Semmai col compito determinante di impegnarsi a sostenere il difficile percorso verso i Giochi.
Così stando le cose, Malagò – che ancora spera nelle modifiche dei decreti attuativi – dovrà ora affrontare una sfida nuova, tanto stimolante quanto difficile, viste le scarse risorse umane di cui dispone (e qui mi riferisco alla qualità, non alla quantità, dei suoi collaboratori, pochissimi dei quali temprati al fuoco degli scenari internazionali). E che soprattutto siano capaci, tutti assieme, di reinventarsi con umiltà un’anima e una missione. Casomai con uno sguardo a una modesta promozione "culturale" di tutto l'apparato. Ne sarà/ne saranno capace/i?
* Dalla lettera aperta del sottosegretario alla presidenza
Giancarlo Giorgetti a Marco Tardelli (La Stampa – 19 Gen 2019).
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