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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / L'atletica era il suo orizzonte

Venerdì 18 Gennaio 2019

 

giovannini 2

 

Pibblichiamo, con pudore e rispetto, questa lettera di addio del nostro Cimbrico, pensieri commossi a ricordo di Alessio Giovannini, un giovane che troppo presto ha lasciato questo mondo e l'atletica.

 

Giorgio Cimbrico

 

Molti non lo dimenticheranno, molti non potranno dimenticarlo. Alessio era quello che guardava le gare e a traguardo raggiunto, a salti e lanci ultimati, si alzava dopo aver radunato il suo armamentario che con il tempo aveva arricchito di nuove diavolerie e si dirigeva verso quell’ambiente confuso e sudaticcio, la zona mista. Ne tornava sempre con trofei che divideva on tutti quelli che ne erano interessati: i vecchi prendevano febbrili appunti con penna e taccuino, i più giovani e tecnologici o gli assenti attendevano che lui riversasse tutto, parole e immagini, sul sito della FIDAL che diventava un grande contenitore da cui attingere tutto quello che era utile al lavoro.

Alessio aveva un viso strano, a volte aveva un sorriso enigmatico, a volte non sapeva nascondere la gioia forte che provava per una vittoria, per un piazzamento insperato, per una promessa su cui lui aveva scommesso e che diventava realtà. Era uno dell’atletica, della grande provincia dell’atletica, da sempre. Ricordo che una volta mi raccontò di quando, poco più che ragazzo, giovanissimo dirigente era il capo-spedizione di rappresentative giovanili marchigiane. La stellina era Gian Marco Tamberi, a quel tempo ancora imberbe. Quando parlava delle ascensioni di Gimbo, dei suoi voli, delle sue cadute, pigiava su tasti pieni di affetto.

In quest’ultimo mese sono riuscito a parlare con lui come ci è capitato di fare negli ultimi sette anni. Non così di frequente, ma abbastanza perché il legame rimanesse saldo. Era tornato ad avere la sua voce e così abbiamo lasciato perdere la malattia e abbiamo parlato di atletica, dei Mondiali, di Tokyo, delle prospettive, di quel che sarebbe accaduto. Io pensavo: sta male, ne uscirà debole, dovrà riguardarsi, fare una vita regolata, non potrà più andare su e giù per i gradini e i gradoni, ma ci sarà ancora.

Venerdì la voce era flebile e così le ultime parole che mi ha detto sono state: ieri ho dormito tutto il giorno e ora sai cosa faccio? Mi metto a dormire: E io: ti richiamo. Sabato ho provato a chiamarlo e c’era la segreteria telefonica, idem domenica e lunedì. E così ho cominciato a capire. Anche in Simona ho avvertito le mutazioni della voce: preoccupata quando lo hanno ricoverato, più sollevata quando lo vedeva mangiare, provare a muoversi, accogliere lieto chi andava a fargli visita, spogliata, nuda quando martedì mi ha detto: non possiamo che sperare.

E ora penso che non comporrò più quel numero, che non invierò più e-mail a quel suo indirizzo, penso che non lo vedrò più alzarsi e dirigersi verso la zona mista, penso anche che mancherà a tutti gli azzurri, giovanissimi, giovani, meno giovani che hanno avuto a che fare con lui in questi anni di lavoro, di impegno che Alessio ha affrontato con l’adesione che provava per un mondo che non considerava suo. Lo era e basta. Addio, caro amico, quasi figlio.

 

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