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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Saro' greve / Due ulivi per ripartire (da Formia)

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Sabato 20 Ottobre 2018

 

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“Dobbiamo buttare l’acqua sporca salvando la bambina atletica …”.


di Vanni Lòriga


A Formia, nello splendido giardino che fu della Regina Elena, svettano ora (“fra gli aranci e la menta”, avrebbe detto Federico Garcia Lorca) due solidi ulivi intitolati a Eddy Ottoz e a Giuseppe Gentile. Sorgono a pochi metri delle due statue dedicate ad Ugo Frigerio ed a Luigi Beccali, le prime medaglie d’oro dell’atletica leggera italiana. Gentile ed Ottoz sono stati festeggiati a distanza esatta di mezzo secolo da quel 17 ottobre 1968 quando, nel corso dei Giochi della XIX Olimpiade, salirono sul podio, entrambi al terzo posto con tanto rammarico perché meglio avrebbero meritato.


Le imprese messicane (24 record mondiali, il tartan, l’altitudine) sono state rievocate con adeguato e talora inedito supporto televisivo da Marco Franzelli e rivissuti nei racconti dei due atleti.

Renato Funiciello cronometrista


Peraltro integrati dai ricordi di Gianni Romeo, allora giovanissimo inviato de La Stampa, e di chi scrive queste righe. Seguii quei Giochi da un centro di ascolto situato al settimo piano della sede del Corriere dello Sport. Eravamo in quattro: al mio fianco (seguivo la TV) c’erano Augusto Frasca collegato ad una super radio; Renato Funiciello che prendeva i tempi di passaggio; Giorgio Lo Giudice che ci teneva allegri e che praticamente sapeva vita, morte e miracoli di tutti gli atleti azzurri e Giuseppe Bentivoglio.


Chi era costui? potranno chiedersi i nostri lettori. Era un giovane di grande talento che poi cambiò strada entrando nel giro dei parolieri, anche di Fabrizio de André. Per noi intervistava telefonicamente i familiari dei nostri atleti impegnati al Messico. Se la cavava bene.

È l’Atletica il discorso fondamentale


A fine Giochi il direttore Antonio Ghirelli scrisse un editoriale sottolineando come l’Atletica fosse la cosa fondamentale, Allora apriva i Giochi e già nella seconda settimana se ne sentiva la mancanza… Sarà un caso, ma adesso l’Atletica chiude la manifestazione olimpica.

Torniamo ai festeggiati. Giuseppe Gentile, due record mondiali nell’intervallo di poche ore, sottolinea con logica matematico-filosofica (degna del nome che porta) soprattutto l’occasione sfumata nel quinto salto che non riuscì a chiudere con il giusto equilibrio e che avrebbe potuto sigillare la incredibile tenzone.

Ma la stoccata finale, del tutto a sorpresa, viene inferta da Eddy Ottoz. Nell’ Aula Magna della Scuola di Atletica Bruno Zauli c’erano i presidenti Gianni Gola, onorario, e Alfio Giomi in carica che ha risarcito i due campioni con la consegna di una medaglia d’oro: ora per allora!

C’era tutta l’atletica: atleti olimpici da Tito Morale a Frinolli, da Fava a Cindolo, da Risi a Pavoni fino a tutta la schiatta Ottoz-Calvesi (Lyana, Pilar, Laurent, Patrick); tanti Tecnici con in testa Elio Locatelli; Segretari Generali storici (Barra, Carabelli e Candeloto). Il quale Nik fu anche Direttore della Scuola formiana ed è stato il demiurgo dell’evento che ha legato Messico 1968 a Formia 2018, sottolineando che sono trascorsi “50 anni ma sembra ieri…”

La lezione di Ottoz


La “lectio magistralis” di Eddy Paul Ottoz ha stimolato tutti a battersi per un futuro che sia all’altezza del nostro passato atletico. La sua prolusione rispetta i tempi ed i modi delle corse ad ostacoli. Esce dai blocchi con la consueta energia risalendo alle radici dello sport moderno.

Ci rammenta che esso nacque nel “grande parco tra il Botanical Garden ed il Christchurch College” dove Lewis Carrol insegnava matematica antitradizionalista e, fra una lezione e l’altra, scriveva “Alice’s Adventures in Wonderland”, entusiasmando la Regina Vittoria che volle tutte le opere del suo scrittore preferito. Ci rimase di princisbecco, la sovrana, quando ricevette ponderosi trattati di matematica sublime. Proprio in quell’ambiente fu concepito un tipo di sport che si contrapponeva a quelli prettamente marziali dei militari. Ed ecco l’Atletica praticata per il semplice gusto del gratuito confronto in cui ognuno tende non solo a superare l’avversario, ma soprattutto a migliorare se stesso. Uno solo è il vincitore, ma tutti possono progredire, superando appunto i propri limiti personali.

Si tratta di un processo culturale che nasce nelle Università e che invece nei nostri Atenei è ignorato se non proprio avversato.

E parlando di Scuole bisogna ricordare che proprio Formia nacque, per volere e determinazione di Bruno Zauli, come centro di formazione per l’Atletica Leggera. Ed Eddy Ottoz auspica e propone che il Centro di Preparazione Olimpica Bruno Zauli diventi il motore insostituibile per la rinascita dell’Atletica Leggera Italiana.  “Dobbiamo buttare l’acqua sporca salvando la bambina atletica …”.

Enrico Fermi, il Nobel che amava lo sport

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Si fa iniziatore di un movimento di rinascita dello sport fondamentale. Potranno aderire tutti coloro che lo amano, che non abbiano ambizioni elettorali, che possano formulare proposte costruttive. Il punto d’incontro sarà proprio la Scuola di Atletica Leggera “Bruno Zauli”. Ha elencato le differenze d’impegno sportivo nelle Università di tutto il mondo e lo zero assoluto in quelle italiane che ritengono inconciliabili studio ed attività atletiche.

È vero semmai il contrario e ce lo conferma il recente libro di David Schwartz, “Enrico Fermi - L’ultimo uomo che sapeva tutto”. In circa documentatissime 600 pagine ci sono moltissime testimonianze che il Premio Nobel 1938 per la fisica era un grandissimo praticante di sport, dal quotidiano tennis, alle marce in montagna, al ciclismo, alle arrampicate, alla corsa. Tanto che nella copertina lo vediamo intento al footing su una spiaggia. Sempre in testa perché, lo conferma questo libro, pochi reggevano il suo passo, E tutto questo non gli impedì di diventare “il più grande scienziato italiano dei tempi di Galileo”.

Pensiamoci. Possiamo essere tutti utili alla causa.

 

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