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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Fatti&Misfatti / Ciao Lienhard, canturino vero

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Domenica 23 Settembre 2018

 

lienhard 2

 

"Non piangiamo per Bob. Se ne va un grande. Sarà il nostro santuario come tanti che hanno fatto la storia del cantuki".


di Oscar Eleni

Gli abbiamo voluto bene perché sul campo da basket era una roccia e fuori un uomo meraviglioso. Ciao Bob Lienhard, Roberto Luigi, nato a New York nel 1948, brianzolo del Bronx, che a 70 anni ci hai lasciato. Abbracciamo tutti i veri tifosi di Cantù che lo amavano anche più di noi perché dentro le righe del campo era davvero bello vivere la sua battaglia e tutti gli avversari sapevano che non sarebbe stato facile girargli intorno, rubargli la palla che Pierluigi Marzorati sapeva far arrivare nelle mani di quell’omone di 208 centimetri, 110 chili aumentati dalla sua passione per la cucina, il salame brianzolo.

Era arrivato in Italia dopo aver preso una laurea in economia all’università della Georgia dove aveva giocato 4 anni per i bulldog. Lo avevano chiamato dal Simmenthal, la grande rivale di Cantù. Ma poi Rubini e Gamba scelsero di prendere Arturo Kenney, altro gigante di New York, una roccia rossa come la maglia della squadra di Milano. Per sua fortuna fu visto da Aldo Allievi, il presidente di Cantù, anima grande che ora per primo accoglierà Bob nella casa della gloria lassù dove chi ha fatto davvero la storia del basket italiano litigherà ancora per avere il meglio, da Porelli a Rubini e, naturalmente al sciur Aldo. Fu Cantù a fare l’offerta giusta per questo omone che non trovando gente che parlava inglese diventò presto un magnifico brianzolo che sapeva il dialetto, amava tutto di questa Italia che noi, invece, spesso, disprezziamo e nel 1978 divenne cittadino della Repubblica: “la scelta di Milano fu la mia fortuna, ho vissuto 18 anni a New York, quattro ad Athens dove c’era l’università della Georgia, ma sono canturino fino al midollo”.

Lui la spalla per i magnifici ragazzi della cantera canturina, una meraviglia che i ricconi di oggi neppure sanno immaginare per un basket italiano impoverito e rissoso, lui il faro al centro del sistema per le intuizioni dal Pierlo e Della Fiori che da Bob succhiava la linfa della battaglia. Con loro vinse lo scudetto nella stagione 1974-75, era l’unico straniero quel numero 13 che teneva a battesimo Tombolato e Meneghel, che faceva blocchi imperiali per il gattino Recalcati, dava entusiasmo ad un drago come Farina, rendeva armonico il gioco del professor Arnaldo Taurisano, uno dei grandi nella storia di questo gioco in Italia. Prima dello scudetto tre coppe Korac, dominio europeo di casa Allievi dal 1973 al 1975, l’anno della coppa Intercontinentale, prima di vincere nel’77 e’78 due coppe delle coppe.

Pensando a lui accarezziamo il ricordo delle coppe Korac, le mani del grande rosso della scuola slava, era il trofeo più ambito in quegli anni dopo la coppa campioni. Lo scultore aveva lavorato riproducendo le mani di quel campione e Bob ci teneva moltissimo, ma anche noi quando Allievi regalò ai giornalisti la riproduzione perché erano tempi dove tutti remavano dalla stessa parte, senza liste nere, nasini all’insù. Famiglia come ricordava Roberto, figlio di Aldo, che per questo basket ha fatto meraviglie. E Bob Lienhard era della nostra famiglia anche se ci si prendeva in giro perché lui, davvero, era diventato brianzolo a tutti gli effetti e quando Corrado, l’uomo del Pianella perduto nella steppa e poi presidente a Cantù dopo gli Allievi, lo prese a lavorare nel suo studio gli consentì di giocare ancora nelle serie minori, prima Treviglio (1980-1983) poi a Monza per altre tre stagioni prima del ritiro nel 1986.

Non piangiamo per Bob. Non avrebbe voluto. Se ne va un grande, 199 partite per Cantù, 3352 punti. Era la roccia, sarà il nostro santuario come tanti che hanno fatto la storia del cantuki, perla cestistica nazionale.

 

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