I sentieri di Cimbricus / Volatilita' delle opinioni #condivise
MercoledĂŹ 4 Luglio 2018
Ormai bastano una foto o un tweet per scatenare feroci dibattiti. Ma per fortuna tutto si esaurisce in poche ore.
di Giorgio Cimbrico
Manipolazione, volatilitĂ , autosuggestione, nulla infiorato (formula conservata da un vecchio pezzo di uno spietato critico cinematografico, Goffredo Fofi): è su questi postulati, saldi come pilastri di sabbia umida, che si regge il mondo intorno a noi. Il consiglio generoso e appassionato è: raggiungete Sangri-la, TimbuctĂš, lâultima Thule, le Ebridi (quelle vecchie sono ventose e alcoliche; quelle nuove, tropicali) o, senza spingervi troppo lontano, qualche traversa di valli alpine o appenniniche e, dopo esservi assicurati che in quel luogo esiste la âpax informaticaâ o meglio un meraviglioso vacuum, posate lo zaino, rassettate il vostro rifugio e pensate a tutto quel che avete dovuto digerire in questi anni di cani che hanno incalzato come una muta ringhiante, impedendo di riflettere, di tenere in ordine le idee, di abbozzare unâanalisi, di permettersi il lusso di pensare, di avvertire, piĂš che crepe, le voragini che si aprono sotto i piedi, come in certi film del filone catastrofico.
Proprio in questi momenti sento che a Torino sono in corso avvistamenti di Cristiano Ronaldo: un paio di millenni fa è accaduto in Palestina per GesĂš risorto e molti grandi pittori hanno dipinto lâepisodio passato alla storia della religione e dellâarte come âla Cena in Emmausâ. In questo caso, non il magnifico blu di Tintoretto, non lâoscuritĂ , da cui emergono le figure, di Caravaggio, ma solo qualche torbida immagine scattata con il telefonino che è compagno sempre piĂš fido in percorsi che non sono labirintici, ma solo persi nel vuoto della mente.
Non male neanche il caso delle quattro ragazze azzurre e all blacks che vincono la 4x400 ai Giochi del Mediterraneo a Tarragona, la romana Tarraco. Per suscitare il turbine, per promuovere la nascita di quelle robe con il cancelletto che non ho mai capito cosa siano, per sdegnarsi, per congratularsi, per applaudire e fare buuh, è sufficiente una foto abilmente messa in circolazione per tenere acceso lo scontro politico. Naturalmente chi crede di partecipare al dibattito, forse a una crociata, non sa cosa sia la 4x400, chi siano le quattro ragazze, cosa siano i Giochi del Mediterraneo, ma questo non è importante. Ă bastato un pugno dâore e puff, tutto sparito, attendendo che qualche maitre Ă penser scovi qualche altro osso da lanciare. Il mondo dâoggi è volatile come un gas esilarante: euforia breve. Meglio due dita di malto buono e torbato: la meditazione riesce meglio, piĂš in profonditĂ .
Di buono, in questa vicenda, è che lo sport dimostra di esser sempre avanti alla politica o meglio, agli uomini della politica e ai loro Sparafucile (vedi Rigoletto). In questo caso sto parlando dellâatletica italiana, eccellente esempio di integrazione da anni, ormai. Quanto agli esempi storici, si sprecano: se il primo giocatore nero nella nazionale di calcio inglese, Vivian Anderson, esordĂŹ quarantâanni fa, il primo capitano nero degli Springboks, Siya Kolisi, è andato in campo giusto da un mese, a quasi ventâanni dalla memorabile giornata di Johannesburg quando Mandela indossò la maglia piĂš odiata dai neri. Ventâanni sono un lungo tempo, ma provate a pensare cosâera il Sudafrica bianco e finirete con ammettere che si tratta di un miracolo.
In questi giorni, chiacchierando con i soliti amici, pochi e fidati, mi è capitato di ricordare che agli Europei di Spalato 90 la Francia strappò il record mondiale della 4x100 agli USA. I frazionisti erano Moriniere, Trouabal, Sangouma, Marie Rose. Il giorno dopo lâEquipe non scrisse nĂŠ titolò che aveva vinto la Francia nera, ma che aveva vinto la Francia. E ricordo anche che tre anni prima, a Lievin, dopo che Marie Rose aveva volato i 200 indoor in un nuovo record mondiale, qualcuno, non francese, gli domandò se veniva dalla Guadalupa, dalla Martinica e lui rispose: âSono di Bordeaux, lo era giĂ nonno, tanti anni faâ.
Ora, non è che i francesi siano perfetti. Alle spalle hanno errori e, se andiamo a dare unâocchiata a esempio alla guerra dâAlgeria, anche molti orrori (il vecchio Le Pen può essere un attendibile testimone) e se vi capita di inoltravi nelle banlieue non câè da stare allegri, ma nessuno può negare che la societĂ sia multietnica e lo sport ancora di piĂš. Ventâanni fa, durante i Mondiali di calcio, mi è capitato di andare alcune volte a Clairefontaine che è la loro Coverciano e un giorno ho fatto due chiacchiere con un allenatore federale che era molto orgoglioso di aver allevato qualche decina di ragazzi che, parole sue, campioni non erano ma si guadagnavano da vivere, specie in B. i ragazzi venivano da situazioni e ambienti difficili e per la maggior parte erano neri e maghrebini. Di lĂŹ a poco la Francia vinse il Mondiale con bianchi, neri, arabi, un armeno, un calmucco, un kanako dellâOceania, due baschi.
A questo punto, rimanendo in Francia, viene la voglia di tirare in ballo il quadro di Delacroix: la LibertĂ guida i popoli: la LibertĂ ha il berretto frigio e due belle poppe. Ecco, una volta capitava che la gente sâincazzasse e di solito finiva malissimo (pensiamo alle jacquerie, con mucchi di contadini morti ammazzatI), ma almeno era riuscita a incazzarsi e per farlo magari si era fatta infiammare, ma di solito aveva discusso di pane, di fame, di libertĂ elementari.
La malleabilitĂ dâoggi dipende dalla manipolazione che subiamo passo dopo passo, attimo dopo attimo. Consiglio la lettura di Gandhi che per tornare a formare lâanima e il cervello di un popolo, parlava di cose semplici: sale, acqua, cotone. Disubbidire, oggi, è non vedere Cristiano Ronaldo e ridere in faccia a chi dice di averlo visto e fotografato. Quella risata forse riempirĂ un poâ di quel vuoto, chissĂ .
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