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  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Sport Universitario / Dopo la "chiusura" del CUS Roma

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Sabato 22 Giugno 2018

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Come è noto il centro universitario ha chiuso i battenti. Alimentiamo il dibattito con un intervento del "past president". 


di Alberto Gualtieri

Gentile Direttore, ho lasciato la Presidenza del CUS Roma nell’autunno del 2010. Le benevole pressanti richieste da parte della stragrande maggioranza dei Soci che componevano l’Assemblea Societaria, nelle cui mani rimettevo il mio mandato di Presidente e che mi invitavano a mantenere la carica, non cambiarono la mia decisione ormai presa da tempo. Così come, da allora, i continui inviti, da parte del mondo sportivo romano in particolare, di esprimere la mia opinione sulla progressiva scandalosa distruzione a cui il CUS Roma veniva sottoposto, mi hanno trovato sempre riluttante per varie ragioni.

La prima di queste ragioni riguardava la mia difesa di fronte ad accuse e calunnie inventate dall’Università allora gestita dal Rettore Luigi Frati e dal CUSI del fu Leonardo Coiana, atte a giustificare una malevole pressione sul sottoscritto per lasciare la carica e permettere loro di operare sul CUS e sull’impianto di Tor di Quinto a proprio piacimento. Non a caso la gestione della nostra Società fu affidata a personaggi compiacenti e a circa sei anni di un altrettanto compiacente infinito Commissariamento CUSI di cui non si vede ancora la fine e lo scopo. Commissariamento nel quale si sono succeduti personaggi che rispondono ai nomi di Nasciuti, Leone, Cirianni ed altri.

In quelle condizioni era difficile dire qualcosa a proposito delle responsabilità di quanto stava avvenendo al CUS. Un mondo come il nostro è sempre purtroppo pronto ad affermare che “la colpa” è dell’altro. Ho quindi scelto di aspettare che la Giustizia, alla quale era stato sottoposto il giudizio su queste responsabilità facesse, come si usa dire, il suo corso.

Ed il corso della Giustizia nel nostro Paese non è certamente breve. Dopo 7 anni però la Magistratura ha emesso sentenze passate in giudicato nelle quali si dichiara che le accuse e le ipotesi di “mala gestio” imputate dal Rettore Frati a Gualtieri non sussistevano e che la richiesta di rimborso per danni da parte del CUS/CUSI era inventata, mentre invece era il Gualtieri che per questa vicenda doveva essere rimborsato con una congrua somma di danaro, regolarmente ricevuta.

Giustizia era quindi fatta. Avevo deciso di dimenticare questo segmento non certo gioioso della mia vita continuando ad occuparmi della mia seppure ridotta attività sportiva universitaria internazionale. Magari gettando di tanto in tanto uno sguardo sull’attività del CUS e sull’impianto di Tor di quinto.

La tua sensibilità di appassionato di sport, caro Direttore, che ha voluto porre all’attenzione pubblica la triste fine della nostra Società anche a seguito di un puntuale articolo del “cussino” Giorgio Lo Giudìce sulla Gazzetta, mi costringe a risvegliarmi dal mio rilassante torpore.

Perché l’impianto di Tor di Quinto non è solo uno delle più belle e funzionali strutture sportive della Capitale ma ha costituito per un lungo periodo l’oggetto della speranza di migliaia di sportivi romani universitari e non, per poi divenire un vero e proprio Centro polifunzionale di attività sportiva federale ed amatoriale per tutte le età, dai mini agli old.

Quell’impianto è stato infatti per anni il sogno di tutta l’attività del CUS e degli studenti. Si è atteso per un ventennio l’inizio della sua realizzazione, da quando nel 1963 l’allora vice-presidente del CUS Roma Mario Pescante fece domanda all’Intendenza di Finanza per l’acquisizione di un’area golenale di circa 10 ettari da assegnare all’Università La Sapienza, fino a quando due illuminati uomini pubblici, il Rettore Ruberti e l’Assessore comunale Pierluigi Arata, non decisero, subissati dalle richieste continue del Presidente del CUS Gualtieri, di districare i gomitoli burocratici e gettare la prima pietra del complesso sportivo.

Da allora l’impianto è cresciuto, ingrandito, strutturato. Ha ospitato manifestazioni sportive mondiali ed europee, è stato messo prioritariamente a disposizione degli studenti ma anche della cittadinanza romana e persino del mondo (gli atleti dei Campionati Mondiali di Atletica del 1987 si allenarono anche sulla pista di Tor di Quinto) curato quotidianamente con affetto e con grandi equilibrismi economici come una delle grandi risorse sportive della Capitale.     

Nel frattempo la Società sportiva CUS Roma, godendo dell’eredità di chi aveva fondato e sviluppato lo sport a Roma negli anni Cinquanta e Sessanta, continuava ad essere una Polisportiva gloriosa che percorreva la sua strada, ogni giorno dovendo superare gli ostacoli che i cambiamenti sociali presentavano con le ovvie ricadute economiche.

Se avremo il tempo (la voglia c’è), forse riusciremo a fare una storia del CUS Roma fin dalle sue origini. Una storia estremamente difficile non tanto per la sua lunghezza ma quanto per l’immensa ricchezza di persone, vicende, titoli sportivi ed umanità che ne hanno connotato l’esistenza.

Qualcosa qui va però ricordato. Nel 1986 fu istituito un premio da CONI, Alitalia e Rai per la migliore Polisportiva Italiana. Lo vinse il CUS Roma che quell’anno aveva guadagnato la promozione nella massima divisione con la Pallavolo maschile, la Pallacanestro femminile ed il Rugby oltre ad altri conseguimenti. Nel frattempo sulle piste e sulle pedane la storia dell’Atletica Leggera del CUS continuava, raccogliendo l’eredità dei nostri atleti olimpici e primatisti anche mondiali e con nomi come Tilli, Antibo, Brunet, Capriotti, Cirulli e tanti altri campioni.

Questa nobiltà sportiva, magari con una più ridotta attività divenuta sempre più onerosa, l’abbiamo difesa con tutte le nostre forze fino al famoso 2010. E nulla ha potuto chi venuto dopo di me, un qualificato Dirigente di nome Claudio Peruzza, che si è visto Commissariare senza nessuna ragione dopo appena due mesi di gestione.

Ed alla fine l’impianto di Tor di Quinto chiude. La speranza ora si traferisce sull’Università che, giustamente riappropriatasi della struttura vista la totale incapacità gestionale ed amministrativa dei famosi Commissari, è intenzionata a rivitalizzarlo in primis per gli studenti e poi per Roma.

Rimane la storica Palestra di Piazzale del Verano. Datata 1966, il CUS la gestisce in virtù di una Convenzione con l’Adisu Regionale in scadenza nel 2020.

Ma il CUS Roma come Società sportiva che fine ha fatto? I Commissari (che va qui ricordato dipendono dal CUSI) hanno pensato bene di non affiliare tutte le attività federali mentre contemporaneamente la frequenza della poca attività amatoriale è in terribile caduta libera. Rimane il Tiro con l’Arco, che vedeva a suo tempo tra le sue fila l’olimpico Ilario Di Buò, un comparto apparentemente in via di estinzione. E rimangono poche centinaia si studenti che praticano un’attività salutistica a Piazzale del Verano, ma che di sportivo in senso letterale ha ben poco.

No, ad oggi il CUS Roma non c’è più. Anche tutti i suoi Trofei, le Coppe da Campioni d’ Italia, gli attestati di merito locali, nazionali ed internazionali sono stati bruciati (buttati?) dalla gestione commissariale CUS/CUSI. Una cosa da non credere!

Di chi la responsabilità o, con una terminologia da ecclesia, la colpa? La mia, la sua, quella dell’altro? E di chi ancora?

Allo scopo mi permetto di dare alcune indicazioni: l’Università (vecchia gestione), il CUSI, il CONI e tutti coloro che quando una nave apparentemente affonda cercano o un’altra nave o una fogna.

Già, anche il CONI. E se questa citazione ti meraviglia, caro Presidente Malagò, ti sarà sufficiente aprire una porta divisoria: li troverai un gentiluomo che con la maglia del CUS Roma stabilì nel 1962, a 17 anni, il suo primato personale con 11”0 sui 100 metri. Sfuggente nella gestione precedente la tua, protagonista con lo sport universitario nell’interregno precedente la tua elezione. Ora si occupa istituzionalmente di calcio ma il suo protagonismo con lo sport universitario, continua. Ecco, Presidente Malagò: domanda a lui. Lui sa molte cose. Ma sicuramente lo avrai già fatto da tempo.

Grazie per l’ospitalità.

 

 

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