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Saro' greve / Quando il "generale d'acciaio" sbaglio' il colpo

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Sabato 17 Febbraio 2018

patton 2

di Vanni Lòriga

Siamo in tempo di Giochi Invernali ed un Sito dedicato alle Olimpiadi non può non contribuire pubblicando qualche notiziola, magari poco nota e talora dimenticata. La prima medaglia azzurra (che apre la annunciata doppia cifra finale) è giunta dal Biathlon, firmata dal cosiddetto “gigante buono” Dominik Windisch. Preso atto che sento e leggo cose straordinarie (qualche sapientone ci ha rivelato che esistono le mutande riscaldate, certo preferibili a quelle surgelate) voglio fare il sapientino e trattare un po’ delle gare multiple, cioè quelle terminano con la parola “athlon” (gara, lotta) e con un prefisso che ne indica il numero.

Per cui abbiamo il deca, l’epta, il penta, per finire con il citato biathlon, cha a rigore andrebbe chiamato “duathlon” per non tradire l’etimo ellenico. A parte le raffinatezze linguistiche, dal punto di vista sportivo ricordiamo che questa gara, che miscela fondo e tiro con la carabina calibro 22 (“ventidue che cosa?” chiederanno i meno informati e sappiano che si tratta della ventiduesima parte del pollice, cioè esattamente 5,56 millimetri) venne introdotta nel programma olimpico nel 1980 a Lake Placid.

Il pentatleta Grut nuotatore a Berlino 36

Ma già nel 1948 a Saint Moritz si era disputato (primo ed ultimo) il pentathlon invernale, che voleva trasferire sulle nevi quello omonimo dei Giochi estivi. Le prove erano, nell’ordine, gara di fondo sui 10 chilometri, tiro con pistola 20 colpi su sagoma apparente e scomparente, discesa libera, scherma alla spada ed equitazione, sempre all’aperto.

Dominio svedese. Sul podio nell’ordine Gustaf Linth (22 anni, unico militare non di carriera e poi valido ingegnere nel campo degli impianti elettrici a grande distanza), William Grut e Bertil Haase.

Da segnalare che William Oscar Guernesey Grut avrebbe vinto pochi mesi dopo l’oro olimpico nel pentathlon moderno di Londra. Grut aveva già partecipato ai Giochi di Berlino 1936 come riserva nella 4z200 stile libero. Ed è lui che induce a segnalare come molti pentatleti moderni si siano fatti onore anche in altre discipline.

Quando Thofelt superò Mangiarotti

Su tutti però Sven Alfred Thofelt olimpionico nel 1928. Fu anche quarto a Los Angeles 1932 e a Berlino, prima della conclusiva gara di cross sui 4 chilometri, era in testa alla classifica. La corsa gli fu fatale e non salì neanche sul podio, preceduto di un punto e mezzo dal nostro Silvano Abba.

In quei Giochi vinse anche l’argento a nella spada a squadre e nello scontro diretto superò l’allora giovanissimo Edo Mangiarotti. Altro bronzo sempre nella spada a squadre a Londra 1948.

Thofelt fu inoltre il primo Presidente della Federazione Internazionale Pentathlon e Biathlon con il citato Grut in veste di segretario generale. Che fu anche l’alfiere della squadra svedese ai Giochi di Roma.

Altro pentatleta moderno da ricordare come polivalente è Bertil Gustafsson Uggla. Fu terzo nel 1924 a Parigi. Il particolare curioso è che lui, come Bertil Uggla, risulta terzo nel salto con l’asta ai Giochi di Stoccolma 1912. Così riporta il rapporto ufficiale di quei Giochi che a pagina 584 pubblica addirittura la sua foto. Ma leggendo bene i risultati si nota che non fu terzo ma quarto a pari merito con la misura di 3.80. Siccome due atleti si erano classificati secondi a pari merito, si pensò bene di assegnare il bronzo ai tre atleti che li avevano seguiti in classifica. Particolare non privo d’interesse è che l’autorevole “Libro d’Oro” di E.Kamper e B.Mallon lo elenca tra i medagliati.

Scarso nel tiro il "generale d’acciaio"

Un pentatleta moderno diventato famoso, pur non avendo vinto medaglie. fu un certo tenente di cavalleria statunitense che sempre a Stoccolma 1912 si classificò al quinto posto. Il suo nome era George Smith Patton, il futuro generale d’acciaio che per ironia della sorte (che ne inventa una più del diavolo) avrebbe potuto vincere la gara se non avesse fallito la prova di tiro, in cui si classificò ventunesimo. Lui, che nella guerra USA-Messico sarebbe stato promosso sul campo per aver fatto fuori con un preciso colpo della sua Colt (“mira fra terza e quarta costola e non puoi sbagliare”, era il suo consiglio tecnico) Julio Cardena, braccio destro di Pancho Villa, nella prova olimpica realizzò solo 150 punti sui 200 possibili. Colt che continuò a portare alla cintura per tutta la campagna d’Italia, nella seconda guerra mondiale, al comando della sia armata corazzata.

Ma quegli errori olimpici non li dimenticò mai. Per consolarsi si creò la leggenda che i giudici non gli avessero assegnato un colpo valido e, si dice, che sul letto di morte avesse mormorato, prima di spirare: “Quel colpo in sagoma c’era …”. Il fatto certo è che in realtà di colpi fuori bersaglio ne mise ben tre. Lo testimonia il già citato Rapporto Ufficiale: e come fai a non fidarti di un documento autorevole per definizione?

 

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