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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Saro' greve / Da "Mondino" alla Vezzali, passando da Seul

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Lunedì 29 Gennaio 2018

kim dan12  La misteriosa nord-coreana Sin Kim Dan.

di Vanni Loriga

Avevo annunciato, nello scorso numero della mia rubrica ebdomadaria del lunedì, che avrei raccontato altre storie sportive coreane. In attesa dei Giochi Invernali in Corea del Sud (a Pyeongchang dal 9 al 25 febbraio) mantengo la minaccia iniziando con un paio di ricordi ambientati nella Chosòn Minchu-chuiu Inmin Kongwa-guk (nota come Corea del Nord). Parto ovviamente dall’atletica leggera per risalire al 21 ottobre 1964 quando, sulla pista di Pyongyang, la ventiquattrenne Sin Kim Dan (nota anche con il nome di Shin Geum Dan) stabilì il primato mondiale dei 400 metri con il tempo di 51”2.

I misteriosi primati di Sin Kim Dan


Non fu il suo unico record: ma tutti quelli su 400 e 800 metri (1’58”0 sempre nel 1964 dopo l'1'59"1 dell'anno prima) non vennero riconosciuti dalla IAAF cui non aderiva la Nord Corea e per la partecipazione ai GANEFO, giochi delle nazioni emergenti dichiarati fuori legge. Si tratta di una faccenda che potrebbe meritare un discorso a parte ma per il momento mi limito a ricordarla come prima donna ad aver infranto le barriere dei 53 e 52 secondi sul giro di pista e dei due minuti negli 800 metri.

Restando sempre in territorio nord-coreano e cambiando decisamente argomento (come dicono alla TV, senza peraltro spiegarci come sarebbe un cambio indeciso …) passiamo al calcio. Tutti sanno che il 19 luglio 1966 nel Campionato Mondiale l’Italia venne eliminata dalla formazione della Corea del Nord.

Quando "Mondino" entrò nel pallone

Sul rettangolo di gioco (per usare il frasario caro ai fantasiosi cronisti) dell’Aereysome Park di Middlebroughs la squadra affidata ad Edmondo Fabbri venne eliminata dal gol del caporale Pak Doo Ik, promosso sul campo a dentista (sicuramente senza alcuna anestesia).

Grande fu la meraviglia generale, ma fra i pochi a non restare sorpresi ci fu chi scrive queste righe. A quei tempi militavo ancora nell’Esercito e come comandante della Compagnia Atleti di Roma fornii il personale di una squadra, allenata da Ermete Patriarca, che affrontò la Nazionale in un incontro di preparazione al mondiale.

Il match fu disputato nello Stadio Comunale di Firenze (voluto e costruito dal Marchese Ridolfi) e tutto nacque sotto una cattiva stella. Il pubblico rumoreggiava perché avrebbe voluto vedere in azione l’idolo locale Mario Bertini e l’astro emergente Gigi Riva.

“Mondino“ non se ne dette per inteso e li lasciò in panchina. Il primo tempo si concluse sullo 0-0 salutato da una salva di fischi. Avendo il compito di leggere le formazioni al microfono chiesi a Patriarca se avesse previsto sostituzioni e mi elencò i cambi che avrebbe adottato.

Stessa domanda rivolsi a Fabbri che mi guardò con aria smarrita, senza formulare risposta. Reiterai la richiesta e lo vidi sempre più assente, mentre il pubblico lo insultava. Intervenne Ferruccio Valcareggi, che con grande flemma mi indicò i nomi dei subentranti.

In quel momento pensai che se questo era il generale a cui venivano affidate le nostre valorose truppe non saremmo andati molto lontano. Deformazione professionale, forse; ma purtroppo non mi ero sbagliato.

L’importanza di nascere a Correggio

Ora ci trasferiamo a Seul sulle pedane di scherma. In quella olimpiade del 1988 la scuola jesina vince la sua prima medaglia d’oro con Stefano Cerioni. Si apre una striscia vincente che, sempre nella capitale coreana ed esattamente undici anni dopo, presenta il primo titolo mondiale di Valentina Vezzali.

La sua vittoria iridata avviene nel Sangmu Gymnasium che nel 1988 aveva salutato il trionfo di Vincenzo Maenza nella greco-romana e che, al centro dell’Olympic Park, esibisce una celebre scultura di Mauro Staccioli, il babbo della famosa ginnasta Giulia, quella del Kataklo portato nei teatri e in TV. Segnali beneauguranti ed infatti Valentina proprio da lì si avvia ad un traguardo che taglierò a fine carriera con sei ori olimpici (tre individuali consecutivi); sei titoli mondiali e cinque europei; undici Coppe del Mondo con 74 prove vinte; 27 volte campionessa d’Italia (12 individuali). Un record assoluto.

Ed un particolare curioso e poco noto ci porta a ricordare che Valentina è nata sì ad Jesi ma ha le radici in Emilia, Infatti suo padre Lauro era di Budrio di Correggio, frazione ad otto chilometri dalla frazione di Mandrio che dette i natali ad un certo Dorando Pietri, lo storico maratoneta di Londra 1908, Parlando di Maratona e della provincia di Reggio Emilia si può dimenticare che da quelle parti è nato anche l’olimpionico Stefano Baldini?

L’ultima di Pietro, la prima di Oristano

E come concludere una sequenza di memorie coreane senza rivivere il trionfo di Gelindo Bordin nella conclusiva maratona del 1988? E senza ricordare che ci fu l’ultima partecipazione di Pietro Mennea, ritenuto degno di fare l’Alfiere ma non di correre la 4x100? Sono tutte cose che racconteremo segnalando anche che a Seul 1988 si registrò il debutto olimpico della mia amata Atletica Oristano.

L’onore spettò a Rita Angotzi che sui 200 metri si fece onore migliorando per due volte il suo personale. Ora è biologa marina e lavora in ogni parte del mondo, dalle Norvegia alla Spagna.

E se metto piede nell’Atletica Sarda ne leggerete delle belle …

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