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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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I sentieri di Cimbricus / Federcalcio: trionfa la commedia dell'arte

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Sabato 13 Gennaio 2018

tommasi

di Giorgio Cimbrico

Il calcio è sempre alla Prima Repubblica, non si schioda: basta guardare la faccia del presidente uscente, Carlo Tavecchio, e di quello che ha eccellenti chances di succedergli, Cosimo Sibilia. Democrazia Cristiana purissima. Tavecchio ha qualche difficoltà di espressione, a volte incespica, a volte finisce nelle liane e nei rovi delle gaffes, a volte, come dopo la catastrofe e l‘apocalisse (le definizioni sono una sua, l’altra del suo commissario tecnico), ha provato ad assumere espressioni ducesche con ruotare di mento, reiterati movimenti del capo; Sibilia, figlio del Sibilia con l’aspetto da cacicco che portò in alto l’Avellino, l’uomo che stringe in mano il 34%, parla un campano-politichese che, per contenuti e accento, riporta a Mastella e a chi occupa sicuri feudi che seconde o terze o quarte repubbliche non riusciranno a sconvolgere, a insidiare, a cancellare.

Sono i personaggi di una commedia dell’arte che in Italia ha avuto origine, che è stata esportata sui palcoscenici di un’antica Europa e che, a Moliere, tanto per fare un nome di un certo peso, è servita a delineare caratteri, atteggiamenti vizi, virtù. Da noi questa commedia dell’arte, sospesa tra il drammatico e il ridicolo, tra il reale e il grottesco, non ha mai conosciuto il tramonto.

Anno zero, dicono quelli che seguono il calcio con la stessa compunta attenzione dovuta alla politica, all’economia, al costume, agli impatti sociali: l’aspetto sportivo, se permettete, lo lasciamo da parte. Anno zero perché? Perché ai Mondiali andrà la Svezia e non l’Italia? Perché a giugno la gente non avrà modo di imbestialirsi per bene? Proviamo a fare esercizio di causa ed effetto, a guardarci attorno, a capire, a domandarci perché oggi in un tempo in cui il capitalismo ha preso il totale potere spazzando via coscienze e ideali, in cui tutto è giustificato e esaltato (anche i 160 milioni per Coutinho), in cui le grandi organizzazioni sportive hanno sempre più assunto l’aspetto e la sostanza di corporazioni, in Italia il potere vada a chi rappresenta i dilettanti.

In realtà mi sto permettendo una digressione e in questo momento non sto parlando solo di calcio, ma di un’intera dimensione, di un sistema, quello che in un tempo non lontano, nell’arco del campionato di calcio, incassava - e faceva incassare allo Stato - un centinaio di miliardi (di lire) mensili. Giorni felici, come in una vecchia piéce di Samuel Beckett dove Winnie rivive quei magnifici e lontani momenti sepolta sino alla vita. Notare bene: in Inghilterra, oggi, lo sport di alto livello è alimentato dalla National Lottery. Libera traduzione: Totocalcio. A proposito, esiste ancora? E le schedine, dove sono finite? Negli album dei francobolli?

Torniamo al calcio che è meglio. Anzi, è peggio. Non c’è un’idea, una volontà, una strategia, un colpo d’ala, un progetto, un desiderio di cambiare. Ad esempio, avete notato che tutti vogliono costruire uno stadio e non lo costruisce nessuno? A parte quello della Juventus, nato sulle ceneri del Delle Alpi dalla vita assai breve, l’unico esistente è quello di Reggio Emilia, nato come Burro Giglio e sostenuto dalla visione di Franco Dal Cin. Etihad e Emirates hanno preferito Manchester e Londra e come si può dar torto? L’altra sera, per la semifinale di Coppa di Lega, allo stadio del City hanno preso posto 7700 tifosi del Bristol. Non risulta che la città, come amano eccitarsi e eccitare i microfonofori, fosse blindata. Gli investimenti si fanno dove c’è terreno fertile, organizzazione, trasporti, telaio solido, prevenzione. L’Inghilterra, in questo senso, aveva problemi gravissimi, laceranti: li ha risolti selezionando i tifosi e non trattando con i capiciurma, alzando i prezzi, rendendo l’ambiente gradevole.

In un anticipo di quel che vivremo tra poco più di un mese, con altre elezioni non meno grottesche (sufficiente organizzare una gara tra i volti in lizza), ora i satrapetti, i dittatorelli della repubblica delle calcio-bananas, stanno facendo i conti, contando i voti, promettendo prebende a chi abbandonerà un campo per passare all’altro. Il piccolo sogno di avere come presidente un giovanotto di buone virtù come Damiano Tommasi sta facendo la fine del gelato in una di quelle domeniche d’agosto di cui parla Azzurra.

Aveva capito tutto Achille Lauro, o’Comandante, che regalava pacchi di maccheroni e una scarpa (l’altra a voto finito nell’urna) e spendeva 100 milioni per Jeppson detto Jeppesonne. Politico, imprenditore, uomo di sport: l’inventore di una specie, il demiurgo di una razza. Quelli venuti dopo sono solo lontani eredi, pallidi imitatori.

 

 

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