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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Fuori dai Mondiali, una magnifica occasione

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Venerdì 8 Dicembre 2017

ronaldo 2

di Giorgio Cimbrico

Ormai è diventata un’etichetta: li chiamano i Mondiali senza l’Italia. Se è per questo, saranno anche i Mondiali senza l’Olanda che ha giocato tre finali e senza la Repubblica Ceka che, sotto la vecchia etichetta, ne ha giocate due. Ma queste sono annotazioni da vecchi bacucchi, che non contano dal momento che il calcio è un affare e uno stupefacente e i pusher delle tv sanno bene che per giugno dovranno studiare una nuova campagna, una nuova strategia, insistendo molto, ad esempio, sugli “italiani” in campo con Belgio, Argentina, Brasile ecc. o inventando qualche altra diavoleria per attrarre un pubblico che di veder partite belle o brutte che siano non ha né voglia né desiderio. Se vince la Croazia o l’Uruguay non si può mica sbattere la porta di casa per fare caroselli, urlare sino a notte alta. O incazzarsi o non por freno all’isteria..

In questo mondo sempre più dominato da un capitalismo selvaggio e da un imbestialimento generale, sono pochi quelli che hanno riflettuto sul tranquillo scenario che ci attende. Io l‘ho vissuto quasi vent’anni fa e ancor oggi ne ho un ricordo magnifico: da quando l’Italia uscì con la Francia, due settimane magnifiche. I Mondiali in Italia erano stati mangiati, digeriti, espulsi. Non fregavano più a nessuno.

Abitavo nella mansarda di un Mercure in boulevard Raspail, una delle receptionist era una magnifica normanna che sembrava uscita da un racconto di Maupassant, accanto c’era un’edicola tenuta da un’algerina felice per il pacco che prelevavo ogni mattina; all’incrocio, la Cupole e il Select, un tempo frequentati da Cocteau, Picasso, Hemingway. Prendevo la metro, andavo al centro stampa, leggevo i giornali, a giorni alterni andavo a Clarefontaine o a Ozoir le Ferreires per rimediare le parole di Zagalo e di Jacquet, di Zidane, di Thuram e di Ronaldo, per divertirmi ai giochi di prestigio e circensi di Denilson. Poi chiamavo il giornale e gli offrivo la mia mercanzia. Mi rispondevano con grande gentilezza e mi concedevano spazio ma si capiva, si avvertiva che era come se gli proponessi un servizio di cricket o di netball, quella specie di basket che giocano le ragazze australiane o neozelandesi, indossando una gonna plissettata.

La cosa aveva indubbi vantaggi: in quelle due settimane di Mondiali senza l’Italia, visitai l’Orangerie (le ninfee di Monet in un avvolgente cinemascope), la collezione Jacquemart-André (Mantegna, Paolo Uccello, Crivelli, Tiepolo, Rembrandt), diedi una ripassata a Orsay e al Louvre.

La finale-massacro girò soprattutto attorno al malore del povero Ronaldo (nella foto durante la premiazione del 3-0 francese): c’entrave la magia nera, la magia bianca? Non ebbi la ventura di approfondire molto perché il lunedì, dopo un pezzo conclusivo sulla Francia multietnica che quarant’anni dopo aveva fatto meglio di quella di Fontaine, Kopa e Piantoni, da Parigi volai a Roma per essere adeguatamente ricompensato: Hicham el Guerrouj 3’26”00. Fra non molto saranno vent’anni e sarà necessario dedicare un “sentiero” a quell’elegante purosangue che sin dalla prima volta colpì me e qualche altro irriducibile suiveur, qualche altro amante dell’estetica e della calligrafia.

Telegrafico PS: è noto che la RCS va dove la porta il denaro, ma con Gerusalemme ora come la mettiamo?

 

 

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