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Doping e dintorni / Processo Schwazer: la difesa va all'attacco

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Venerdì 17 Novembre 2017

bolzano

di Sandro Aquari

BOLZANO – Mercoledì mattina era azzurro il cielo sopra Bolzano, l’aria fresca ma ancora gradevole, la gente affollava le strade, in attesa dell’apertura dei mercatini di Natale, l’evento prestigioso della città, e la gente affollava anche il pretenzioso palazzo del tribunale, dove al terzo piano nell’aula E la giudice Carla Scheidle (nella foto), minuta, bionda, sempre elegante, ha ascoltato per quasi sei ore le arringhe dei difensori di Giuseppe Fischetto, Pierluigi Fiorella e Rita Bottiglieri, a giudizio, come noto, con l’accusa di aver favorito con una serie di omissioni il doping di Alex Schwazer. Il processo, iniziato il 29 aprile 2015, ma di fatto partito definitivamente il 25 novembre 2015, ha vissuto mercoledì la sua ventitreesima udienza, durante le quali si sono alternati ben trentanove testimoni. Insomma, una sorta di “maxi processo”. Ora, il 13 dicembre, ci saranno le controrepliche e poi la sentenza.

La signora Scheidle ha ascoltato, con un’attenzione ammirevole per tutto il tempo, prendendo appunti su appunti, le argomentazioni degli avvocati difensori, quelle di Antonio Miriello per Fischetto e Bottiglieri e quelle di Alessandro Lovato e Marco Riponi per Fiorella. Noi ci siamo chiesti come avesse reagito, in tutti questi mesi, la sua mente, bersagliata da valori di emoglobina e di reticolociti, da off score, da whereabouts, da missed test, da Tdp, da passaporti ematici, da algoritmi, da regolamenti vari, da una realtà complessa perché tale è la lotta al doping.

Stavolta non si tratta per lei di decidere su un furto di biciclette, reato a Bolzano piuttosto frequente e che lei, amante delle due ruote con cui si sposta in città, ha sempre giudicato con severità; piuttosto di decidere se tre stimati professionisti abbiano davvero favorito, con un comportamento omissivo, Alex Schwazer a doparsi, nella sua insana convulsione nel cercare scorciatoie e supporti illegali al suo riconosciuto talento, una convulsione iniziata già nel 2006 navigando in siti appropriati e non respingendo questo distruttivo impulso anche nella super pubblicizzata fase di “redenzione”, terminata con una squalifica di otto anni inflittagli dal massimo organo di giustizia dello sport mondiale.

Ci siamo chiesti: ma dopo la demolizione che la difesa ha fatto delle accuse del Procuratore Giancarlo Bramante, portando prove oggettive, email, regolamenti, ma soprattutto le testimonianze di chi si è alternato in aula, anche di coloro chiamati dall’accusa, come potrà la Signora giudice motivare un’eventuale condanna? Si sarà posta la domanda se tutto il processo si basa, come sembra a molti, su un fragile teorema o c’è qualche responsabilità? E se c’è, esiste anche il dolo? Avrà ancora un po’ di tempo per rispondere con assoluta onestà e imparzialità a queste domande, in una città dove, in fondo, Alex Schwazer è stato sempre visto dai media locali un po’ come vittima, tanto da non aver mai abbandonato la convinzione, in attesa delle analisi del Dna, della possibile esistenza di un complotto ai suoi danni per la seconda positività. Stampa locale che ieri si è solo affacciata distrattamente nell’aula, poco interessata invero alle dichiarazioni degli avvocati difensori.

Intanto l’avvocato Miriello all’inizio del suo intervento ha avuto forti parole di critica nei confronti del Procuratore, dichiarandosi assai deluso da quella che era stata la sua arringa, dove tra l’altro aveva difeso a spada tratta proprio Alex Schwazer. “Questo processo, – ha detto l’avvocato – per quelli che erano gli atti d’indagine, neppure doveva nascere”. Ha contestato poi al Procuratore di aver preso solo quello che gli interessava, di non aver fatto emergere tutte le email che evidenziavano come Fischetto si fosse attivato con la Iaaf dopo il test altamente sospetto del 1° aprile. Poi ha voluto sottolineare due gravi fatti: 1) che durante la fase d’indagine i difensori erano stati intercettati nei colloqui con i loro assistiti; 2) che il Pm nella sua arringa aveva addirittura rimproverato alla difesa di non aver ascoltato il “sedicente professor Donati, paladino dell’antidoping”.

Miriello si è anche chiesto come mai Donati, un estraneo alle indagini, fosse in possesso di materiale sequestrato dalla polizia giudiziaria al proprio assistito, il dottor Fischetto. Qui però ricordiamo due cose importanti: 1) Donati era nella lista dei testimoni della Procura e non è stato più chiamato dopo che il direttore generale della Wada, Oliver Niggli, lo aveva sconfessato come presunto “consulente” dell’organismo antidoping; 2) che in realtà Donati avrebbe avuto parte attiva alle indagini, come in parte ha detto lo stesso Schwazer in aula, e soprattutto come avrebbe scritto, in un lunga e circostanziata memoria che sarebbe stata mandata, tempo addietro, al Tribunale e alla Procura di Bolzano, ma anche agli organi di giustizia del Coni e agli stessi avvocati della difesa, il signor Stefano La Sorda, un tesserato, ex marciatore, che Donati avrebbe contattato all’inizio delle indagini per farsi aiutare a muoversi nel mondo della stessa marcia.

Miriello ha poi chiesto la piena assoluzione per la dottoressa Rita Bottiglieri perché il fatto non sussiste e non, come richiesto dal Pm nella parte finale della sua arringa, solo per mancanza di prove. L’avvocato Miriello ha avuto facile gioco nel dimostrare che, all’epoca, Rita Bottiglieri era un funzionario responsabile dell’area tecnico-sanitaria con compiti organizzativi e amministrativi, ma non aveva potere di decidere raduni o tanto meno controlli, non conosceva i dati ematici di Alex Schwazer, non era un medico (ha due lauree, fisioterapia e scienze motorie), non era responsabile dei whereabouts. Insomma, una posizione ben chiara in fase d’indagine, soprattutto dopo che la stessa Bottiglieri si era presentata a Bolzano per fare le sue spontanee dichiarazioni e dove poi è stata trattenuta in caserma per ben dodici ore consecutive!

La difesa del dottor Fischetto, per il quale il Pm ha chiesto una condanna a un anno e otto mesi, due mesi in più invece per Fiorella, ha reso necessario, logicamente, una più lunga e attenta valutazione dei capi di accusa che qui di seguito riassumiamo.

I capi d'accusa

Il dottor Fischetto è accusato, in accordo con FIORELLA Pierluigi e con BOTTIGLIERI Rita, di un disegno criminoso, atto a favorire l’atleta SCHWAZER Alex nell’utilizzo di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive … di aver favorito pratiche mediche utili ad alterare i risultati agonistici. Inoltre aveva elementi per ritenere che l’atleta facesse uso di sostanze dopanti, in quanto:

1)            nel 2008 e poi nel marzo 2012 Vittorio VISINI (tecnico federale della Fidal) gli aveva manifestato dubbi riguardo al rispetto delle regole antidoping da parte di Schwazer;
2)            Alberto MORINI (vice presidente della Fidal) e Stefano ANDREATTA (consigliere della Fidal del Trentino Alto-Adige) lo avevano informato dei sospetti sul quello che era il rapporto tra Schwazer e il medico meranese THUILE;
3)            Sapeva che l’atleta, nel gennaio 2010, a Teide, nelle Canarie, aveva avuto rapporti con il medico inibito Michele FERRARI;
4)            Era informato dei ripetuti missed test dell’atleta e dei cambiamenti che faceva all’ultimo momento della sua reperibilità (whereabout) così da evitare i controlli antidoping;
5)            Conosceva una serie di dati anomali dell’atleta (primavera 2010, primavera 2011 e successivamente febbraio 2012). Inoltre non aveva richiesto al Comitato Controlli Antidoping del CONI di effettuare controlli ad Alex Schwazer, come anche aveva richiesto, il 4 aprile 2012, il manager IAAF Thomas de Capdevielle. Questo aveva favorito l’assunzione di sostanze dopanti da parte dell’atleta soprattutto in vista dei Giochi olimpici di Londra.

Per quanto riguarda gli eventuali sospetti manifestati da alcune persone l’avvocato Miriello si è chiesto “perché queste persone, tutti tesserati, e molti appartenenti alle forze dell’ordine, non sono andati loro alla Procura CONI a denunciare Alex Schwazer e se non lo hanno fatto, perché oggi non sono qui in aula accanto al dottor Fischetto e alla dottoressa Bottiglieri?”. La risposta è ovviamente facile: perché erano chiacchiere e nulla più. Lo stesso Vittorio Visini, ex carabiniere, già responsabile del gruppo sportivo e del settore marcia, pur nella sua confusa testimonianza, ammise che se ne parlava così, in modo generico, un po’ come si parla di calcio il lunedì dopo le partite.

Sul dottor Thuile, un medico di Merano che si occupa in un ospedale pubblico di medicina alternativa e a cui Schwazer si era rivolto per problemi legati all’alimentazione (la FIDAL gli pagò due fatture su richiesta di Schwazer), l’avvocato Miriello ha parlato di “argomento evanescente”. In realtà sia Andreatta che Morini in dibattimento non hanno mai associato il dottor Thuile al doping. Si parlò solo di un medico “chiacchierato”. Thuile, indagato in fase d’indagine, è poi uscito del tutto dal caso.

Per quanto riguarda il ritiro, svolto ad inizio 2010 a Teide, nelle Canarie, dove nell’unico albergo esistente, alloggiava anche il dottor Ferrari, insieme a un gruppo di ciclisti, è stato ricordato che il raduno fu chiesto da Schwazer, programmato da Visini, approvato dal direttore tecnico Uguagliati e dal vicepresidente Morini, deliberato infine dalla Giunta FIDAL. Fischetto non ha avuto nessun ruolo per questo raduno, dove peraltro la presenza di Ferrari si sarebbe venuta a sapere solo sul posto (unicamente Visini, smentito da tutti, ha riferito di averlo saputo prima leggendo i giornali). Peraltro due carabinieri che erano con Schwazer, l’atleta Cafagna e il tecnico Civallero, hanno riferito che con Ferrari e Schwazer ci furono solo contatti occasionali, al ristorante, al bar, davanti alle lavatrici, mai un rapporto di tipo professionale.

È stato anche sottolineato come, durante il dibattimento, sia emerso che i Carabinieri del Nas e nella specie il Lgt. Ferrante, sapevano con certezza per ragioni di ufficio (indagine della Procura di Padova) che Alex Schwazer aveva avuto frequentazioni con il dottor Ferrari, anche al di fuori del raduno di Teide, già dal 2010, ma non segnalarono mai alla Procura CONI l’atleta perché non vi fu mai prova della somministrazione di sostanze dopanti. È stato anche ricordato dall’avvocato Miriello che il Lgt. Ferrante già nei primi mesi del 2012 aveva riferito al dottor Sottas della Wada del rapporto Ferrari-Schwazer, ma nulla avvenne e mai nulla fu comunicato al Coni, nonostante poi Schwazer fosse un carabiniere a tutti gli effetti.

Sul fatto che Fischetto fosse informato dei “ripetuti missed test” dell’atleta, Miriello ha parlato di “evanescente cavallo di battaglia del Pm”, perché i numerosi test mancati, in realtà furono solo due, con riferimento al periodo contestato (marzo 2010-luglio 2012) e comunque all’epoca un atleta veniva sanzionato se si commettevano tre missed test in un periodo di 18 mesi, cosa mai avvenuta per Schwazer, iI cui ultimo missed test data 27 settembre 2010. Inoltre il dottor Fischetto non era informato direttamente di eventuali missed test e né in FIDAL (dove non esiste, come in tutte le Federazioni, un settore antidoping), né in IAAF aveva alcuna responsabilità sulla questione dei mancati controlli e sui whereabouts degli atleti internazionali, così come era Schwazer, tutte problematiche gestite direttamente dalla IAAF.

La questione sulla conoscenza da parte di Fischetto di una serie di dati anomali dell’atleta, con l’accusa di non aver richiesto al Comitato Controlli Antidoping del Coni di effettuare accertamenti su Alex Schwazer, è stata giudicata dall’avvocato Miriello, più aderente a un capo d’imputazione, rispetto all’inconsistenza di quanto analizzato in precedenza. Un’imputazione che però sarebbe stata smentita, senza ombra di dubbio, dalle risultanze dibattimentali e, secondo la difesa, già dal 2011 il dottor Fischetto si era attivato per intensificare i controlli sull’atleta inserendolo nella liste dei cosiddetti RTP consegnata al Comitato controlli antidoping del CONI (Cca) con il nome evidenziato in rosso, segnalazione che sostituiva su richiesta del CONI il precedente codice 1e, che indicava gli atleti sui quali si richiedeva particolare attenzione.

È stato anche precisato, con dovizia di particolari, che eventuali richieste di controlli aggiuntivi da parte delle Federazioni potevano riguardare solo gare nazionali o internazionali che si svolgono in Italia, ma non c’era nessun potere sui controlli fuori competizione, gestiti e programmati unicamente dal Cca a insaputa della stessa Federazione, come spiegò chiaramente nel dibattimento il signor Bernardino Arigoni, il responsabile organizzativo del Cca.

Il ruolo del Caa CONI

Il Cca, che istituzionalmente avrebbe potuto procedere ad effettuare controlli fuori competizione di sua iniziativa nel semestre o nell’anno precedente l’Olimpiade, non lo ha fatto, ma è anche vero che per ragioni relative alla privacy il Coni non utilizzava il sistema Adams e dunque non conosceva i whereabouts degli atleti italiani inseriti nelle liste internazionali. Questa questione è da considerare il punto chiave per le accuse mosse a Fischetto e anche a Fiorella di non aver informato il Cca CONI sui sospetti di uso di doping da parte di Alex Schwazer a partire dal test del 1° aprile 2012.

Rimane il fatto, ha sottolineato Miriello, che Schwazer fu continuamente controllato nel corso degli anni in contestazione: 41 controlli tra sangue e urine, tra quelli in competizione e fuori competizione, esclusi i controlli privati, tra il gennaio 2010 e il luglio 2012. Solo nei sette mesi del 2012, fino a luglio, quindi in prossimità dei Giochi olimpici, i controlli furono tredici, in pratica uno ogni quindici giorni).

È stata dedicata particolare attenzione al ruolo attivo (riconosciuto in aula anche dal Lgt. Ferrante in contrasto con lo stesso Pm) avuto da Fischetto dopo che il 4 aprile 2012 Thomas Capdevielle, francese, responsabile delle procedure disciplinari e mediche preso la IAAF, gli comunicò i valori altamente anomali del test effettuato da Schwazer il 1° aprile a Nizza. “Sicura manipolazione – rispose Fischetto – ci metto le mani sul fuoco. Dobbiamo seguirlo molto da vicino. Chiederò anche alla Fmsi. Ho estratto tutti i dati precedenti, possiamo iniziare una valutazione con gli esperti del passaporto ematico”. Perché, tuttavia, poi Fischetto non contattò la Fmsi? Perché dopo poco tempo, sempre il 4 aprile, il dottor Garnier (manager medico presso il dipartimento antidoping della IAAF) rassicurò Fischetto informandolo che si era attivata immediatamente e direttamente la dottoressa Jane Boulter (capo progetto del comitato antidoping IAAF) per eseguire ripetuti controlli sull’atleta. Nei mesi successivi ci furono ulteriori email con solleciti e suggerimenti di Fischetto, utili alla formazione del passaporto.

Quindi tutto questo, legato all’obbligo di riservatezza sottoscritto con la IAAF, impediva al dottor Fischetto di trasmettere dati, o avvisare le autorità sportive nazionali, le quali, peraltro nulla avrebbero potuto fare, visto che non accedendo al sistema Adams mai avrebbero potuto testare l’atleta Schwazer a sorpresa, non conoscendo i suoi spostamenti.

Tutta la procedura, che porterà poi al test del 30 luglio e all’acclarata positività dell’atleta è stato considerata quella corretta (le strutture Coni non dovevano e non potevano essere assolutamente attivate), grazie alle testimonianze in aula di Garnier, Capdevielle e dello stesso Sottas, il quale ha anche confermato che insieme alla IAAF si decise, dopo che il passaporto non aveva avuto l’ok da parte di uno dei tre esperti del panel, di procedere per sottoporre Schwazer a tre controlli nel mese di luglio, uno a all’inizio da parte Iaaf, un altro a metà luglio da parte Wada e l’ultimo a fine luglio da parte del CIO in collaborazione con la Wada, in caso i primi due fossero stati negativi. Insieme a Sottas, ha ricordato Miriello, anche due esperti ematologi, come i professori D’Onofrio e Locatelli, hanno poi confermato che nessun dato ematico, prima di quello del 1° aprile 2012, poteva considerarsi anomalo per sospetto doping.

Infine l’avvocato Miriello si è rivolto indirettamente al Pm: “Si è posto mai il Pm un banale quesito? Per quale motivo Giuseppe Fischetto e Pierluigi Fiorella, considerati dal professor Michael Audran (componente del gruppo di esperti del passaporto biologico per la Iaaf, ndr) tra i migliori al mondo sulle problematiche del passaporto, avrebbero dovuto buttare al vento le loro carriere, trattati peggio di criminali mafiosi? Se avessero voluto favorire l’atleta avrebbero potuto fare come suggeriva a Schwazer, in un’intercettazione del 9 agosto 2012, il maresciallo Ottaviano Iuliano (responsabile del gruppo sportivo carabinieri, ndr): ‘Quando è venuto il controllo, non dovevi aprire, dovevi chiamare i carabinieri, il sottoscritto e il giorno dopo ti congedavi’ “.

La difesa del dottor Fiorella

Nella difesa del dottor Pierluigi Fiorella ha aperto il fuoco l’avvocato Marco Riponi, sostituito poi dal collega Alessandro Lovato. Riponi ha sottolineato i capi di accusa, identici a quelli Fischetto e Fiorella, nel fatto di aver voluto favorire il doping di Schwazer, ma più in particolare il Pm gli ha contestato che, pur avendo elementi per ritenere che Schwazer facesse uso di doping, non ha richiesto al Cca CONI di attivare controlli a sorpresa, né ha sollecitato Fischetto e Bottiglieri a fare altrettanto. Usando lo specifico modulo TDP o TDP aggiuntivo o comunque mediante formale richiesta scritta. Insomma non “avrebbe pungolato chi di dovere”.

Secondo Riponi, Fiorella non doveva compiere e non poteva compiere nessuna di queste attività. Per dimostrarlo è partito a testa bassa cercando di entrare nel cuore delle norme sportive, ricordando che la FIDAL non ha competenze antidoping, che il sistema antidoping non si esaurisce nel semplice prelievo di urine o sangue, che i TDP aggiuntivi sono qualcosa che in pratica non esiste, ha spiegato cos’è il sistema Adams e perché il Cca non lo utilizzava, ha affermato che tutti i controlli vanno considerati controlli a sorpresa, ha parlato di whereabout e missed test. Infine, entrato nel nocciolo del problema, ha ricordato come Fiorella, medico personale di Schwazer, dovesse essere considerato, secondo le norme sportive antidoping, un Asp (Athlete Support Personnel), una persona di supporto all’atleta, come può essere un allenatore, un dirigente e appunto un medico. Secondo l’art. 11, comma 1, del disciplinare dei Controlli (Nsa) il “personale di supporto dell’atleta e/o qualsiasi altra persona con un conflitto d’interessi, non dovrà essere coinvolto nella pianificazione della distribuzione ai fini dei controlli o nel processo di selezione degli atleti da sottoporre ai controlli”. Per questo – secondo Riponi – non poteva, né doveva fare alcunché, tanto meno intromettersi nel processo dei controlli.

Riponi ha anche sottolineato che il favoreggiamento è pur sempre un reato per la cui sussistenza è richiesto il dolo dell’agente. Come poteva aver voluto favorire il doping di qualcuno che negava decisamente di doparsi?

L’avvocato, sottolineando che il sistema ha funzionato perché Alex Schwazer è stato trovato positivo, ha poi parlato a fondo della natura del passaporto biologico e come sia stato proprio il passaporto biologico il padre della positività di Alex Schwazer, ricordando i sette controlli subiti dal 1° aprile al 30 luglio, a cui si possono aggiungere i tre richiesti proprio da Fiorella, in totale c’è stato un controllo ogni 11 giorni. “Per aumentare la frequenza – ha detto con un pizzico d’ironia – l’unica soluzione era rinchiuderlo al castello di Bran (quello di Dracula, ndr) oppure chiederne il ricovero”.

In tutti gli esami subiti dal 2010 al 2012, più o meno un esame ogni 19 giorni, nessuno ha dato risultati anormali (a parte quello del 1° aprile), come confermato dagli esperti ematologi D’Onofrio e Locatelli. “Crediamo – ha affermato l’avvocato – che sarebbe stato al limite del vessatorio sottoporre un atleta a un numero di controlli maggiore di quelli a cui si è sottoposto Alex Schwazer!”

Poi si entrati nel dettaglio degli elementi che, secondo l’accusa, proverebbero la consapevolezza di Fiorella del fatto che Alex Schwazer assumesse doping: 1) aveva assecondato il raduno a Teide; 2) aveva a disposizione i dati ematici anomali dell’atleta; 3) Schwazer, prima telefonicamente e poi in un incontro concordato a Parma, il 21 maggio 2012, gli aveva confidato di essersi dopato prima di Lugano e Dudince; 4) ci sono le email che proverebbero la volontà di Fiorella di favorire il doping di Alex; 5) i dati ematici privati di Schwazer che Fiorella avrebbe inviato a fine luglio 2012 a Fischetto per conoscenza.

Qui tralasciamo le considerazioni fatte dall’avvocato Riponi sui punti 1 e 2 che in parte ricalcano quelle già formulate dall’avvocato Miriello per Fischetto. Sul punto 3, sull’ennesima verità prodotta da Schwazer, mentre era in procinto di chiedere lo sconto di pena al Coni, Riponi ha avuto gioco facile nel distruggere la credibilità di Schwazer come testimone correo. Credibilità che già l’Upa non gli aveva riconosciuto negandogli la riduzione della squalifica. Fiorella ha sempre ribadito che non gli parlò mai di doping, piuttosto della tenda che usava all’estero.

Sul punto 4, Riponi invece è convinto che è risibile ritenere che le email proverebbero la volontà di Fiorella di favorire il doping dell’atleta, tutt’al più il contrario.

Riponi ha poi lasciato campo al collega Lovato che con un’arringa molto dettagliata è entrato ben più profondamente nel merito delle accuse a Fiorella, facendosi forza di quanto emerso dal dibattimento, dalle testimonianze, dalle intercettazioni, dalle email, un lavoro certosino espresso parzialmente in modo verbale, ma comunque condensato in ben 64 pagine di una memoria consegnata alla giudice Scheidle.

Lovato ha in pratica concluso leggendo un sms che Alex Schwazer, il 10 agosto 2012, in piena tempesta, manda a Fiorella, che nei giorni precedenti lo aveva cercato.

“Ciao Piero penso che in questo momento io sono l’ultima persona che hai voglia di sentire al mondo e hai pienamente ragione se in un lontano futuro questo cambierà sarei molto felice di poterti dire delle cose che mi stanno a cuore, non sentirti in dovere di rispondere a questo sms”. Ma Fiorella gli risponde: “Quando le acque si saranno calmate e la giustizia avrà fatto il suo corso vorrei che tu mi raccontassi la VERA verità”.

Allora era ancora lontano il giorno in cui Schwazer, invece di raccontargli la “VERA Verità”, scriverà la sua ennesima verità in una memoria dove accusa Fiorella di sapere che si dopava, perché glielo aveva detto a Parma, e che lui, come altri, non avrebbe fatto nulla per fermarlo, …
 

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