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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fatti&Misfatti / Moscerini a colazione

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Martedì 14 Novembre 2017

vitali

di Oscar Eleni

Nella casa americana dei padri che hanno finalmente spiegato il meccanismo dell’orologio biologico. Loro ci sono arrivati scoprendolo, per la prima volta, in un moscerino, poi sono arrivati al cervello umano. Cari dirigenti che state per cacciare il vostro allenatore studiatevi prima il lavoro di questi premi Nobel. Loro sanno tutto dei ritmi circadiani, giornalieri che ritmano le funzioni in sintonia con i cicli della natura. Alle società stressate dalle coppe sappiate che molti dei vostri giocatori vorrebbero andare a dormire quando voi li portate in palestra. Succede quando si attraversano troppi fusi, quando le cose sul campo ti portano alla fusione. Ora non suggeriamo di spendere per andare a cercare il Rosenbach figlio di rifugiati tedeschi o Jeffrey Hall, magari Michael Young l’uomo di Miami, ma almeno di giustificare. Questo chiedono gli agenti degli stranieri farlocchi, superano quelli buoni davvero, quelli che insegnano; degli italiani che il loro orologio biologico lo hanno sintonizzato troppe volte sulle ore felici da passare rigorosamente lontano dalle palestre.

Il gene che odia il jet lag deve aver trovato casa nello sport italiano che si sta dividendo fra federazioni virtuose (il basket c’è insieme al nuoto, pallavolo, scherma e persino il tennis che premia le future generazioni con assegni che basterebbero a mantenere una società dilettantistica di atletica o, magari, di pugilato) e peccatrici (8 rugby e ciclismo in testa) come si legge sul Fatto. Questo gene sta tormentando un po’ tutti quelli che si occupano dello sport di squadra. Quello dove ogni padre, ogni agente, ogni mamma, moglie o ragazza del cuore, può dare dell’asino agli altri per le cattive prestazioni dell’“amatissimo bene”, eh sì la fama porta quattrini.

Non sghignazzate voi dell’atletica e del nuoto perché alle comari imprecanti fate sapere che il cronometro e il metro dicono già tutto, al massimo come capitò a noi in un campionato universitario vi troverete in tribuna un velocista nerboruto che reclama per aver dubitato del suo tempo ventoso. Questi, prendiamo il basket ad esempio, manipolano persino le statistiche, fingendone di credere al record di assist, alle triple doppie. Si confondono. Un caso? Prendiamo la grande armata di Armani. Meno 32 contro Kaunas, in casa sua. Voce del coro: c’è tempo per rimediare. Voce dell’allenatore: non è ora di guardare le classifiche. Benissimo.

Sarà per questo che la vittoria sul campo di Trento viene annunciata con tutta l’enfasi possibile dai maramaldi a servizio che vedono spennacchiata l’aquila trentina che già non volava da tempo, soprattutto adesso che ha un’ala ed una zampa ferita. Eppure ha retto per 20 minuti. Ci mancava che resistesse fino alla fine. Nessuno nega a Pianigiani il tempo della semina, siamo tutti convinti che farà un raccolto degno della sua storia di allenatore vincente inciampato soltanto sugli infortuni di Azzurra tenera e sulla incapacità di capire che il Fenerbahçe era una contrada diversa da quella senese. Non ha motivi per lamentarsi, lo stanno trattando tutti benissimo persino quelli che non lo volevano, ma, per favore, non ci venga a dire che verrà anche il tempo per gli italiani di una squadra dove fanno soltanto tappezzeria.

Vero che in allenamento, in palestra si cresce, ma con il ritmo campionato-coppa con due squadre diverse da guidare non è facile risolvere il problema. Per questo sarebbe più logico dare in prestito chi non avrà mai spazio vero. Quello delle palle che pesano quelli del momento Boscia, quando culo magia pigiama. Chiedere a Ramagli e alla sua Virtus. Troppe volate perdute sono più di una prova, ma non avevamo dubbi che alla fine avremmo sentito questa frase per giustificare l’insuccesso:” Nel momento delle decisioni definitive smettiamo di giocare come squadra e ognuno salva la patria sua.” Si perde il pelo, ma non il vizio. Certo Ramagli avrebbe pure il diritto di chiedere alla casa madre livornese, al Faraoni, perché a De Raffaele sono state date le conoscenze per vincere quasi tutti i finali, lo fa dall’anno scorso, continua quest’anno, mentre a lui gli stessi dei che illuminarono il suo presidente Alberto Bucci rubandogli, però, i secondi scudetto, sembrano aver regalato tutto meno l’orologio biologico delle partite che durano davvero 40 minuti.

Certo fai fatica a credere che si stia giocando bene quando Eurosport player ti porta tutto a domicilio. Giornate piene: pranzo, merenda, cena. Una meraviglia se resisti e guardi tutto, però, come succede quando si è davanti alla verità, fai fatica a credere che questo basket di vertice debba essere allargato, aumentando le società di serie A. Ci andrà bene se queste 16 finiranno la stagione perché non c’è soltanto Cantù nelle mani dei revisori conti. L’uomo nero gira in tanti posti, persino in società che stanno vivendo momenti di massima gloria. Insomma perché fare finta di credere a tutto. Qualcosa non funziona. Sì, bravissima Venezia, ma, accidenti ha vinto ai supplementari, con un autocanestro, contro la squadra che Cantù amava e che ora teme di perdere, quella che in rosso non ha soltanto il marchio da rivoluzione ottobrina.

Dicevamo della Milano che la Gazza aveva condannato il giorno prima (“un altro anno da buttare?”) e poi ha assolto per la “memo” impresa di Trento: 24-21 dopo 10’, 34-36 quando Buscaglia ha cercato in spogliatoio bombole d’ossigeno, banane e anacardi per muscoli che non rispondevano più. Sì, siamo convinti che Avellino correrà per i premi finali, ma soltanto una tripla di Rich ha permesso di fuggire dalle trappole difensive della Varese di Caja che presenta una bella difesa.

Va bene tutto, disfattismo per rompere l’incanto, i maroncini a quelli che non sopportano la critica, ai maramaldi che pagano per sentirsi dire bene, bravo, viva il direttor, ma accidenti davanti al sette su sette di Brescia farai almeno un inchino. Anche tre, ma non avevamo dubbi su Diana, anche lui scuola Livorno, su questa squadra che ha tenuto stretti i difensori della stagione del ritorno in serie A, aggiungendo, non togliendo. Bravissimi. Bravo anche Menetti ad uscire dalla buca dello zero scarabocchio. Ma laggiù dove si retrocede sarà una lotta dura con l’acido della depressione a meno che non arrivi una esclusione prima che il gallo canti.

Lorsignori che ci guardano in cagnesco, e molti dei loro giocatori viziati ascoltino il messaggio del novantatreenne Charles Aznavour, l’armeno francese che canta per tutti e non soltanto per gli dei, ancora oggi:” Se vuoi essere amato dal pubblico devi amarlo”. Tenetene conto.

Pagelle dalla provetta dove il moscerino ci spiega come ha illuminato le testa dei tre premi Nobel, così diversa dagli zucconi che volevano un basket nuovo facendoci portare la Coca Cola in tribuna e il caffè sui pantaloni:

FINALMENTE, ... LE PAGELLE

10 A Luca VITALI, quindi a Brescia, Diana, suo fratello Michele, ma, soprattutto Brian Sacchetti e Landry, perché ci voleva la sua faccia tosta a tentare sulla sirena un tiro che aveva sbagliato fin troppe volte. Certo lui è al record negli assist, ma questa zampata la ricorderanno in tanto per il 7 su 7 bresciano. Oltre i sogni. Attenti ai risvegli.

9 A SARDARA per non aver ceduto alla logica del cambio allenatore che tane amarezze ha portato a Sassari ai tempi del divorzio con Romeo Sacchetti. Ha chiesto alla squadra e tutti sono stati dalla parte di Pasquini. Per una volta i giocatori si sono presi la colpa.

8 A REGGIO CALABRIA che ci manca dai tempi del giudice Viola e di Versace, per la bella trovata delle maglie per celebrare le 1000 in NBA del Manu Ginobili che ha iniziato il suo viaggio fuori dall’Argentina proprio su quel legno salmastro.

7 Alla FEDERAZIONE, finalmente, per aver trovato una strada iscrivendo ad un campionato regolare il TAM TAM basket del maestro cantore ANTONELLI che i suoi ragazzini figli di immigrati, ma nati tutti in Italia, li ha portati in palestra anche quando in giro c’era il vento della reazione.

6 Al DI CARLO dell’Orlandina che ha deciso di stupirci anche quest’anno. L’anno scorso avrebbe meritato lo steso premio che ora sembra soffocare ESPOSITO, in questa stagione era partito sentendo soltanto critiche per un doppio impegno duro da digerire persino per i ricchi del sistema. Ha pagato, pregato, allenato. Forse farà pure i play off. Dici niente?

5 A Brian SACCHETTI se non dirà ad alta voce che a sbagliare furono quelli che non vedevano oltre il naso delle banali convocazioni e non suo padre che per la prima volta lo ha chiamato in una Nazionale. La partita di Bologna ci dice che è un giocatore completo, maturo, per bosco e riviera. Sì, è vero, che Michele Vitalia ha fatto cose buone quest’anno, ma per lui ci sarà tempo.

4 A Luca BANCHI se soltanto avesse in mente di ricordare a chi lo ha cacciato che non è poi tanto male se tiene questa Torino appena abbozzata al vertice della classifica, mentre altre Salomè che ne avevano voluto la testa, certo devi sempre trovare un Erode disponibile, stanno cercando di capire come salvare la capra e il cavolo, roba loro, senza perdere il contadino a servizio.

3 Alla VIRTUS BOLOGNA, che ci piace anche se perde troppe volate, perché nel congedo al capitano ROSSELLI è stata un po’ troppo gelida. Vero che esiste il divorzio, anche consensuale, ma la riconoscenza viene prima.

2 Alla LEGA di A2 perché lasciando libera la fantasia delle associate ci costringe ad appoggiare l’allargamento della massima serie. Sono bravi, hanno entusiasmo, idee, abbonati, a Forlì, quasi 2500 tessere più o meno il pubblico di certe partite in A1. Non potreste fare qualche errore? Tanto per adeguarvi a quei furbacchioni che vorrebbero fare Lega unica con voi, naturalmente comandando loro.

1 Alla PISTOIA che sta mandando fuori giro Vincenzo Esposito, rispettando l’odiosa regola dantoniana che il premio allenatore dell’anno non ti salva se nella stagione seguente incontri i giocatori sbagliati. Certo 42 punti fatti contro una Reggio Emilia disperata sono peggio di quello che il Comune non ha mai fatto per il palazzo.

0 A GIRASIMENKO per le macerie del Pianella, per la situazione di questa Cantù che avrebbe tutto, giocatori discreti, un buon allenatore, un caso che pure lui venga dalla scuola livornese di Benvenuti?, per essere protagonista fino in fondo. Siamo sicuri che se volesse cedere la vera Cantuki del basket troverebbe  chi può ancora salvare tutto e ricominciare da capo, da via Malchi.   
 

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