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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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I sentieri di Cimbricus / Quella sporca (ultima?) decina

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Lunedì 25 Settembre 2017

alptekin 2

di Giorgio Cimbrico

Con la squalifica a vita di Asli Cakir Alptekin, viene scritta un’altra “positiva” pagina di quella che è stata la gara più ricca di squalificate e di sospette della storia: che sia l‘ultimo capitolo, non scommetterei un farthing, una monetina ormai sparita che equivaleva a un quarto di penny. In quei 1500, corsi il 10 agosto 2012, finale olimpica allo stadio di Stratford (nella foto, l'arrivo), erano al via manipolatrici di urina, consumatrici di Epo e di sostanze che, naturalmente, avevano preso per vitamine. Capita spesso che vengano usate le più squallide scuse, le più inverosimili giustificazioni. A me, chissà perché, viene in mente quella vecchia striscia, Blondie e Dagoberto: lui arrivava cronicamente in ritardo in ufficio: “Mi si è incendiato lo spazzolino”, provò, mentre tentava di guadagnare la scrivania sotto lo sguardo feroce del capoufficio.

Torniamo alla gara che è meglio. O meglio, torniamo all’antefatto: al meeting di St Denis, un mese prima ei Giochi, la marocchina Mariem Alaoui Selsouli corre in un formidabile 3’56”15, mondiale stagionale. La beccano per uso di furosemide, un coprente, la sospendono e in seguito non vanno per il sottile: 8 anni.

Senza Selsouli di mezzo, a Londra la favorita è Abeba Aregawi, etiope che si appresta a diventare svedese: 3’56”54 al Golden di Roma con ultimo giro micidiale, è nata una stella, un’altra. La finale si corre a ritmi processionari e sull’ultimo rettilineo sbucano due turche turche, nel senso che non sono né etiopi né kenyane dal passaporto stile nespresso. Vince Alptekin (che un mese prima, a St Denis, era finita seconda in 3’56”62), seconda è Gamze Bulut.

In tribuna stampa saettano sguardi sorpresi, corrono sorrisetti maliziosi, qualcuno si spinge a riesumare vecchie battute – oggi, ovviamente proibitissime - di Eddy Ottoz sull’uso di rasoi e creme da barba. Quelli che coltivano cifre e collezionano dati ricordano come è andata a finire con un’altra turca turca: Sureyya Ayhan 3’55”33 nel 2003, vicecampionessa mondiale a St Denis nello stesso anno, campionessa europea a Monaco di Baviera, destinataria di una moneta e di un francobollo da parte della zecca e del poligrafico dello stato di Ankara. Squalificata a vita.

In cinque anni sono cadute più teste che al tempo del Terrore: limitandoci a quanto capitò quella sera la situazione può essere così riassunta: Alptekin, che aveva già scontato 2 anni dal 2004, ne incamera altri 8, ne sconta la metà, prova a rientrare e visto che non c’è due senza tre (veramente di positività ne bastebbero due …), prende l’ergastolo. Nel frattempo il riesame dei test di Londra è fatale a Bulut. L’oro è della bella etiope-bahrainiana Maryam Yusuf Jamal.

Ma la riscrittura del podio e della classifica risulta impervia. Tatyana Tomashova, terza, già sospesa nel 2008 per esser “intervenuta” sul suo campione di pipì, finisce nel grande calderone russo, così come Yekaterina Kostetskaya, nona. La ripetizione dei test con nuove tecnologie è fatale anche alla bielorussa Natalia Koreyvo, settima. E la grande favorita? Quella sera Abeba Aregawi non finisce meglio che quinta. Alla luce delle scosse telluriche subite dalla gara, dovrebbe essere seconda ma nel 2016 finisce nella rete per uso di meldonium ed è a quel punto che vengono in superficie le vitamine.

Al tirare delle somme, si salvano Jamal, l’americana Shannon Rowbury, sesta, e la slovacca Lucia Klocova, ottava, Morgan Uceny, americana, non finì la gara. Un vero peccato: quando daranno l’ultima risistemata potrebbe toccarle la medaglia di legno.  

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