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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Terza pagina / L'esordio olimpico del basket davanti a 500 ... ombrelli

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Venerdì 22 Settembre 2017

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di Gianfranco Colasante

Nel 1992, Giochi di Barcellona, toccò al Dream Team targato NBA fare storia e schiudere al basket la porta del XXI Secolo. Ma solo cinquantasei anni prima, a Berlino 1936, quella storia era ancora una pagina bianca. Il primo torneo olimpico, proprio quello giocato in Germania, si concluse sotto la pioggia con una finale tra Stati Uniti e Canada: si imposero i primi per 19 a 8 (15 a 4 al primo tempo)! Un punteggio che la dice lunga sulla qualità e la dinamicità del gioco. Molti anni più tardi il capitano degli studenti USA, Bill Wheatley, rievocò quei giorni in occasione dei Giochi di Los Angeles 1984: "Il pallone era più grande di quelli di oggi e aveva una lunga cucitura per chiudere la camera d'aria che ne falsava i rimbalzi. Si segnava poco e i passaggi e i tiri si facevano sempre a due mani".

Benchè James Naismith avesse dettato sin dal 1891 allo Springfield College le tredici regole base, il basket ai Giochi s'era visto, ma solo come esibizione, nel 1904 e poi ancora nel 1924 e nel 1928. Anzi, a Parigi, s'era presentata anche una squadra di studenti universitari torinesi raccolti sotto l'egida della YMCA, ma senza lasciar tracce. Per l'ingresso ufficile nel programma olimpico fu necessario attendere il 1936, appena quattro anni dopo la costituzione della federazione internazionale.
 
A quel primo torneo dalla formula cervellotica si iscrissero 22 squadre di tre continenti, anche se poi gli spagnoli - già in viaggio per la Germania - raggiunti dalle notizie sulla guerra civile in corso nel loro paese se ne tornarono indietro. Anche gli ungheresi, per ragioni mai chiarite, rinunciarono all'ultimo momento. Tanto che non si ebbe il tempo di modificare il tabellone. Ai Quarti poi non si presentò il Perù che aveva ritirato l'intera delegazione per un presunto danneggiamento nel torneo di calcio. Nessuno lo notò allora, ma nel primo turno si erano affrontati giapponesi e cinesi, già da tempo formalmente in guerra dopo l'invasione della Manciuria da parte del Mikado.

Quella di Berlino fu la sola occasione nella quale tutti gli incontri (pare per volere della stessa federazione internazionale, almeno a stare al Rapporto Ufficiale) si disputarono all'aperto, su campi da tennis riadattati. I terreni di gioco, malgrado fossero stati compattati, vennero messi a dura prova dalla forte pioggia, caduta specie negli incontri di finale benchè si fosse a cavallo del Ferragosto. Tanto che Wheatley, della finale vinta contro i canadesi, ricordava solo "la distesa degli ombrelli." Nella squadra USA giocava anche un lituano naturalizzato, Frank Lubin, il cui cognome originale era Lubinas.

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Anche gli italiani - per il loro battesimo olimpico - avevano presentato un "oriundo", anzi in assoluto il primo del nostro basket. Si trattava di Michele "Mike" Pelliccia, un giocatore di New York la cui famiglia era originaria di Napoli. Gli azzurri - che erano affidati al DT Decio Scuri (uno dei padri nobili della nostra palla al cesto, come si doveva autarchicamente chiamare il basket) e all'allenatore Guido Graziani - si classificarono al settimo posto. A loro merito il punteggio più alto del torneo, un 58 a 17 inflitto agli sprovveduti tedeschi.

La partecipazione italiana a quei Giochi l'aveva fortemente voluta il conte Giorgio Asinari di San Marzano [1901-1975] che, dopo aver iniziato a giocare in seno alla Ginnastica Roma, era stato arbitro e dirigente regionale, fino a venire designato nel 1930 presidente della neo-costituita Federazione Italiana Palla al Cesto, restando in carica fino al 1942, quando aveva lasciato tutto per il fronte russo. Assieme a William Renato Jones [1906-1981], un inglese nato a Roma e osannato padre del basket moderno, Asinari aveva dato vita alla prima federazione internazionale (AIBA) fondata nella Capitale nel 1932 e della quale Jones è stato presidente fino al 1948.

Come detto la squadra italiana riuscì a classificarsi tra le prime otto, preceduta tra le europea solo dalla Polonia. L'anno seguente gli azzurri si confermarono nell'élite europea, perdendo per un solo punto, contro la Lituania, la finale dei campionati continentali. La nostra squadra olimpica, come le altre, comprendeva 14 giocatori dei quali ne scesero in campo tredici. Il solo a restare in panchina fu lo studente triestino Ezio Varisco che, in guerra, venne abbattuto col suo aereo sui cieli della Libia nel novembre 1942.

Questi i loro nomi e l'età all'epoca di Berlino: Gino Basso (22 anni), Ambrogio Bessi (21), Enrico Castelli (27), Galeazzo Dondi dall'Orologio (21), Livio Franceschini (25), Emilio Giassetti (30), Giancarlo Marinelli (21), Adolfo Mazzini (25), Mario Novelli (25), Sergio Paganella (25), Mike Pelliccia (26), Remo Piana (28), Egidio Premiani (28), Ezio Varisco (22).

Giassetti era un dalmata che in realtà si chiamava Jaksetticj ed era stato costretto a "italianizzare" il cognome in ossequio alle norme in materia emanate nel 1929. Altro nome importante era quello di Enrico Castelli che nel dopoguerra sarà a lungo autorevole Delegato Regionale del CONI per la Lombardia. Quanto a Marinelli - che avrebbe ancora giocato a Londra 1948 - da allenatore condusse la squadra azzurra ai Giochi di Helsinki.

Per restare ancora agli italiani si può ricordare che della giuria faceva parte l'ingegner Paolo Parodi Delfino, vice-presidente federale, e che due erano gli arbitri: il milanese Egidio Ghirimoldi, "Papà Ghiri" com'era chiamato nell'ambiente dei canestri, pioniere e già allenatore della nazionale negli anni Venti, e Vittorio Ugolini, nato in Romania e che fu attivo dal 1932 al 1957. Per restare agli arbitri, va detto che in campo ne funzionava uno soltanto, coadiuvato da un addetto al punteggio e da un cronometrista.

In tema d normative, si può ricordare che all’epoca le squadre potevano schierare in campo solo sette uomini (da qui le squadre limitate a 14 nomi), due dei quali erano considerati a pieno titolo riserve. La durata degli incontri era fissata in 40' con due tempi da venti. Le tattiche di gioco erano primordiali se non proprio inesistenti: il quintetto base prevedeva due difensori e tre attaccanti con ruoli piuttosto rigidi. Non esistevano cambi (un giocatore uscito dal campo si intendeva sostituito per l’intero incontro) e i “falli personali” concessi erano solo quattro. 


Nomi e numeri di Berlino 1936

Primo Turno –
Est-Fra 34-29; Chi-Tur 30-16; Sui-Ger 25-18; Ita-Pol 44-28; Per-Egy 35-22; Lat-Uru 20-17; Bra-Can 24-17; Jpn-Chn 35-19; Mex-Bel 35-9; Usa-Esp 2-0 (forfait); Tch-Hun 2-0 (forfait).

Recuperi Primo Turno –
Uru-Bel 17-10; Chn-Fra 45-38; Egy-Tur 33-23; Can-Hun 2-0 (forfait); Ger-Esp 2-0 (forfait); Pol, bye.

Secondo Turno –
Phi-Mex 32-30; Jpn-Pol 43-31; Uru-Egy 36-23; Per-Chn 29-21; Usa-Est 52-28; Ita-Ger 58-16; Sui-Tch 25-12; Chi-Bra 23-18; Can-Lat 34-23.

Recuperi Secondo Turno –
Pol-Lat 28-23; Bra-Chn 32-14; Mex-Egy 32-10; Tch-Ger 20-9; Est, bye.

Ottavi –
Phi-Est 39-22; Ita-Chi 27-19; Mex-Jpn 28-22; Can-Sui 27-9; Uru-Tch 28-19; Pol-Bra 33-25; Usa e Per, bye.

Quarti –
Usa-Phi 56-23; Mex-Ita 34-17; Can-Uru 41-21; Pol-Per 2-0 (forfait per ritiro della delegazione peruviana).

Semifinali –
5°-8° posto: Phi-Ita 32-14; Uru-Per 2-0 (forfait).
1°-4° posto: Usa-Mex 25-10; Can-Pol 42-15.

Finali –
7° posto: Ita-Per 2-0 (forfait)
5° posto: Phi-Uru 33-23
3° posto: Mex-Pol 26-12

1° posto: [12 Ago] Usa-Can 19-8  (15-4)
(con un asterisco i giocatori che hanno disputato la finale)
Stati Uniti [USA]: Samuel Balter, *Ralph Bishop, *Joseph Fortenberry, John Gibbons, *Francis Johnson, *Carl Knowles, Frank Lubin [Lubinas], Arthur Mollner, Donald Piper, *Jack Ragland, Willard Schmidt, *Carl Shy, Dwayne Swanson, William *Wheatley.
Canada [CAN]: *Gordon Aitchison, *Jan Allison, *Arthur Chapman, *Charles Chapman, Edward Dawson, Irving Meretsky, *Douglas Peden, *James Stewart, *Malcolm Wiseman.
Arbitro: Su Woong T. (Chn).

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