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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Saro' greve / 1972: il mio "mondiale" di salto in basso

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Sabato 2 Settembre 2017

monaco-72

di Vanni Lòriga

I giorni iniziali del mese di settembre sono per me molto importanti. Ne cito qualcuno in ordine cronologico. Nei giorni 2 e 3 settembre di 57 anni fa. Era il 1960 e sulla pista dello Stadio Olimpico di, Roma (tennisolite, sette corsie, lui in quinta) Livio Berruti toccava il vertice della sua invidiabile parabola atletica. Tutti sanno che nell’intervallo di 130 minuti intercorrenti fra le 15,50 e le 18,00 il velocista piemontese eguagliò per due volte il record mondiale dei 200 metri coprendo la distanza in 20”5. Su quei record sappiamo quasi tutto.

Per esempio che il cronometraggio automatico registrò in finale 20”62; che la temperatura era di gradi C. 24,5; pressione barometrica 762,7 ed umidità al 69,9%; che lo starter Primo Pedrazzini fece trascorrere 17”6 tra il “Ai vostri posti” (a quei tempi i Giudici di partenza davano ordini nella loro lingua madre) ed il “Pronti” ed un altro secondo e 6 decimi prima del colpo pistola.

Il “Giorno dei Giorni” di Livio Berruti

L’unica notizia che manca è quella relativa alla velocità del vento. Làtita sui fogli gara (stampati al ciclostile su fogli di color paglierino) e sul rapporto ufficiale: Non è riportata neanche in questo nostro completissimo Sito olimpico, il che è tutto dire. Sulla pubblicazione ufficiale della IAAF (Progression of World Best, ecc.) si parla di “under +2,0w”. Infine il super-attendibile Roberto Luigi Quercetani non può astenersi dal riferire che “il vento entro il limite garantì l’omologazione” dei record.

Mentre seguivo quella finale non potevo fare a meno di ricordare che un anno prima (esattamente il 13 settembre 1959), sulla attigua pista dello Stadio dei Marmi, la Guardia di PS Livio Berruti aveva vinto il titolo di campione del mondo militare correndo i 200 in 21”1. Impresa ignorata nel pur cospicuo libro di Claudio Gregori a lui dedicato. E con un altro balzo a ritroso di quattro anni eccomi al Campo Ruffini di Torino, colà trascinato dal mai abbastanza citato Capitano Vittorio Battan, il primo concorrente atletico di "Lascia e Raddoppia". Nella gara dei 100 metri degli studenteschi si affermò uno del Liceo Cavour. Il suo nome era Berruti Livio. Non mi fece una grande impressione. Mi sbagliavo.

Mennea 33 volte in 20”30 o meno

Facciamo un altro balzo avanti ed arriviamo al 4 settembre 1972. A Monaco di Baviera il ventenne barlettano Pietro Paolo Mennea si assicura la medaglia di bronzo con il suo personale automatico di 20”30. Nelle fasi eliminatorie aveva già corso in 20”40; 20”47 e 20”. Ma è solo l’inizio di una carriera nel corso della quale per tre volte andrà sotto i 20 secondi netti; per undici sotto 20”10; per 17 volte sotto 20”20 e per 33 entro il già citato 20”30. Lui sperava qualcosa di meglio sul piano cronometrico, ma si trattava di risultato rilevante, battuto solo dall’allora imbattibile Valery Borzov (con 20”00 e non a caso il suo cognome in russo significa “levriero”) e da Larry Black (20”19). Di Mennea mondiale e olimpionico parlerò nella prossima puntata e intanto faccio un altro passetto avanti e giungo al 5 settembre 1972.

Il Grande Massacro di Monaco

Si tratta di giornata di riposo ed il direttore del Corriere dello Sport Mario Gismondi mi incarica di dedicarla ad una grossa intervista a Mennea, praticamente suo concittadino. Il programma non viene rispettato per un motivo assai grave. Alle prime ore di quel giorno un commando di otto fedayn (il plurale della parola araba fida’i che significa “devoto” di al-Fath, propaggine giovane dell’OLP di Arafat) ha fatto irruzione nel Villaggio Olimpico introducendosi negli alloggi degli Israeliani.

Mi viene affidato il compito di seguire gli avvenimenti che si concluderanno in maniera drammatica. È impossibile entrare nel Villaggio, inflessibilmente presidiato dalla polizia tedesca. Individuo però un punto non sorvegliato, un terrapieno alto circa cinque-sei metri.

Ritengo che sia possibile calarsi da quella altezza. Lo faccio e mi butto. Tocco terra pesantemente. Risultato: frattura esposta di tibia e perone della gamba destra; ricovero; intervento chirurgico con 48 punti esterni ed interni; quattro mesi di gesso. Qualcuno mi definisce un perfetto imbecille; altri l’eroe di Monaco. Al punto che l’allora Ministro allo Sport (in Italia abbiamo avuto anche questo dicastero affidato ad Italo Giulio Caiati) mi consegna una decorazione. Debbo precisare che non fui né uno “str…” né un eroe.

Ero sicuro che si trattasse di operazione non difficile. Infatti ero stato a suo tempo allenatore e dimostratore del pentathlon militare che fra le varie prove include proprio la scalata di una biscaglina alta cinque metri con successivo ed agile volteggio a terra, primo di venti ostacoli (vedi foto presa ai Mondiali di pentathlon militare del 1959 a Stoccolma). Nello stabilire il mio record mondiale di salto in basso dimenticai soltanto che dai giorni della mia giovinezza erano trascorsi una quindicina di anni e di chili. In più …

 

 

PS – Considerato che nell’album dei ricordi sto sfogliando le pagine legate alla velocità anticipo che, nelle prossime puntate, tratterò del record mondiale di Mennea (12 settembre 1979). Giuro di dire la verità, tutta le verità e null’altro che la verità su una vicenda durata 19”72 e che nel frattempo si è tramutata in una leggendaria serie di invenzioni.
 

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