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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Londra '17 / Onore ad Antonella, certi che non cambiera' nulla

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Domenica 13 Agosto 2017

palmisano-londra

di Daniele Perboni

Dieci giorni in trepidante attesa. Dieci giorni a scrutare il cielo fiduciosi in qualcosa di buono. Dieci giorni a smoccolare per le continue eliminazioni precoci. Dieci giorni a cercar di anestetizzare questo “maledetto” amore che ci tiene incollati allo schermo. Mentre la consorte sbuffa. Dieci giorni di pazienza, sempre sull’orlo di esaurimento (la pazienza). Alla fine, finalmente, siamo stati premiati. L’Antonella “Salvatrice” Palmisano, entrata in scena nella giornata dedicata alla marcia, si regala e ci regala quella medaglia che mancava da tanti, troppi anni (foto Colombo/Fidal). Terza, nella 20 km, a suon di primato personale sbriciolato di un minuto e 15 secondi. Aveva 1h27’51”, risalente al 2014, ha chiuso in 1h26’36”. Davanti la cinese Jiayu Yang (1h26’18”) e la messicana Maria Guadalupe Gonzalez (1h26’19”).

E adesso tutti a incensare, più che giustamente, accidenti, nostra signora di Mottola che non corre e mette in mostra uno “stile”, come si diceva nei tempi andati, estremamente corretto e piacevole anche a guardarsi. Sì, piacevole, perché, siamo sinceri, non molti apprezzano tutto quello sculettare per 20, 30, 50 chilometri. Eppure da questi “puzzapiedi” (in senso affettuoso) sono arrivate grandi e tantissime soddisfazioni. Per l’atletica italiana la marcia è quello che resta la scherma è per lo sport italico. Quando tutto crolla i faticatori del tacco e punta sono lì, a riempire il buco nero che trascinerebbe il movimento nell’eclissi notale. Così è stato anche per questi Mondiali.

Che dire d’altro? Forse che il bronzo vale molto di più di quanto appaia? Che le due atlete arrivate davanti potevano tranquillamente schierarsi nella finale dei 10.000 e non arrivare ultime? Perché? Semplicemente perché non marciavano, correvano! Stravolti tutti i canoni di una corretta tecnica. Non lo diamo noi, non certo tecnici raffinati, ma anche chi la specialità la segue di riflesso. Un esempio semplice semplice. La consorte ha seguito accanto a noi gli ultimi tre chilometri. Ascoltate le regole basilari della tecnica ad un certo punto ha sbottato: «Ma quelle corrono, dai!».

Purtroppo, e per l’ennesima volta, la marcia, i giudici di marcia non si sono dimostrati all’altezza, sorvolando su tutto o quasi. Chi più o chi meno, tutti i presenti sul percorso hanno rimarcato lo stile più che discutibile della cinese a della messicana a fronte della perfezione quasi assoluta della Palmisano. Tutti, tranne uno: Antonio La Torre, advisor del fondo e marcia per la FIDAL. «Sinceramente non mi sono accorto delle irregolarità» le sue parole. Lo riteniamo una presa per il … A che pro simili affermazioni? Azzardiamo? Perché Sandro Damilano, responsabile della marcia cinese, è un suo grande amico? Non ha intenzione di andare in rotta di collisione con i vertici IAAF? O più semplicemente perché vuole vivere giorni tranquilli senza ulteriori rotture di scatole? Ai posteri …

Si chiude qui l’avventura londinese per la numerosa spedizione italica. Bottino misero, se ancora non lo si era compreso. Una medaglia, due finalisti (Palmisano e Meucci nella maratona), tredici i punti nella speciale classifica (8 per il terzo posto di Antonella e 5 per il sesto del maratoneta). Stop. Nulla di più, nulla di meno. Siamo all’ablativo direbbe il vecchio Dante Merlo, maestro indimenticabile del sottoscritto. Molto lavoro attende chi di dovere per risalire la china. Ma ne dubitiamo molto.

Alla guida del movimento è stato rieletto quell’Alfio Giomi che già ci aveva regalato uno zero ai mondiali di Pechino e ai Giochi di Mosca. Dunque? Dunque a che serve cianciare di rinnovamento se poi si mette l’identico timoniere a guidare la nave? Anche un tonante “torni a bordo, cazzo!” non servirebbe a nulla. E la navicella continuerà imperterrita sulla rotta di collisione.

Arrivederci alla prossima (se ci sarà).
 

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