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Londra '17 / Le peripezie "mondiali" di un non piu' giovane cronista

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Mercoledì 9 Agosto 2017

londra-17

di Giorgio Cimbrico

Finché i piedi ci portano, uno dei titoli sulla nutrita e commovente storiografia sulla Ritirata di Russia, è a piccoli palmi la nostra condizione umana in questi giorni londinesi. Che è presto narrata: quel che cinque anni fa – e cioè cinque anni più giovani – facevamo in bus, oggi siamo costretti a farlo a piedi. Dalla stazione di Stratford allo Stadio, dallo Stadio alla Stazione di Stratford, un paio di chilometri (abbondanti) all’andata, altrettanti al ritorno, su un percorso tutt’altro che lineare, con scavalcamento di viadotto, scalinate, svolte, controlli (blandi) e, tornando a casa, code umane stile shopping sulla Ginza.

Quando la stazione viene imboccata, pare di atterrare a Shangri-la, nel Giardino delle Eumenidi o di finire nelle braccia delle Nereidi. In realtà, è necessario attraversare ancora tre atrii, arrampicarsi su tre rampe, mettersi in agguato per centrare una porta scorrevole del convoglio e conquistare un posto a sedere. Dovendo andare da East a West, tredici fermate, è il minimo a cui si possa ambire.

Questi Mondiali farebbero la felicità dei produttori di callifughi, provocherebbero una nutrita convention di podologi provenienti da ogni angolo del mondo, avrebbero l’appoggio finanziario del dottor Scholl, esperto nel non far soffrire le vostre estremità.

La domanda più semplice è: perché non hanno messo una navette dalla stazione allo stadio? Nessuna risposta. Forse non ci hanno pensato, forse costava dei quattrini, forse è giusto che non esistano differenze tra chi è lì a divertirsi e chi lavora. So bene che qualcuno potrà eccepire sul termine “lavoro” ma non mi preoccupo e vado avanti.

Mai nazionalista e da sempre anglofilo, mi dirigo verso altri tipi di osservazioni. Gli inglesi organizzano per un affare di cuore e per un affare. Fa parte della loro storia: amavano l’esotismo e l’avventura, scoprivano posti nuovi, ci si stabilivano, ne sfruttavano le risorse. Questa, in venticinque parole, la nascita e lo sviluppo dell’Impero e dello spirito che lo ha governato. E tutto sommato dello spirito che anima questi grandi eventi: guadagnare molto spendendo poco, evitando i fronzoli, abolendo i privilegi che qualche categoria può accampare.

Il risultato finale riporta a un rinvio a Luison Ganna che, al termine del primo Giro d’Italia, intervistato sulla sensazione che stava provando, rispose che “la sensasiun l’è che me brusa el bus del cul”. La mia sensasiun è che mi fanno male i piedi e che studio ogni scusa possibile per bigiare le gare e vederle su un maxischermo. E’ tutto più tranquillo e ovattato, si evita l’ultima rampa – una specie di Golgota – per raggiungere il proprio posto in tribuna stampa e si vedono le gare. Là, tra televisioncina, data base, posti adatti solo dopo aver seguito un corso di fachirismo, è un gironcino infernale.  

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