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Italian Graffiti / Sconfitto Barelli, perde (tutto) lo sport italiano

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Lunedì 24 Luglio 2017

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di Gianfranco Colasante

Non so se è vero che qualcuno ha esultato in Italia per la sconfitta di Paolo Barelli nelle elezioni per la presidenza della FINA, la seconda federazione olimpica. Non lo voglio credere, anche se possibile. Stiamo ai fatti. Venerdì scorso, nel bel mezzo dei Mondiali di nuoto, all'Intercontinental di Budapest si è consumato l'atto finale di una consultazione elettorare fin troppo sporca, soprattutto a causa di certe regole restrittive imposte all'ultimo momento dal management in uscita. Due i candidati al soglio: da un lato il grande vecchio Julio Maglione, uruguayano (ma c'è il nuoto in Uruguay?), al terzo mandato consecutivo; dall'altro il presidente della LEN, come dire dell'intera Europa, l'ex senatore Barelli. Come è finita, lo sapete tutti. Maglione ha stravinto portando a casa 258 preferenze, contro le 77 del rivale.

Il quale, costretto com'è stato a fare una campagna di rimessa, limitata solo a un "Manifesto" inviato via mail, ha lasciato la sala sbattendo la porta. E ne aveva tutte le ragioni. Resta il fatto che a guidare gli sport acquatici - come ama dire il CIO, col suo bizantinismo, per tenere assieme cinque discipline del tutto diverse - sarà un vecchio signore che a Tokyo festeggerà le 85 primavere. Con una federazione internazionale spaccata in più parti da risentimenti e interessi diversi. Nello specifico rappresentati dal gruppo di potere che ha lavorato alle spalle di Maglione e che espone in vetrina il discusso Husain Al Musallam, il miliardario kuwaitiano capo dello sport asiatico al centro di più di una inchiesta della FIFA. Premiato, ovviamente, con una prima vice-presidenza.

Partiamo da qui, per una riflessione più ampia sulla (ridotta) presenza italiana nelle federazioni internazionali. Il cui ampliamento dovrebbe, di contro, essere il primo obiettivo di chi intende, credibilmente, continuare a parlare di candidature ai Giochi. Vediamo. Attualmente l'Italia ha la presidenza di due federazioni olimpiche: quella di Bob/Skeleton che è nelle mani di Ivo Ferriani che lo scorso agosto ha completato il suo lungo percorso con l'ingresso nel CIO, e quella di Baseball e Softball guidata da Riccardo Fraccari, due discipline che, grazie all'abilità di Roberto Fabbricini, nel 2013 si sono riunificate quale premessa al ritorno alle Olimpiadi. Niente altro.

Più numerose le uscite o, come nel caso di Barelli, le sconfitte. Per stare agli avvenimenti più rilevanti, nel novembre 2016 Carlo Croce ha perso la presidenza della World Sailing a vantaggio del danese Kim Andersen, risultato a sorpresa dopo una campagna sotterranea sulla revisione o meno delle classi olimpiche. L'uscita di scena di Croce, battuto anche per la presidenza della federazione italiana da Nico Reggio, va oltre il semplice avvicendamento. Se non altro per il valore del personaggio, le storie di famiglia e per quanto i Croce hanno dato allo sport italiano, non solo alla vela.

Ancora. Nello scorso maggio, a Bangkok, per la federazione di sollevamento pesi Antonio Urso è uscito ancora battuto dal sempiterno Tamas Ajan, al vertice della IWF da 12 anni dopo esserlo stato a lungo da segretario generale. Urso, anche lui in rappresentanza dell'Europa, è stato sconfitto per 86 a 61. Quanto all'ungherese Ajan, a Tokyo, anche lui avrà abbondantemente superato gli 80 anni. Si poteva fare di meglio? Non so, ma di certo la pesistica, più di altre federazioni, aveva bisogno d'aria nuova.

La sconfitta di Barelli completa così un trittico tutt'altro che esaltante. E che va considerata una clamorosa battuta d'arresto non solo per la FIN o per la LEN, ma per l'intero sport italiano, sempre meno rappresentato sullo scenario internazionale, dove tutto si bilancia e tutto si decide. Nè può valere come contentino rifarsi alla doppia nazionalità di Gianni Infantino (Svizzera/Italia), presidente della nuova FIFA, e l'ingresso in quota rosa di Evelina Christillin tra i 37 membri del Council del calcio.

Tutto ciò premesso, come usa dire, sarebbe opportuno per il CONI attrezzarsi meglio sul piano internazionale e seguire una qualche strategia vincente (tanto più che, a breve, Fabbricini lascerà la segreteria). Non va poi dimenticato che sono prossimi all'uscita dal CIO, per raggiunti limiti d'età, Mario Pescante e Franco Carraro, il secondo è il più anziano in carica dopo il canadese Pound.

Intanto il CONI sta lavorando con una sua task-force per ottenere nel 2019 l'assegnazione di una Sessione del CIO a Milano. Che l'ottenga, non ci sono dubbi, dal momento che non risultano altre pretendenti. Che sappia utilizzarla al meglio - è non solo in vista di un possibile "rimpiazzo" al CIO di Pescante o di Carraro - è per ora solo un auspicio.  

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