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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Saro' greve / Come a Rieti si corre, a Roma si nuota piu' veloci?

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Lunedì 26 Giugno 2017

europe

di Vanni Lòriga

Questa volta parlerò di Mauro Lais e di Salvatore Massara. “Lais e Massara: ma chi erano costoro? ” si chiederanno gli ignari lettori di sportolimpico.it. Mauro Lais era un famoso avvocato sardo-romano, tra i pionieri del rugby italiano e alla fine degli anni ’50 presidente della Federazione. Storiche certe sue audaci arringhe. Una volta un suo difeso lo stoppò: “A Mauro, statte zitto se no ce mettono ar gabbio tutte e due …”. Lais mi è tornato improvvisamente alla memoria in questi giorni seguendo le telecronache della Coppa Europa Bruno Zauli di atletica.

So bene che non si chiama più così e che ora viene spacciata come “Europeo a squadre” o più internazionalmente “European Athletics Team Championships”. Ma per me e per quelli della mia generazione resta la gara di Zauli. Sull’argomento tornerò più avanti.

Quando sento certe cose spengo la TV

Di Lais ricordo una storica definizione delle telecronache dell’indimenticabile collega Paolo Rosi: “Quando parla di boxe mi fa incaz …; quando commenta l’ atletica smorzo l’audio e quando passa al rugby spengo il televisore …”.

Certo, Paolo non meritava questo commento che comunque e del tutto automaticamente mi è tornato in mente seguendo le cronache da Lilla (vietato dire Lille, mentre anni fa era obbligatorio parlare di Gotebori…).

Così come mi sono ricordato di Salvatore Massara, collega che scriveva di atletica praticamente su tutti i giornali e soprattutto sul Mattino di Napoli. Esaminando anni fa la crisi dell’atletica italiana, profetizzò: “Torneremo fra i primi quando diventeranno grandi i figli dei ‘vù cumpra’!” Niente di razzistico. Ma constatando che ben 19 sono i cosiddetti “naturalizzati” presenti nella squadra che rappresenta l’Italia, come non dargli ragione a posteriori?

E come non concordare con l’avvocato Lais quando senti certi commenti? Non mi va di fare nomi, anche perché dalle mie parti “no iscobiadu nisciunu”, cioè nessuno fa la spia, ma forte sarebbe la tentazione.

Lezioni magistrali di diritto internazionale

Soprattutto quando per ore ed ore ti devi sorbire lezioni magistrali di diritto internazionale. Invece di parlare di atletica (e magari di quella che fu) ci si ingolfa in un vortice di jus soli (certe volte peraltro temperato), di jus sanguinis, di jus culturae, di cittadinanza da non confondere (guai a farlo!) con la naturalizzazione, di oriundi.

Debbo confessare che inizialmente avevo nel campo idee confuse; adesso non ci capisco più nulla. A rischio di essere mitragliato da insulti e condanne mi chiedo solo quale diritto (jus, in lingua italiana) abbiano le rondini di fare il nido in qualsiasi grondaia del mondo …

Ma nelle telecronache atletiche non esistono confini culturali. Si parla anche di storia coloniale e, tanto per rendermi utile, mi sembra di ricordare che l’impero coloniale tedesco (Deutsche Kolonien und Schutzgebiete) comprendesse oltre all’attuale e citata Nabibia anche Camerun, Togo, Tanganica, parte del Ruanda Burundi.

Al termine della “Tre giorni” di atletica disputata in Francia l’Italia si classifica al settimo posto, senza nessuna vittoria. Ad altri più di me infornati dei fatti spetta il compito di commentarli.

Ho un sassolino nella scarpa …

Per quanto mi riguarda avevo promesso che avremmo parlato della Coppa Europa Bruno Zauli. La sua data di nascita risale al 16 novembre del 1963 quando a Sofia la IAAF accettò la proposta del grande dirigente italiano di organizzare una competizione europea a squadre. Pochi giorni dopo Zauli veniva a mancare a Grosseto dove si trovava per inaugurare il 65° Campo Scuola.

La sua Coppa celebrava la prima edizione nel 1965, due anni dopo. Allora la formula prevedeva una fase di qualificazione; successive semifinali ed infine la Finale riservata alle migliori sei Nazioni (anche perché in quei tempi le piste di atletica erano ancora quasi tutte a sei corsie…).

Nella prima edizione nella semi finale di Roma (Stadio Olimpico 21-22 agosto 1965) la nazionale italiana non ottenne la promozione, quarta e con solo due vittorie nelle venti gare in programma. Siccome non mi va di darmi delle arie, dirò soltanto che i due vincitori prestavano servizio militare nella Compagnia Atleti della Cecchignola che ai quei tempi comandavo. Si trattava di Sergio Ottolina nei 200 e di Eddy Ottoz nei 110 ostacoli. Il nostro DT era tale Enzo Rossi.

Anche nella successiva edizione (1967 a Ostrava) l’Italia non fu promossa alla finale. Si dovette attendere il 1970 e Saraievo per essere ammessi al vertice europeo. Ma questa è un’altra storia che non mancherò di raccontare. Anche perché, circa 60 anni dopo, debbo levarmi qualche sassolino dalla scarpa.

Tanto per mettere la parola fine ad un ricco fine settimana di sport olimpici (c’erano anche i Sette Colli di nuoto) si è parlato assai dei bel risultati che l’atletica ha sempre stabilito a Rieti e della qualità favolosa della piscina del Foro Italico. Su Rieti ci furono tanti dubbi sulla lunghezza della pista, che pertanto fu rigorosamente e ripetutamente rimisurata. Nessuno ha però pensato che Rieti è la Capitale del volo a vela? E se lo è, ci sono evidentemente in quel territorio condizioni metereologiche particolari, con componenti sostentatrici che non si possono sottovalutare.

Sulla piscina di Roma non ho idee precise. Anticipo però che sto scrivendo qualcosa sul grande Renato Funiciello, che ricordava sempre come la zona di Roma, ove sorge il complesso sportivo del Foro Italico, vantasse insolite caratteristiche geologiche che potrebbero favorire le prestazioni sportive. Anche di questo riparleremo con calma.

 

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