- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Se il record e' figlio del marketing

PDFPrintE-mail

Giovedì 4 Maggio 2017

kipchoge

di Giorgio Cimbrico

La mattina del 6 maggio 1954 Roger Bannister, giovane specializzando, fece un giro in corsia. Nel pomeriggio, a Iffley Road, Oxford, diventò il primo uomo a correre un miglio in meno di 4’. Qualcuno la definì l’ultima impresa imperiale: la penultima era stata la conquista dell’Everest, meno di un anno prima (29 maggio 1953) ad opera di Edmund Hillary e di Tenzing Norgay. Hillary, un neozelandese di cuoio e legno, la offrì in dono a Elisabeth che di lì a cinque giorni sarebbe stata incoronata. La liquidazione di un planisfero disseminato di color rosa stava per cominciare.
Non è noto se per caso o se per intenzione, il 6 maggio, all’autodromo di Monza, verrà attaccato l’Everest delle due ore nella maratona al culmine di un’operazione di marketing elaborata da una delle più potenti aziende di calzature e di abbigliamento.

L’eritreo Zersenay Tadese e l’etiope Lelisa Desisa daranno una forte mano a Eliud Kipchoge, kenyano, campione olimpico e terzo della storia sulla distanza. Calzeranno scarpe degne del gatto con gli stivali, avranno divise che aderiranno perfettamente alla figura e sembra che avranno anche l’aiuto di “lepri” in panchina, pronte a subentrare per imprimere le cadenze necessarie per raggiungere l’obiettivo.

Semplici operazioni, alla portata di un ragazzino, suggeriscono che progredire da 2h02’57 (di Dennis Kimetto) a 1h59’59” deve esser valutato nell’ordine del 4,5%. Applicando una simile percentuale a due specialità-simbolo dell’atletica – i 100 e il salto in alto – si ottengono un tempo tra 9”10 e 9”12 e uno scavalcamento oltre i 2,56. La stordente apparenza è quella dei record previsti da scienziati che periodicamente si divertono a calcolare i limiti umani e dettano tabelle dei primati per il 2050, il 2100 o magari per quando l’uomo, dopo aver subito un’altra evoluzione, si sarà trasformato in quadrupede, come una delle razze incontrate da Lemuel Gulliver nel suo peregrinare.

Rimanendo nel campo dell’ufficioso – e del circense – Asafa Powell, con l’aiuto di potenti ventilatori alle spalle e lungo il rettilineo, corse sotto i 9”40, ospite di una trasmissione televisiva giapponese che mirava all’effettaccio. Non si conoscono simili exploit di saltatori, se non risalendo alle gare rituali dei Watussi che si servono di una specie di trampolino di lancio nelle vicinanze dei ritti. E’ evidente che, citando questi esempi, ci si stia sempre più allontanando dall’atletica per percorrere altri sentieri. Quello imboccato dalle major delle calzature porta diritti a un grosso affare. Quanti saranno quelli che non potranno fare a meno di quelle scarpe, così come non si può fare a meno di un telefonino con molti giga nel caricatore?

L’assalto senza senso a un record senza senso arriva giusto qualche giorno dopo il deciso pronunciamento dell’Associazione Europea. Dicono di andare a caccia della credibilità perduta, della chiarezza, perché chi ama l’atletica, ha detto Svein Arne Hansen, non può vivere nella nuvola del dubbio. Sono parole cristalline, sono concetti nobili, un formidabile esercizio di riverniciatura, di ricostruzione della verginità – se mai c’è stata -  per non finire abbandonati da chi certi processi ha attivato, investendo molto denaro per avere il meglio, il meglio del meglio, il meglio senza confini.

E’ la parabola dello sport e del mondo che stiamo attraversando, bello, levigato e prospero. Ma è sufficiente riuscire a dare un’occhiata dietro le quinte, come riesce a fare Truman riuscendo a interrompere il suo interminabile Show, per capire che siamo finiti nella valle dei topi, dove ai morti non sono rimaste neanche le ossa. A ognuno il suo: il verso è di T.S Eliot.

Dopo che tutte le sirene e i segnali d’allarme hanno iniziato a suonare, non restava che correre ai ripari. E cosa poteva esserci di meglio che una fase di iconoclastia? Gettare le immagini false, fare a pezzi gli idoli fasulli e se in questa furia andranno perduti anche dei Caravaggio, dei Vermeer, degli originali scritti con la penne d’oca da Mozart o da Heine, sarà necessario rassegnarsi. Capita quando viene instaurata la legge marziale. Le parole più belle le ha dette un campione intelligente (spesso, molto spesso, le due caratteristiche non coabitano) come Jonathan Edwards: “Sapevo che prima o poi qualcuno avrebbe battuto il mo record, ma non pensavo che a farlo sarebbe stato un gruppo di dirigenti”. Administrators suona anche meglio, è più efficace.

Il Guardian ha aperto un’area di discussione e uno dei primi a intervenire ha detto: “Ma se dopo l’8,95 di Powell, andranno a ritroso, sino all’8,90 di Beamon?”. Finiremo come i sopravvissuti affacciati sull’abisso di Chicago che si commuovevano al ricordo della stagnola che si apriva rivelando la fragranza dei wafer o il profumo del tabacco della Virginia.  

Cerca