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Atletica / Dramma "Gimbo": dal grande record all'addio a Rio!

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Sabato 16 Luglio 2016

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di DANIELE PERBONI

Con voce calda e pastosa lo speaker, in perfetto italiano, chiede ai tifosi di farsi sentire: «Italiani dove siete?». E tutti loro, tutti indistintamente, rispondono all’invito urlando «Gimbo, Gimbo, Gimbo». Il ragazzo, perfettamente acconciato con la mezza barba rasata alla perfezione, risponde alzando le braccia e battendo le mani. Si concentra e parte in una rincorsa velocissima. Ha già vinto la gara, allo Stade Luis II situato nel cuore del Principato di Monaco, piegando l’ucraino Bohdan Bondarenko, tre nulli a 2.39 con ultima misura valida a 2.32. Tamberi ha già fallito due volte. Alla terza è perfetto. Lo stadio esplode e Gimbo salta felice, ringrazia, lancia baci. Il 2.39 di Monaco è il nuovo record italiano e cancella i suoi precedenti a 2.37 (Eberstadt, 2 agosto 2015) e 2.38 indoor (Hustopece, 13 febbraio 2016).

Mai un saltatore in alto azzurro era salito così ai vertici della specialità e mai aveva dimostrato una superiorità tanto netta e una mentalità vincente come quella messa in mostra da questo ragazzo che impazzisce per il basket professionistico made in USA. Quanto a sicurezza e motivazione per volare sempre più in alto ci ricorda un poco Sara Simeoni da Verona. Con il successo già in tasca, Tamberi chiede 2.41. Da più giorni dichiara di “sentirli” nelle gambe. Sa che quella quota è alla sua portata.

Cosa c’è di meglio che corroborare l’avvicinamento a Rio mettendo in saccoccia una misura che ti pone fra i grandissimi della specialità? E poi fa bene alla salute e mette sotto pressione gli avversari. Gente con cui è bene non scherzare troppo. Atleti come Mutaz Essa Barshim, Bohdan Bondarenko e Ivan Ukhov (forse) già saliti oltre il fatidico muro. Il primo, decisamente il più convincente e vicino al successo, e il secondo tentativo falliscono. Al terzo il destino lo attende sotto l’asticella. Solita rincorsa velocissima che in questa occasione lo porta un po’ più avanti dove dovrebbe staccare. Improvvisamente “sente” la caviglia torcersi e toccare la pedana. Già in volo e il viso è contratto a stravolto dall’urlo di dolore che lo accompagna sino alla caduta sui materassi.

Tenendosi il volto fra le mani piange, cerca conforto fra le braccia del padre Marco. La caviglia sinistra viene sepolta nel ghiaccio. Infermieri e paramedici cercano di confortarlo. Il padre pare ottimista: «Dai, non è nulla, non si è gonfiata». Non ci crede neppure lui. Gimbo in cuor suo sa già che l’Olimpiade si sta allontanando inesorabilmente. I primi accertamenti all’ospedale monegasco non rilevano alcuna frattura ossea o di legamenti. Si decide immediatamente di lasciar passare la nottata e andare poi a Pavia dai dottori Francesco Benazzo, Franco Combi e Antonella Ferrario.

La notizia circola veloce sui social. L’indomani, accompagnati da una rappresentante dello sponsor tecnico, eccoli al Policlinico pavese. Gimbo ormai è una celebrità. Lo attendono le troupe di Sky e di Eurosport, oltre ad un nugolo di giornalisti. Anche gli infermieri e il personale dell’ospedale lo riconoscono al volo. Anche con l’aiuto di una stampella fatica a camminare. Cerca di mascherare lo stato d’animo, cupo come l’inferno. Quando si ritrova solo piange disperatamente.

Il responso, come si sa, è “lesione del legamento deltoide”. Per usare termini scientifici, “il legamento deltoideo partecipa in modo importante alla costituzione di quello che si definisce legamento collaterale mediale, un grosso cordone fibroso che lega la tibia, nella sua porzione distale, al piede: è dunque un legamento della caviglia, nella sua porzione interna o mediale”.

Secondo la dottoressa Antonella Ferrario, ortopedica e traumatologa dello staff sanitario della FDAL si tratta del "classico infortunio in cui incappano tutti i saltatori in alto. In se è un infortunio banale se capita a chi non fa sport, ma se parliamo di atleti e di alto livello cambia tutto. Per fortuna non ci sono lesioni ossee». Il comunicato stampa della FIDAL recita: Nelle prossime ore, la decisione sulla terapia: l'alternativa è tra l'intervento chirurgico (che potrebbe essere eseguito sempre a Pavia, dal prof. Benazzo, ad inizio settimana) e una procedura di natura "conservativa" (meno impattante, ma ovviamente più rischiosa sul lungo periodo).

Sempre stando alle parole della dottoressa Ferrario, Gianmarco e il padre hanno già optato per l’intervento. «È un ragazzo giovane, meglio restituirgli l’integrità della caviglia». Già, perché entrambe le terapie hanno un pro e un contro. Operazione no: caviglia più lassa. Operazione sì: caviglia più rigida. In entrambi i casi Rio addio. Tempi di recupero lunghi. Si riprende a saltare fra quattro mesi.

Il sogno, l’avventura, si sono fermati sulla pedana di uno stadio che nei pensieri del protagonista doveva costituire il trampolino di lancio per ulteriori trionfi. Delusione affidata a poche righe comparse sul profilo Instagram di Gianmarco: “Svegliatemi da questo incubo… Ridatemi il mio sogno vi prego… Tutti questi anni solo per quella gara, tutti questi sacrifici solo per quel giorno... vorrei dirlo, vorrei urlarlo che tornerò più forte di prima, ma ora davvero riesco solo a piangere! Addio Rio, ADDIO MIA RIO!”.

 

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