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CIO / Il summit di Losanna e la volonta' di non decidere

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Mercoledì 22 Giugno 2016

cio-doping

Chi si attendeva sfracelli dal summit dello sport internazionale indetto dal CIO a Losanna - in uno dei momenti più topici per la credibilità dell'intero movimento - sarà rimasto deluso. La sola decisione presa è stata quella di non decidere. Come è stato puntualmente confermato dal presidente Thomas Bach nella sua conferenza di chiusura, tra sorrisi di cortesia e una buona dose di reticenza. Ribadito, quindi, l'appoggio incondizionato del Comitato Olimpico alla risoluzione della IAAF nei confronti degli atleti russi lasciati fuori dai Giochi (ma come avrebbe potuto essere diversamente?). Ma con l'avvertenza che la partecipazione potrà (non dovrà) essere consentita a tutti coloro che risultassero "puliti". Crivello al quale dovrà (non potrà) presiedere Lord Coe, neanche di grane ne avesse poche.

La faccenda è meno semplice di quanto appaia a prima vista. Qui non si tratta - come nei "cold cases" di Pechino 2008 e Londra 2012 - di un riesame di provette congelate e conservate per anni in attesa di poter disporre di metodi d'indagine più affidabili. Una procedura criticabile fin che si vuole, ma che si può accettare pur con qualche perplessità di fondo.

Nel caso in oggetto (dicasi atleti russi, a loro volta congelati per sospetto di doping) è stata preventivamente azzerata, e senza prove tangibili, una intera generazione di buon livello (l'elenco completo degli atleti coinvolti lo abbiamo pubblicato nei giorni scorsi). In attesa di prove concrete di colpevolezza che difficilmente verranno trovate. Se non basate su denunce di parte e una sommatoria di indizi.

La partecipazione individuale

Bach, sempre più calato nella comoda veste di Ponzio Pilato, ha rimandato la palla nel campo della IAAF, incaricando la chiacchierata federazione monegasca di separare il grano dall'oglio. Ma senza precisare nè i criteri nè i limiti. Una scappatoia, per quanto si sa, proposta dallo stesso Coe che forse sperava in cuor suo non venisse accettata. In questo teatro dell'assurdo, trinceratosi Bach dietro le inattaccabili affermazioni di principio, toccherà ora al neo-presidente della IAAF - già molto in difficoltà per i pregressi sospetti di corruzione - sciogliere il nodo delle partecipazioni.

Come se la caverà? Speriamo solo non si limiti a riammettere la trentenne ottocentista Yuliya Stepanova (tra l'altro neppure qualificata), la "gola profonda" attualmente rifugiatasi in Canada, solo per compensarla d'aver a suo modo scoperchiata la pentola di un nuovo doping di Stato. Pare, di contro, avere poche speranze Yelena Isinbayeva, tornata proprio ieri oltre i 4.90 ai campionati russi, dopo una sosta di quasi un triennio.

Staremo a vedere gli sviluppi. Anche perchè i tempi si vanno facendo molto stretti (tutto dovrà definirsi entro l'11 luglio). Per ora è solo chiaro che - chiunque venga ammesso ai Giochi di Rio (ammesso che le autorità politiche russe lo concedano) - dovrà gareggiare sono la bandiera tricolore degli Zar e non sotto il vessillo bianco del CIO (come paventato), che dovrà limitarsi a "coprire" la rappresentanza dei rifugiati e (forse) gli atleti del Kuwait, dal momento che quel C.O. è sospeso.

La (future) decisioni del TAS

Escluso, almeno per ora, che l'ostracismo nei confronti dell'atletica non verrà esteso al resto dello sport russo (ci sono molti contratti già firmati, a iniziare da quelli TV, ...), si attende il pronunciamento del TAS - il tribunale dello sport sedente a Losanna - cui hanno annunciato ricorso i marciatori (non di prima fila) Denis Nizhegorodov e Svetlana Vasilyeva.

Una strada che potrebbero percorrere anche le autorità sportive russe, come ha lasciato intendere il ministro dello sport Vitaly Mutko, durissimo nei confronti di Coe e della IAAF ("hanno inventato questo caso per coprire le loro corruzioni"). Il chè aprirebbe un altro fronte, oltre che infliggere un nuovo colpo alla credibilità dell'intero sistema.

In conclusione, come contributo alla chiarezza, pubblichiamo i cinque punti della risoluzione finale presa dal summit (l'unico italiano presente era Francesco Ricci Bitti, in qualità di presidente dell'Associazione delle Federazioni Estive). Ecco, in sintesi, quanto approvato all'unanimità:

1) Pieno rispetto per le decisioni sull'atletica russa secondo quanto raccomandato e deciso dalla IAAF e apprezzamento per i progressi in materia di antidoping forniti dal movimento olimpico russo;
2) La Federazioni Internazionali e i Comitati Olimpici dovranno compiere il massimo sforzo per tenere il doping fuori dai Giochi 2016;
3) Sempre le Federazioni Internazionali dovranno impegnarsi a sospendere con rapidità tutti gli atleti che hanno infranto le regole antidoping e che sono stati individuati a seguito del riesame dei campioni di Pechino 2008 e Londra 2012;
4) I Comitati Olimpici e le Federazioni Internazioni dovranno non solo sanzionare gli atleti, ma anche gli allenatori, i dirigenti, i medici e tutti gli altri soggetti implicati, ai quali verrà rifiutato l'accredito olimpico. Dopo la dichiarazione di non-conformità WADA per Kenia e Russia, pur accogliendo la presunzione di innocenza per gli atleti di quei paesi, il summit richiede a ciascuna F.I. di stabilire criteri di ammissione su base individuale, non limitandosi ad eccettare solo i test eseguiti nei singoli paesi di appartenenza.
5) Per rivedere il sistema antidoping, come richiesto dalla WADA, è stata posta in calendario per il 2017 una conferenza mondiale per costruire una struttura antidoping indipendente dalle organizzazioni sportive. Per comporre l'agenda della conferenza e proporre le linee guida da seguire è stato convocato per l'8 ottobre 2016 un nuovo summit olimpico.
 

 

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