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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Atletica / Addio a Gabre Gabric, nobildonna dello sport

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Domenica 20 Dicembre 2015


gabric


(gfc) Ljubica Gabre Gabrič, nobildonna dell’atletica italiana, si è spenta a Brescia mercoledì 16 dicembre. Ultima superstite della squadra olimpica di Berlino, città che aveva raggiunto in treno partendo da Firenze assieme al gruppo dell’atletica guidato dal marchese Ridolfi. Aveva (forse) 101 anni. E in questo confortano le ricerche fatte da suo genero Eddy Ottoz, spintosi fino agli archivi di Ellis Island, il centro dell’emigrazione europea verso gli Stati Uniti. (Anch’io ho scavato a lungo i registri dell’isola, sulle tracce sbiadite dell’emigrazione di casa mia, articolata in più generazioni, prima di pubblicare il libro più emozionante che mi è capitato di scrivere, quello sulla mia “Grande Famiglia”, oggi radicata in tre continenti, ma non dispersa. Anzi, consiglierei a chi oggi sproloquia sugli italiani, popolo di confusa emigrazione, di dare un’occhiata a quei registri, consultabili su Internet). Eddy, ha scoperto negli archivi americani che la piccola Liubizza Gabrich, di nove anni di età, dopo la morte della madre, accompagnata dal padre Martin sbarcò a New York – partendo da Trieste sul piroscafo “President Wilson” –, diretta a Chicago presso uno zio, un fratello del padre che si chiamava (forse) Phil. Era il 23 novembre 1923. (I registri navali riportavano non l’anno di nascita, ma solo l’indicazione dell’età).

Quindi, ci sarebbe la conferma del 1914 come anno di nascita della signora Gabre. (Per chi volesse approfondire, l’intera storia si può leggere sul sofisticato blog di Eddy, “appropó”, alla data del 17 ottobre 2003, …). Sempre Eddy – autorevole voce di famiglia, of course – dice però che la signora Gabre sosteneva d’essere nata nel 1917. Non ci sono documenti originali. Intendiamoci, è plausibile se si considerano le fasi storiche attraversate, con rivoluzioni e guerre che hanno interessato e rovesciato i Balcani fino ai giorni nostri. Perché la signora Gabre viene proprio da quelle zone, nata com’era a Imotski, un piccolo centro a occidente di Mostar, la località celebre per il ponte ottomano distrutto nel 2003 dall’esercito croato. Oggi Imotski si trova nel territorio della Bosnia Erzegovina. (Solo come cronaca, ricordo che una pubblicazione dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia del 1998, pur con qualche semplificazione, la segnalava come “zaratina nata a Chicago”, …).

Posso però aggiungere qualcosa di prima mano a questa vicenda. Molti anni addietro, m’ero imbattuto in uno scaffale metallico a scomparti – conservato nella biblioteca sportiva dell’Acqua Acetosa (oggi scomparso, intendo lo scaffale, assieme a centinaia di volumi e altri documenti, …) – con le schede anagrafiche degli atleti d’anteguerra decorati al Valore Atletico. C’erano molti dettagli, compreso il rigo che segnalava la “razza”, rigorosamente “ariana” per tutti. Per l’allora signorina Gabre era scritto (e così l’avevo appuntato assieme ad altri 123 nominativi, per la prima volta tornati alla luce con i loro dati completi) ch’era nata, da “padre italiano e madre rumena a Jmotsky, in Romania (?), il 14 ottobre 1917” [sic!]. Non una conferma, solo un appunto, se pure lo si vuole considerare per il dubbio che insinua e che rimane.

La storia sportiva della signora Gabre – poi moglie di Alessandro Calvesi, maestro di ostacoli non solo italiani – è ben nota a tutti, superfluo ricordarla. Rientrata in Italia intorno ai 17 anni, dopo alcuni tentativi in altri lidi, accostatasi all’atletica nel ’36 con la “Ginnastica Zara”, portava il record del disco dai 37.65 di quell’anno fino ai 43.35 raggiunti nell’ottobre 1941, quando fu quarta nella lista mondiale. Ai Giochi di Berlino ’36 otteneva il decimo posto (ancora a Londra ’48 sarà diciassettesima).

Nel dopoguerra la coppia prese dimora stabile a Brescia dove radicò la sua progenie. E dove Sandro prese a insegnare atletica con specializzazione sugli ostacoli (lui stesso, d’altra parte, era stato un non eccelso ostacolista dei 400), accreditandosi come anima dell’Atletica Brescia, società che si faceva ben rispettare negli anni Cinquanta. Non sempre in sintonia con l’apparato tecnico federale, Sandro ebbe a quel tempo una buona frequentazione con Gianni Brera, col qual firmò a quattro mani alcuni fondamentali volumi di tecnica. Scrivendone tra i primi anche sui giornali e periodici del tempo (Lo Sport Illustrato, su tutti). A quel sodalizio, Gabre portava il suo contributo, lasciando anche tracce importanti in molti settori, dalle statistiche alla pubblicistica. In seguito – dopo la scomparsa del marito – approdando a una bella società femminile. Fu anche contributrice del giornale federale con schede tecniche sui giovani più promettenti del nostro movimento.

In una di queste analisi s’era occupata di Eddy Ottoz, giovane ostacolista che da Aosta s’era trasferito a Brescia, dove aveva affinato le sue qualità fino a raggiungere la finale olimpica di Tokyo e il podio del Messico. Anzi, c’è di più. A Brescia Eddy conobbe e impalmò la figlia minore del maestro, Liana. Da loro sono nati Laurent e Patrick (e Pilar) che hanno mosso i vertici delle due distanze degli ostacoli. In particolare Laurent, nel 1994 riuscì a migliorare con 13”42 il primato nazionale dei 110, come dire 4/100 in meno di quanto era riuscito al padre ventisei anni prima, nell’altura del Messico. E per un gioco delle coincidenze, nello stesso stadio di Berlino che aveva visto l’esordio olimpico della nonna.
 

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