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Atletica / Il disastro Pechino: la FIDAL commissariata dal CONI?

Venerdì 4 Settembre 2015

giomi

(gfc) I disastri dei mondiali di Pechino hanno offerto i primi riscontri, chiamiamoli così, "politici". Annunciati già nelle ore immediatamente successive alla chiusura, si sono materializzati ieri mattina, in un incontro a più voci (ma a parlare, pare sia stato uno soltanto) tra il CONI e la FIDAL, tenuto al Foro Italico. Poco, se non nulla, è trapelato. Ma proprio la reticenza con la quale il sito federale ha trattavo la faccenda - "si è riscontrata una piena identità di vedute" - lascia intendere che sia andati ben oltre un semplice esame o una lieve tirata di orecchie. Di fatto - un po' come accaduto all'evanescente Marino con il prefetto Gabrielli - il presidente Giomi è stato commissariato dal CONI. Che gli ha, in parole povere, dettato l'agenda per i dieci mesi che ci separano da Rio. Dove, udite udite, in queste condizioni si intenderebbe portare non meno di 35 persone! In soldoni, l'intero apparato tecnico (?) della FIDAL è stato messo sotto scacco. Non tanto nei nomi (per ora resta confermato il ruolo di Magnani come C.T., con Baldini al settore giovanile), quanto nel metodo con il quale si scelgono e si seguono gli atleti di prima fascia.

Sarebbero non meno di una novantina (?). Fino ad ora tutti si allenano a casa loro, con i propri allenatori, nei modi e nei tempi preferiti. Pare che non sarà più così nell'immediato futuro. Tutti ai centri di Formia e Tirrenia per almeno una quindicina di giorni al mese. Ma seguiti da chi? Quali sono i tecnici federali? Li faremo arrivare dall'estero? Staremo a vedere. In ogni caso si tratta di una sonora bocciatura del metodo adottato finora, che ha tanto di sapore elettorale. Di fatto, questo è innegabile, di tecnici di valore (almeno che allenino gli italiani, perchè per gli stranieri è un'altra faccenda, ...) in giro se ne vedono pochi. C'è poi, ma se ne parla poco, una vera emergenza sanitaria con infortuni a raffica, che andrebbero monitorati e prevenuti.

In sintesi, che alla verifica di Pechino, l'atletica italiana si trovi a un suo ennesimo "anno zero", è un dato inoppugnabile. Ma non si deve neppure dimenticare che nessun altra federazione europea dispone delle risorse economiche della FIDAL (almeno per quelle nazioni che hanno il supporto di un ministero dello sport, come sarebbe auspicabile anche da noi per rendere tutto più razionale). Ci sono poi altri aspetti da considerare per avere un quadro più preciso del disastro. Il principale dei quali (in negativo) è il reclutamento, sempre più asfittico, con i giovani saccheggiati dagli sport di squadra, pallavolo in testa. Una tendenza che interessa anche i tecnici o aspiranti tali. Poi, non secondario, resta il ruolo dei club militari che il CONI - all'indomani di Torino 2006 - aveva promesso di rivedere e che si sono sempre più trasformati in "pensionifici": faccio un certo risultato, mi arruolo e mi metto tranquillo per il futuro.

A nostro modo di vedere, per la federazione d'atletica i (non) risultati di Pechino sono solo la punta dell'iceberg del malessere. I problemi sono tali e tanti - vogliamo parlare dello straripare delle corse su strada o in montagna, che oggi costituituiscono l'assoluta maggioranza delle manfestazioni in Italia? o dei Masters? - da richiedere ben più di una riunione al CONI. Il sospetto, ma neppure tale, è che l'attuale dirigenza della FIDAL non sia in grado di invertire la soporifera situazione in atto. Tanto più in meno di un anno.

Sullo sfondo poi una minaccia: il presidente Alfio Giomi - che s'era impegnato coram populi per un solo quadriennio, motivo per cui s'era trovata convergenza sul suo nome - avrebbe ora fatto filtrare l'intenzione di "ricandidarsi". Nulla di strano, nel suo pieno diritto farsi rieleggere, se ce la farà. Ma, certo, otto anni di Giomi (e del suo entourage, coi "datati" e scoloriti vice Parrinello e Nasciuti, ...) dopo gli otto anni di Arese, francamente fanno paura. Non solo al CONI.  

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