I sentieri di Cimbricus / Ancora gli 800 al centro del menu'
Lunedì 18 Agosto 2025

“Losanna, 50ª edizione di Athletissima, stadio olimpico della Pontaise, alto sulla città, inerpicata sul lago. Al solito un grande cast e, dentro al programma, due atti unici lunghi mezzo miglio. Da vedere e rivedere.
Giorgio Cimbrico
Keely Hodgkinson è riapparsa 376 giorni dopo l’oro olimpico di Parigi (il ricorrere di problemi tendinei hanno rinviato l’esordio), ha corso in 1’54”74, il nono tempo della storia, a tredici centesimi dal record personale e britannico, ha vinto con due secondi di margine su chi ha provato a starle vicina, ha detto che è bello “avere momenti deliranti”. Quello a Chorzow lo è stato. Quello a Losanna può essere un bis.
Dopo l’oro olimpico, venuto dopo una serie di secondi posti, era nata la voce di un attacco di Keely al record mondiale, il più antico che esista: la ragazza di Wigan, culla della rugby league, è nata quasi vent’anni dopo l’1’53”28 di Jarmila Kratochvilova. L’insorgere dei problemi fisici hanno cancellato la missione che può riproporsi se non per mercoledì per un futuro non lontano: Keely ha 23 anni e un coraggio britannico che l’ha spinta a transitare alla campana in 56”09 e a tenere un secondo giro in 58”65. Il mostruoso del record di Jarmila è il “negative split”, la seconda parte più veloce della prima: 56”82-56”46. Jarmila stava per sottrarre a Marita Koch il record dei 400 e a scendere sotto i 48”. Chi sostiene – ad esempio il vecchio allenatore di Borzakowski – che per il record del mondo è necessario correre due giri uguali non ha tutti i torti.
Non va sempre così, anche perché gli 800 sono una distanza di contatto, di partenze violente e di improvvisi ristagni. E’ stato per evitare strane trappole che David Rudisha corse “from gun to tape”, dalla pistola al nastro, con metà assai dissimili: 49”28-51”63 e una sofferenza finale, 13”7 negli ultimi 100. Congiunzioni del tempo e del caso: Rudisha è nato lo stesso giorno di Peter Snell, mezzo secolo dopo.
David ha trovato l‘erede in Emmanuel Wanyonyi, 21 anni, campione olimpico a 20. Emmanuel viene da una contea, Trans Nzoia, 380 km a nord ovest di Nairobi, addossata al confine con l’Uganda e al monte Elgon. E’ il quinto di dodici figli. Erano molto poveri e a 10 anni ha lasciato la scuola per andare a pascolare. Non ha mai smesso di correre, è stato notato dall’elegante Janeth Jepkosgei, campionessa mondiale a Osaka, che lo ha consegnato a Claudio Berardelli. Questo capitava tre anni fa.
Da allora, quarto a Eugene, secondo a Budapest, primo a Parigi. Sei volte sotto 1’42” (Rudisha è a quota sette), secondo di sempre con 1’41”11 al fianco di Wilson Kipketer, capace di correre in 1’41”70 a Nairobi, miglior tempo di sempre in altitudine. Losanna è il posto giusto? L’anno scorso alla Pontaise Emmanuel il mondiale lo ha mancato per venti centesimi. Al suo fianco, mercoledì, gli altri due del podio di Parigi, il maestoso canadese Marco Arop, nato a Khartoum, e il francese Gabriel Tual.
Correre tra le isole della Corrente
Se n’è aggiunta un’altra e ora le isole nella corrente, sopravento e sottovento, ci sono tutte. Ultima arrivata, St Vincent e Grenadines: a Freeport, Bahamas, Handal Roban si è unito all’esplosione globale degli 800 correndo e vincendo in 1’42”87, a due centesimi dal record pan-isolano: con 1’42”85 Norberto Tellez non andò sul podio di Atlanta dopo aver battuto il record cubano – già record mondiale – di Alberto Juantorena. Al tempo, la più gran gara della storia, superata nel 2012 da un’altra finale olimpica, quella di Londra. A Freeport, record giamaicano per Tyrice Taylor, terzo, con lo stesso tempo, 1’43”74 con cui Andrea Longo reclamò – invano – il record italiano di Marcello Fiasconaro (che a regola di bazzica, gli sarebbe toccato).
A dire il vero non è la prima volta che la sigla dell’isola compare: l’anno scorso Shafiqua Maloney finì quarta nella finale olimpica di Parigi dopo aver assaggiato i Giochi già nel 2021 e interpretato il ruolo di portabandiera. Ha un personale di 1’58” e ha studiato e corso in Tennessee e Arkansas.
St Vincent – 100.000 abitanti giusti, capitale Kingstown – è appena a sud di St Lucia dove è nata Julien Alfred, campionessa olimpica dei 100 e vice dei 200. Dell’isola – 180.000 abitanti, capitale Castries – è originario l’ostacolista svizzero Jason Joseph, sceso sotto i 13”10.
Continuando a far rotta verso sud, Barbados (molti buoni velocisti, il migliore è stato Obadele Thompson 9”87, poi marito di Marion Jones, e ora la quattrocentista Sada Williams, terza ai due ultimi Mondiali), Grenada (Kirani James tre volte sul podio olimpico dei 400, Anderson Peters, due volte campione mondiale di giavellotto e i fratelli Lindon Victor e Kurt Felix, 8756 e 8509 punti) e Trinidad e Tobago che riporta a Hasely Crawford, campione olimpico dei 100 nel ’76, ad Ato Boldon, a Keshorn Walcott, una delle prime “braccia d’oro” all’infuori delle aree tradizionali del giavellotto.
Questa è la parte bassa. Nella parte alta di quelle che, almeno nel cricket, continuano a chiamarsi West Indies, le Bahamas (402.000 abitanti, capitale Nassau) di Shaunae Miller e di Steven Gardiner, campioni non solo di eleganza; St Kitts (47.000 abitanti, capitale Basseterre), dove è nato Kim Collins campione mondiale a sorpresa nei 100 a Parigi 2003; Anguilla (14.700 abitanti, capitale The Valley), piccola terra d’origine di Zharnel Hughes; Dominica (66.000 abitanti, capitale Roseau) che comparve in scena trent’anni fa nel giorno del doppio record mondiale di Jonathan Edwards, quando Jerome Romain finì terzo, dietro a un altro isolano (Brian Wellman, Bermuda) di un arcipelago che con le Indie Occidentali non c’entra niente, e ora ha Thea Lafond, campionessa olimpica nel triplo a Parigi, arrivata a toccare i 15 metri al momento giusto.
La presente selezione non comprende – ovviamente – giamaicane e giamaicani, troppi e troppo noti.
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